44. Non capirci un cazzo

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Il primo impulso di Simone fu abbandonarsi. Abbandonarsi totalmente alla presa di Manuel, proiettare le braccia all'indietro, affondare le mani nelle natiche, tirarlo a sé, e poi—

E poi-

Ma ci impiegò davvero pochi istanti a capire che era appena caduto vittima dell'ennesima, crudele e molesta presa in giro.

Manuel era etero. Ed era un bullo. E lo stava prendendo in giro

Non poteva essere altrimenti. Simone non riusciva a concepire una possibilità diversa.

Incredulo, furioso, sconvolto dall'audacia di Manuel, Simone si liberò rapidamente dalla stretta. Si allungò sul corpo del ragazzo, fregandosene del fatto che la sua erezione gli strusciasse addosso. Manuel mugugnò qualcosa, forse un gemito, ma Simone lo ignorò. Raggiunse con la mano la torcia che Manuel aveva appoggiato a terra, la tirò su, l'accese e gliela puntò addosso.

«Ma che problemi hai?» sbottò.

Voleva guardarlo in faccia. Voleva che lo ammettesse guardandolo negli occhi. Che ammettesse di essere un pezzo di merda.

Manuel si tirò su a sedere con non troppa convinzione e mise una mano davanti agli occhi per ripararsi dalla luce. «Calmati» disse. Ma Simone non lo lasciò finire, aveva un tornado di parole dentro di sé, e non aveva intenzione di arginarlo. «Davvero sei disposto a tanto pur di prendermi per il culo?»

Manuel lo fissò con gli occhi sbarrati e una specie di sorrisetto idiota, strafottente. Quell'espressione beffarda fu la goccia che fece traboccare il vaso.

«Sei una merda!» disse Simone. «I-io non ho parole!» Scosse la testa, quasi gli veniva da piangere. «Ah ah ah! Che ridere! Prendiamo per il culo il frocio! Vediamo se è davvero eccitato! Ops!» Portò una mano alla bocca con un gesto volutamente effemminato. «È duro veramente! È frocio sul serio! Che ridere, eh? Vuoi farmi un video? Vuoi mandarlo ai tuoi beta? Ah ah, guardate! Guardate come gli basta poco per... per...» si fermò. Non riusciva più a parlare, aveva bisogno di prendere fiato.

«...per?» lo incalzò Manuel.

Per innamorarsi? pensò Simone. Strinse i denti. Chiuse gli occhi. Alzò la torcia, voleva spaccargliela in testa, ma il pugno chiuso sbatté contro le doghe del letto superiore e l'urto andò a riaprire una delle ferite che aveva sulla mano, una di quelle che Manuel gli aveva medicato qualche sera prima.

«Ah» gemette Simone. La torcia gli cadde di mano e rotolò sulle sue gambe, ancora accesa. La luce illuminò la scena dal basso.

Simone si strinse la mano per bloccare la fitta di dolore. «Cazzo cazzo cazzo!» borbottò.

Manuel lo guardò scuotendo la testa. Aveva sempre quel sorrisetto strafottente sul viso.

«La finisci? La finisci di guardarmi così?!» sbottò Simone.

«Così come?» chiese Manuel, inclinando la testa.

«Come se ti facessi ridere!»

«Ma me fai ride. Me fai piscià sotto, che ce posso fà?»

«Ti fa tanto ridere che sono frocio?» urlò Simone.

«No» disse Manuel, improvvisamente serio. «Me fai ride perché nun capisci un cazzo.»

Poi prese la mano di Simone. La sinistra, quella ferita.

La prese e la tirò a sé. Aprì le dita e premette il palmo contro il suo petto. Il cuore di Manuel batteva con violenza. Il suo respiro era affannato.

«La prossima volta che te fanno diventà frocio, fattelo installà, un gayradar.»

Dopo averla tenuta ferma sul petto per qualche secondo, Manuel spinse la mano di Simone verso il basso e la bloccò in mezzo alle sue gambe dove, attraverso la tuta, Simone tastò tutta la sua indiscutibile eccitazione.

L'espressione di Manuel era quasi ansiosa, adesso, quasi impaziente.

«Ma uno che cazzo deve fà pe' fatte capì che ce sta a provà co' te?»

L'ultimo desiderio - Manuel & SimoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora