12. Cocco di mamma

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Manuel dorme.
Come è leggero e tranquillo il suo respiro.

Nel silenzio della notte Simone lo udiva benissimo. Dio, come lo invidiava. Non sapeva che ora fosse, ma era certo che fosse tardi. Forse le tre, o addirittura le quattro. L'ansia non gli faceva prendere sonno. 

Non aveva ancora trovato il coraggio di esprimere il secondo desiderio per restituire il talento ad Edoardo. Aveva paura di usare di nuovo delle parole sbagliate e buttare via tutto per la seconda volta. Ma era frenato anche da una spinta egoistica: la smania di ottenere, con quel desiderio, un vantaggio per sé.

Anch'io voglio essere di nuovo bravo!

Ma era possibile esprimere un desiderio che facesse accadere due cose? Far diventare bravo sia Edoardo che Simone? Se riusciva a esprimerlo nella maniera corretta, forse, sì. 

E se fosse vietato? Se fosse una regola che Sibilla Cooman non mi ha detto?
Ma perché non avrebbe dovuto dirmela?

Aveva distrutto il sogno di una persona. E adesso aveva il potere di sistemare tutto. Ma c'era sempre il pericolo di fare un altro errore. Era una responsabilità troppo grande. Troppo grande per un ragazzo di diciassette anni. Troppo opprimente.

Voglio che io ed Edoardo siamo di nuovo bravi nel gioco del calcio.

Ma cosa significa bravo?
E poi, quanto bravo? Devo porre un termine di paragone!

Bravo come Cristiano Ronaldo. 

Sì, roviniamo la carriera a Cristiano Ronaldo facendolo diventare una pippa anche lui.

Il termine di paragone era ciò che aveva fatto andare tutto a rotoli la prima volta. Doveva essere una richiesta in termini assoluti.

Voglio annullare gli effetti del primo desiderio.

No, non andava bene. E non solo perché Simone non era compreso nell'equazione. Gli effetti comprendevano anche i ricordi, se avesse espresso il desiderio in quei termini avrebbe dimenticato il primo desiderio e poi non ci avrebbe capito più niente.

Voglio che io ed Edoardo superiamo gli ostacoli che ci hanno fatto diventare due pippe.

Così Edoardo avrebbe sconfitto gli effetti del desiderio, e Simone avrebbe superato i propri blocchi psicologici.

«Direi di provare» disse. Prese un pallone che stava appoggiato sul suo cuscino, scese dal letto e cominciò a palleggiare. Ci stava riuscendo! Ci stava riuscendo eccome!

«Wow!» Manuel lo applaudì, dal letto di sopra.

«Ha funzionato?» chiese Simone voltandosi verso di lui. Ma non riuscì a vederlo, perché un sole splendente lo stava quasi accecando.

«Passamela! Sono smarcato!» gridò Manuel da un punto imprecisato in mezzo al chiarore accecante.

Simone non riusciva a vedere niente. «Edoardo! Dove sei?»

«Passala a me! A me!» gridò Manuel. «Perché non la passi mai? Passamela, coglione!»

Simone cercò di tirare alla cieca, ma gli mancò improvvisamente la forza nella gamba. Il pallone non si mosse.

«Non ci riesco!» gridò.

No, non era stato lui a gridare. Era stato Edoardo. Ora lo vedeva. Lo vedeva benissimo, e stava cercando di calciare quel pallone, ma le sue gambe si intrecciavano tra loro ogni volta che ci provava. Si voltò verso Simone con il viso deformato dall'odio. «È colpa tua! Sei un egoista! Ha funzionato solo per te!»

L'ultimo desiderio - Manuel & SimoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora