40. Deteriora probo

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Simone ebbe l'impressione di trovarsi dentro un sogno. Un lungo sogno delirante.

La maga, i desideri, il corpo di Edoardo stretto al suo. E ora quella frase. Assurda, incomprensibile.

Tutto era, improvvisamente, così irreale.

Si guardò la mano sinistra. La mano ferita che Manuel gli aveva medicato qualche giorno prima.

I tagli stavano guarendo. Si passò le unghie sulle ferite con un gesto brusco e qualcuna si riaprì, causandogli un dolore bruciante. Ma nemmeno quello servì a levargli il senso di stordimento e allucinazione.

«Che cosa hai appena detto?» chiese infine Simone, ad Edoardo, stringendo a pugno la mano dolorante.

«I tre desideri» disse lui, con gli occhi colmi di lacrime, «li ho espressi anch'io. Due anni fa.»

La schiena appoggiata al muro, Simone scivolò lentamente a terra. «Non può essere...»

«Hai ragione. Non può essere» s'intromise Manuel. Poi lo raggiunse, si inginocchiò accanto a lui. C'era rabbia nei suoi occhi. «Non ci credo. Non è possibile. Non ho mai creduto a lui e non credo adesso a te. Ti hai raccontato qualcosa, vero? L'altra sera da ubriaco. Te l'ha detto, e tu ti stai inventando delle cazzate per prenderlo per il culo. Dimmelo adesso, confessa, e giuro che non ti menerò.»

«Non mi sto inventando niente» ribatté Simone con un filo di voce.

«Ma non capisci?» disse Edoardo tirando su col naso. «Torna tutto! Tutto!»

«Finiscila con questa storia assurda, la magia non esiste!» gridò Manuel.

«Credimi, cazzo! Sono due anni che cerco di convincerti! Mi crederai adesso? Non ti ricordi come giocavo il primo giorno? Come inciampavo sulla palla? Non ti ricordi che non riuscivo a muovermi? Non sembravo io! Non ci volevi credere nemmeno tu, pensavi che fossi ubriaco o che mi fosse venuto un ictus. Non ti ricordi? Come altro te lo spieghi?» Si rivolse a Simone: «Non puoi immaginare... non puoi immaginare il peso che mi stai togliendo dal cuore.» Si asciugò le lacrime dalle guance. Non piangeva più. «C'erano dei momenti che credevo avesse ragione Manuel. Credevo di essere impazzito, di essermi sognato tutto... ma è successo davvero... e lunedì, quando non riuscivo più a giocare, credevo che dopo due anni l'incantesimo mi si stesse ritorcendo contro...»

«Di cosa stai parlando? Quale incantesimo?» chiese Simone. «Cosa avevi desiderato?» Ma Edoardo non rispose e si rivolse di nuovo a Manuel che scuoteva la testa, ma aveva uno sguardo incredulo, titubante. Sembrava indeciso se credere o meno a quella storia assurda.

«E poi il talento è tornato,» schioccò le dita, «così come se n'era andato, all'improvviso. Perché Simone ha espresso il secondo desiderio.» Edoardo guardò Simone con un'espressione triste. «Come sei buono t-tu sì che sei una bella persona. Hai buttato un desiderio, un desiderio che avresti potuto usare per te stesso, solo per rimediare al tuo errore, mentre io...»

«Come sono buono?!» Simone era incredulo. «Ma sei impazzito? Ti ho sconvolto la vita per un cazzo di capriccio! Ti ho fatto diventare gay!»

Edoardo scosse la testa. «Non m'importa. Ora che ho capito cosa mi sta succedendo... Non è niente, mi ci abituerò. Come ti ci sei abituato tu.»

Ma che cazzo sta dicendo?

«E il tuo primo desiderio... anche quello... tu non volevi togliermi il talento, volevi solo...» riprese a singhiozzare. «Volevi solo rimediare al mio torto» gli prese una mano.

Simone non capiva, o forse non voleva capire. Le parole di Edoardo lo spaventavano. Avrebbe voluto ritrarre la mano, il contatto lo metteva a disagio. Ma Edoardo era così disperato che non se la sentì, e rispose alla stretta, per consolarlo.

L'ultimo desiderio - Manuel & SimoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora