«Be'? Tutto qui?» Simone guardò demoralizzato lo schermo nero del suo cellulare.
Ci picchiettò sopra con il dito un paio di volte e gli cascarono le braccia. Il cellulare "magico" si era comportato nello stesso identico modo in cui si era comportato quando aveva pronunciato frasi senza senso: si era spento. Quindi era questo il trucco: era stato programmato per accendersi quando captava la "formula magica" e spegnersi dopo aver captato qualsiasi altra frase.
Non era un cellulare magico, era solo un oggettino tecnologico. E con una tecnologia ridicola, per giunta.
Si sentì imbarazzato dal sé stesso di qualche secondo prima. Aveva sinceramente creduto di poter esprimere un desiderio.
Ho il cervello di un bambino di sei anni.
«Quanto sono cretino...» disse sconsolato, ad alta voce.
«Oh, finalmente qualcosa su cui andiamo d'accordo» disse qualcuno alle sue spalle.
Simone si voltò di scatto, spaventato. Era Manuel.
Aveva assistito alla scena? Un brivido gli percorse la schiena al solo pensiero.
«Non sono venuto di mia sponte, sia chiaro. Me c'ha mannato Valerio» ci tenne a precisare Manuel.
Simone rimase incerto su cosa dire, per qualche secondo. Che cosa aveva visto Manuel? Non sembrava intenzionato a prenderlo in giro, quindi forse era arrivato solo in quel momento e non aveva assistito alla parodia dell'Incantevole Creamy.
«E perché te c'ha mannato? Guarda, prima che ti disturbi a convincermi: non sono un dodicenne che fa le scenate per farsi desiderare. Me ne sono andato perché me ne volevo andare. Ora preparo il borsone, chiamo mia madre col mio Motorola all'ultima moda e l'avviso che torno a casa.»
«Ma che c'hai ner cervello, i coriandoli? Valerio non ti può far tornare a casa da solo. Se ti capita qualcosa è responsabile lui.»
Manuel aveva ragione e Simone si sentì ancora più idiota. Si lasciò cadere all'indietro per sedersi sul letto, ma si dimenticò di calcolare l'altezza del piano superiore del castello e sbatté la testa contro la struttura di legno.
«Ah, cazzo...» si portò una mano alla nuca, si girò di scatto, esasperato, e con tutta la forza che aveva lanciò il cellulare contro l'asse del letto. «Vaffanculo!»
Il cellulare rimbalzò con violenza e cadde a terra. Simone, non soddisfatto, tirò qualche calcio al materasso. Manuel ridacchiò. «E finiscila di ridere!» gli urlò addosso Simone con la voce rotta.
Manuel alzò le mani: «Che ce posso fà se sei impedito?» disse. «Oh, mo' non te mette a piagne, ché rido ancora de più.»
«Non sto piangendo» sbraitò Simone, la voce ancora rotta e un gigantesco groppo in gola che minacciava di esplodere in un torrente di lacrime. E in pochi secondi il torrente esondò. «Vai fuori, cazzo!» gridò, in lacrime.
Manuel: proprio la persona ideale davanti a cui farsi venire una crisi isterica.
Tirò un altro calcio al cellulare a terra, che andò a sbattere contro il muro. Cercò di dire qualcos'altro, di insultare Manuel, ma i singhiozzi di pianto non ne volevano sapere di calmarsi. Patetico, ridicolo, impedito, credulone, stupido.
Manuel non ebbe il buon gusto di uscire dalla stanza, ma per lo meno aveva smesso di ridere.
Quella dannata camera non aveva neanche un bagno, quindi era costretto a restare lì, a piangere, in presenza dello stronzo. Simone avrebbe potuto andarsene e scappare in paese o nel bosco, ma pensò di aver già esaurito i bonus di uscite di scena melodrammatiche, per la giornata.
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L'ultimo desiderio - Manuel & Simone
FanfictionSei una schiappa a calcio. Sei innamorato da due anni di Edoardo, la star della squadra, che per te prova solo pietà. A complicare le cose c'è Manuel, il capitano superbullo e superbello che ti tormenta chiudendoti negli armadietti dello spogliatoi...