Ventiquattro: Nelle viscere

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Espen grugnì. Avvertì una mano sulla spalla e aprì gli occhi. Il ragazzo giapponese era chino su di lei e si stava rialzando.

«Tu...» bofonchiò, la voce impastata.

«Piano, Fangirl.» la redarguì gentilmente Hideki, «Hai preso una bella botta.»

Espen contrasse la bocca in una smorfia. Era sdraiata su di un terreno irregolare e duro, che non associava all'interno dell'astronave Anthuryana. Poi le tornò tutto: Hideki infiltrato nella loro base, lo scontro, la clonazione del Marchio di Nigel e l'esplosione. Ricordò di essere stata scaraventata via da un vento fortissimo e rumoroso, poi null'altro prima che l'hacker la svegliasse. Si girò su un fianco e tentò di alzarsi. Quanto tempo aveva trascorso svenuta? Perché il loro nemico non le aveva fatto niente? E dov'erano gli altri?

Un grugnito accanto a lei rispose all'ultima domanda. Nigel biascicò qualcosa di intellegibile, ma che lasciò intendere a Hideki come si stesse riprendendo e perciò il ragazzo orientale si mise a debita distanza. I due Marchiati si alzarono e dettero un'occhiata a ciò che avevano attorno: tende da campeggio e alberi. Dovevano essere finiti in qualche punto del bosco in cui un gruppo di persone praticava un ritorno alla natura. I campeggiatori uscivano cauti dalle tende e li guardavano spaesati.

«Dove-» balbettò la ragazza, ma fu interrotta.

«Non lontano dalla vostra base.» li informò Hideki.

«Razza di basta-»

L'imprecazione di Nigel fu fermata dall'hacker che alzò le mani ancora avvolte dal suo Marchio.

«Fermo! Ascoltatemi prima.» disse, ma poiché vide che il meccanico non era convinto, aggiunse con un sogghigno: «A meno che non vogliate grigliare quella gente laggiù?»

«Ha ragione.» sussurrò Espen, avvicinandosi a Nigel, «Siamo troppo vicini a quei campeggiatori. Potrebbero restare coinvolti nel fuoco incrociato.»

Frustrato, il meccanico lanciò un'occhiataccia al loro nemico e ringhiò: «Cosa vuoi?»

«Sono lieto che tu lo abbia chiesto.» esclamò Hideki, fingendosi allegro, «Hyde, nella sua magnanimità, vi permette di unirvi a noi.»

I due Marchiati lo fissarono in un silenzio tale che avrebbe permesso di sentire il frinire dei grilli, se si fossero trovati in un film.

«Aspettate, prima di disprezzare.» li redarguì l'hacker, «Sentite, i fatti sono questi: noi abbiamo ormai tutto quello che ci serve per creare il mondo che Hyde ha sempre sognato e, che lo ammettiate o meno, da cui vi siete lasciati tentare almeno una volta.»

Un'ombra di colpevolezza oscurò per un attimo i loro occhi, ma fu rapida a fuggirne.

«Ma è per l'appunto questo che è: utopia!» ragionò Nigel.

Hideki alzò un dito come ad ammonire un alunno. «Forse qualche mese fa, ma ora non più. Andiamo, ragazzi, non vi sto mentendo! Abbiamo davvero tutto quello che ci serve per cambiare il mondo.»

«E sarebbe?» lo sfidò la ragazza.

«Un modo infallibile per decretare chi è degno di viverci, chi non farà del male, non desidererà usare la violenza sui suoi simili, chi resisterà all'allettante sirena del Marchio. Sapete, come nella canzone di Johnny Cash, quella che fa: There's a man going around taking names. And he decides who to free and who to blame...»

«Dacci un taglio!» lo interruppe il meccanico, forse per continuare la conversazione o per evitare che l'altro mancasse di rispetto alla memoria di Johnny Cash con le sue stecche, «Ammesso e non concesso che ti crediamo, perché dovremmo schierarci dalla vostra parte? Solo per non essere uccisi insieme agli altri?»

I MarchiatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora