13. Passione e sentimento

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Manuel e Simone entrarono insieme in spogliatoio, e furono i primi ad arrivare. 

Non si erano dati appuntamento, non si erano messi d'accordo. Ci avevano impiegato più o meno lo stesso tempo a fare colazione e lavarsi, finendo prima di tutti gli altri, e si erano ritrovati, senza volerlo, a fare la strada insieme verso il campo sportivo. 

La passeggiata era stata silenziosa: Manuel sembrava completamente assorto in qualche preoccupazione e non aveva rivolto manco mezza parola a Simone che, dal canto suo, non si era preoccupato del silenzio potenzialmente imbarazzante. 

Aveva avuto ben altro a cui pensare. Edoardo era ancora vittima del primo desiderio. Escludendo i pochi minuti di distrazione durante la bizzarra conversazione a tre con Manuel e sua madre, Simone, dal momento in cui aveva capito cos'era successo, non aveva fatto altro che rimuginare su come avrebbe potuto formulare il secondo desiderio, se valeva la pena tentare di includere anche se stesso nella richiesta, o se era meglio non rischiare. Aveva ormai pensato a mille possibili diverse formulazioni, analizzando ogni sillaba e ogni parola per paura di sbagliare. Si era portato dietro il cellulare magico, in tasca, e ogni tre secondi lo stringeva in mano.

Lo spogliatoio era piccolo, piuttosto spoglio. Simone si sentiva spossato e nervoso. Lasciò cadere stancamente il proprio borsone a terra, accanto a una delle panchine.

Notò che non c'erano nemmeno armadietti per i giocatori, il che era una buona notizia per lui. Erano presenti, però, due grossi armadi di metallo, uno a fianco all'altro, in un angolo della stanza. Uno dei due era aperto. Vuoto.

«Perché stai a guardà l'armadio?» gli chiese Manuel.

Simone, impegnato com'era a pensare ancora al desiderio, non ebbe la prontezza di capire che la domanda era una provocazione. Vide un sorriso lampeggiare sul volto del ragazzo e in men che non si dica se lo ritrovò addosso.

«Inutile che resisti!» gridò Manuel spingendolo verso la fila di armadi. Ma Simone riuscì in qualche modo a reagire: puntò caparbiamente i piedi a terra e si oppose all'attacco.

Per una volta le angherie di Manuel gli fecero quasi piacere. Aveva bisogno di sfogarsi in qualche modo, e quella lotta sarebbe servita allo scopo. Avrebbe riversato su di lui tutta la frustrazione covata nelle ultime ventiquattr'ore.

Rimasero lì, le mani puntate uno sulle spalle dell'altro, per qualche secondo. Manuel rideva come il cretino esaltato che era. Poi, quasi impercettibilmente, diminuì la forza di spinta. A Simone non parve vero, e spingendo con le gambe riuscì a sbilanciarlo un po' all'indietro.

Si accorse troppo tardi dell'errore. Manuel usò la spinta come molla e col movimento di ritorno franò addosso a Simone con tutto il suo peso.

Pochi passi, e Simone sbatté con la schiena contro la porta dell'armadio di sinistra, quello chiuso.

Ma usò anche lui l'impatto come spinta. Rotolandosi su un lato riuscì, non capì nemmeno come, a ribaltare le posizioni e si ritrovò sopra Manuel.

«Oh oh oh, questo sì che è uno sviluppo interessante!» esclamò Manuel, quasi esaltato dall'improvvisa difficoltà.

Il cuore di Simone accelerò i battiti per l'emozione. Un sentimento quasi primitivo di competizione si impadronì di lui. Tutto lo stress che aveva accumulato stava trovando sfogo in quella improvvisa e inaspettata sfida. 

Si appoggiò al petto di Manuel con gomito e avambraccio, e spinse il ginocchio sulla sua anca. Manuel cercò inutilmente di muovere le braccia e liberarsi, ma Simone, dalla sua posizione di vantaggio, lo bloccò con facilità.

«Tu non ti arrendi mai, vero?» chiese Manuel, lo sguardo stupito, più che spaventato. «Che vuoi fare?»

«Voglio farti capire come ci si sente a stare sotto, per una volta» disse Simone.

L'ultimo desiderio - Manuel & SimoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora