31. Stupido!

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Stasera, alle undici, al baraccone dove abbiamo fatto il karaoke.

Simone era seduto a gambe incrociate sul suo letto, con accanto un libro di Simon Kuper che si era portato dietro come lettura serale, in caso non ci fosse nulla da fare. Era aperto da mezz'ora a pagina ottanta, e Simone aveva riletto per la centesima volta la prima frase, senza capirla. Stava ripensando ossessivamente all'appuntamento che Edoardo gli aveva dato quel pomeriggio.

«Sì, t'ho detto... ma che... ho magnato du chili de insalata coi pomodori, domani mattina intaso er cesso. Contenta?»

Manuel, steso sul piano superiore del castello, era al telefono con la madre. Non era una videochiamata, stavolta. Simone aveva chiamato la sua, di madre, dal telefono di Manuel, circa mezz'ora prima. Non perché avesse voglia di sentirla, semplicemente per distrarsi: troppe emozioni, positive e negative, lo stavano stremando.

Già. C'erano anche emozioni positive, nel suo cuore.

Simone continuava a ripetersi che non avrebbe dovuto essere contento, che se c'era (se c'era) qualche sentimento di attrazione da parte di Edoardo era solo a causa del desiderio che aveva espresso, ma non poteva dire al suo cuore cosa provare. E in un angolino del suo cervello pensava, persino: forse potrei farlo felice.

«Non voglio parlare di lui» disse Manuel con un tono di voce che suonava quasi offeso.

Simone spostò per un attimo l'attenzione sulla telefonata di Manuel: Di lui? Chi sarebbe lui? Sarei io?

«Lasciamo perde, guarda... ho dett... mmm... che du' palle, ma'!»

Simone si rese conto che la discussione era incomprensibile e rinunciò a capire. Guardò l'ora sul cellulare: 10:45. Troppo presto per uscire? Il baraccone era ad un minuto di distanza dalle baite.

«Ho seriamente paura che sia 'na causa persa... ci ho litigato pure ieri...»

Simone tese di nuovo l'orecchio: Non sta parlando di me. Di Edoardo forse?

«E secondo te perché?... Eh, brava... Ma io che posso fà, ma'? Secondo te so' contento?» Il suo tono di voce, ora, era amareggiato. «Dai, basta, cambiamo argomento... Ah questo è un argomento che mi piace! Sì, tutto benissimo, ce la intendiamo alla grande, nevvero Fiorelli'?»

«Alla grande» gli rispose Simone, apatico.

«A parte quando mi tocca salvargli la vita dalle infezioni per tetano... Sì... no è un cretino, ha tirato un pugno ad uno specchio che non veniva lavato da dieci anni... sì... mh... mh... ahah... no, guarda, è un rompioalle cagacazzi con la puzza sotto il naso. Giusto pe' fatte capi': in questo momento sta a legge un libro... Eh, ma te poi porta' un libro a un ritiro sportivo? Ma quanto poi esse sfigato? No, poi uno che ascolta Mozart...»

Dal ricevitore del telefono Simone riuscì a percepire il tono di voce alterato della madre, appassionata mozartiana. Simone si mise a ridere.

Quant'è stronzo.
Che ore sono? 10:48. Esco?

Simone non stava più nella pelle e decise di alzarsi.

«Se crede de vive a... com'è che se chiama quella serie che te piace tanto?... Downton Abbey, sì! Quella! Ah, eccolo qua che si guarda intorno cercando dov'è finito il suo valletto.»

Veramente sto cercando le scarpe.

«Buonasera, milord!»

«Buonasera» rispose Simone facendo un inchino.

Ok, vado.
Vado e arrivo in anticipo. Chissenefrega. Magari arriva prima anche lui.

Simone trovò finalmente le scarpe (erano finite sotto il letto) e le infilò senza slacciarle.

L'ultimo desiderio - Manuel & SimoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora