Simone prese a scuotersi con violenza, per cercare di sfondare l'armadietto in cui era rinchiuso, o almeno deformare le lamiere, ma ogni movimento peggiorava la sua posizione. Udiva grida inarticolate uscirgli dalla bocca, ed era talmente soffocato dal panico che quasi gli sembrava fosse un'altra persona, a urlare.
Dopo qualche minuto si calmò, ma non perché la razionalità avesse ripreso il sopravvento: fu semplicemente sopraffatto dalla stanchezza.
Iniziò a piangere. Un pianto asciutto, apatico. Passò un tempo indefinito, forse qualche minuto, a Simone sembrò un eternità, quando all'improvviso la porta di ingresso fece rumore.
Qualcuno l'aveva aperta. Qualcuno era entrato.
«Aiuto!» gridò immediatamente Simone.
Forse era il custode? Ma certo! Doveva per forza esserci un custode. Che stupido era stato a non pensarci.
«Mi faccia uscire!»
«Non serve che mi dai del lei.»
Simone quasi si commosse: era la voce di Edoardo. Sempre lui, il suo cavaliere in armatura scintillante.
«Edoardo, sei tu?»
Sentì Edoardo armeggiare con la chiusura dell'armadietto. «Cazzo, è incastrata... spingi!» disse da fuori.
Simone premette col ginocchio contro lo sportello.
«Daje, di più!»
Alla fine la porta cedette con uno schianto e Simone crollò fuori, addosso ad Edoardo, facendolo cadere a terra.
Si guardarono per qualche lunghissimo istante negli occhi a pochi centimetri di distanza, prima che Edoardo girasse la testa di scatto. «Ehm» bofonchiò cercando di spingere via Simone.
Simone non collaborò, ma non per sua volontà. «Mi devi aiutare. Sono tipo paralizzato.»
Edoardo tossicchiò. Si mosse sotto di lui strusciandosi e contorcendosi, e Simone ringraziò mentalmente il cielo di avere il senso del tatto ancora ovattato dallo stritolamento, altrimenti la reazione in zona pelvica sarebbe stata imbarazzante.
Dopo qualche contorsione di troppo, Edoardo riuscì a sollevare il corpo semi-immobilizzato di Simone. Lo prese per le spalle e cercò di metterlo seduto con la schiena contro la panchina, ma lo spinse con troppa forza e Simone scivolò su un fianco.
«Ahia.»
«Ma non ce la fai nemmeno a reggerti seduto?»
«Uhm, sì, credo. Aspetta.» Simone puntò i gomiti a terra e i nervi delle braccia che si riattivavano dopo la lunga compressione gli sembrarono mille spilli che trapassavano la carne.
Nonostante ciò riuscì a sedersi, emettendo un lungo gemito di dolore. Edoardo si inginocchiò davanti a lui e posò una mano sulla sua spalla. Anche quel semplice tocco sulla pelle formicolante causò a Simone delle fitte di dolore, ma stavolta trattenne i lamenti: avrebbe voluto che quella mano non si staccasse più da lui.
«Tutto bene?» chiese Edoardo. Lo stava guardando negli occhi con aria preoccupata e Simone sentì il cuore ribaltarsi nel petto. Avrebbe voluto dire qualcosa per ringraziarlo. Qualcosa che non suonasse come lo svenevole sospiro della damigella salvata dal pericolo. Avrebbe voluto esprimere la sua gratitudine in modo sincero, semplice, diretto.
Aprì la bocca e tutto ciò che riuscì a dire fu: «Gra...»
«Ah, ma allora è vero che sei frocio.»
Edoardo si scostò da Simone quasi spaventato e si voltò verso la porta: Manuel osservava la scena con aria disgustata. Fece un cenno col viso in direzione di Edoardo. «Da te però non me lo sarei mai aspettato.»
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L'ultimo desiderio - Manuel & Simone
FanfictionSei una schiappa a calcio. Sei innamorato da due anni di Edoardo, la star della squadra, che per te prova solo pietà. A complicare le cose c'è Manuel, il capitano superbullo e superbello che ti tormenta chiudendoti negli armadietti dello spogliatoi...