34. Battute da frocio

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«Glie venisse un colpo a Valerio e Gianfranco che m'hanno fatto stà venti minuti fori ar freddo mezzo nudo.»

Manuel aprì l'armadio e frugò tra i suoi vestiti.

«E glie venisse pure a Edoardo, ché 'sto casino è tutta colpa sua.» aggiunse col dito alzato.

Valerio e Gianfranco avevano terminato la perquisizione delle camere. Avevano gentilmente concesso ai ragazzi e alle ragazze di rivestirsi e dato loro appuntamento entro dieci minuti in sala mensa. Le indagini sul furto di alcolici non erano finite.

Simone incrociò le braccia davanti al petto. «L'hai sentito?»

«A chi? Allo stronzo egocentrico alcolizzato?» Manuel sospirò guardando a terra. «M'ha scritto un messaggio, sta già in sala mensa. E vacce pure tu, che sei già vestito. E che ce fai ancora qui? Me devi dì quarcosa?»

«Volevo mettermi i calzini e le scarpe chiuse, ho freddo anch'io.» Simone si indicò i piedi: era in ciabatte.

«Eh. E che aspetti? Vielli a prende.» Manuel si sfilò la maglietta umida, la gettò a terra con un gesto nervoso e ne infilò rapidamente una asciutta e pulita. «Che cazzo però, Edoardo s'è fottuto l'ultimi pantaloni lunghi che avevo.»

«Se vuoi te ne presto un paio.»

«Sì, così poi me dicono che me devo fà i risvoltini... no, grazie, ne metto un paio corti.»

Simone si affiancò a Manuel per prendere i calzini. Ma lui non si spostò e Simone ebbe un brivido quando le loro braccia si toccarono: la pelle dell'altro ragazzo era gelida.

In realtà i calzini erano solo una scusa per rimanere lì. Avrebbe voluto chiedergli di Edoardo, dei suoi problemi. Avrebbe voluto saperne di più. Ma non sapeva come chiederglielo, non voleva sembrare invadente.

«Che numero hai de piede, tu?» chiese Manuel.

«Quarantatre» rispose Simone.

«Ok... io quarantuno... vabbè, staranno un po' larghe, ma me poi prestà le ciabatte? Nun me posso mette le scarpe gelate.»

Simone si levò le ciabatte con un calcetto e le indicò a Manuel con la mano aperta, per invitarlo a servirsene.

Ma Manuel non le indossò. Rimase per qualche secondo fermo, come assorto su qualche pensiero.

«Sei- preoccupato?» chiese Simone, titubante davanti alla sua espressione.

Manuel sollevò le sopracciglia. «Preoccupato?» Strinse le labbra. «No. Cioè... sì. Il fatto è che se Valerio lo sgama... se Edoardo se becca pure 'sta batosta è la fine. Quer rincoglionito nun ce torna più, in squadra. Non ne avrebbe er coraggio, se vergognerebbe. E se Edoardo smette pure de giocà... va a finì che passa tutte le giornate a...» Manuel lasciò la frase in sospeso. Il suo sguardo era così triste. «Perché lui c'ha sempre una buona scusa: e perché vole festeggià, e perché s'annoia, e perché sta male...»

E io e il mio desiderio del cazzo gli abbiamo appena fornito una scusa nuova.

«Ma...» Simone si morse un labbro. «Ma quanto sta messo male Edoardo? Cioè... possibile che... io non mi sia mai accorto di niente? Ok che sono rincoglionito, però...»

«No, non sei rincoglionito... cioè, sì che sei rincoglionito» Manuel gesticolò nella sua direzione e accennò un sorriso «ma in questo caso non è colpa tua. È lui che è bravissimo a nasconderlo.»

Manuel si infilò un paio di pantaloni di tela che gli arrivavano al ginocchio, poi fece due passi verso la porta d'ingresso e si fermò.

Appoggiò la schiena al muro e prese la testa tra le mani.

L'ultimo desiderio - Manuel & SimoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora