58. Una persona migliore

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Era una strana sensazione, essere lanciati in aria. Simone non l'aveva mai provata. Era emozionante e spaventoso allo stesso tempo. E non era sicuro di trovare piacevole il movimento sussultorio dello stomaco ogni volta che ricadeva verso le braccia dei compagni.

Ma le loro mani sotto di lui, sì. Quelle sì, erano piacevoli. Le loro mani che lo sostenevano, che lo facevano rimbalzare verso l'alto, che gli impedivano di cadere a terra.

I festeggiamenti finirono, in un coro di grida allegre. E Simone venne rimesso in piedi, la testa che gli girava forte. Dovette sostenersi a qualcuno - non capì nemmeno chi - per non cadere.

La partita era finita undici a sei. Che risultato pazzo! E avrebbero potuto segnare anche altri gol, se la stanchezza non avesse cominciato a chiedere pedaggio alle sue gambe.

Aveva segnato un gol anche Gianluca, che era al settimo cielo e stava descrivendo per la quarantesima volta l'azione ai compagni.

«T'abbiamo visto Gianlu', non serve che ce lo ripeti.»

«Ma hai visto anche come me la sono portata avanti dopo che Simo mi ha lanciato?»

«Ah Manu, per favore, puoi cominciare a chiudere Gianluca dentro gli armadietti, adesso che a Simone non ce lo chiuderai più?» chiese Andrea.

«Con piacere!» rispose Manuel.

«Ma alla nostra para-rigori non la festeggiamo?» disse Gianluca, cambiando argomento.

«Il dieci avversario dite che si è già suicidato?» chiese Gennaro.

«Per lavare l'onta di essersi fatto parare il rigore da una femmina?» Mentre Karen diceva queste parole, già veniva sollevata in aria.

Simone si allontanò dal gruppo, guardando di sguincio la scena con un sorriso stampato in volto.

«Come vanno le gambe?»

Simone non si era accorto che Edoardo si fosse avvicinato a lui. Accennò un sorriso. «Piene di crampi e massacrate di botte» rispose guardandosi i lividi. Gli facevano male in punti che nemmeno sospettava esistessero. I difensori avversari l'avevano preso di mira e, nel secondo tempo, a causa della stanchezza non era riuscito a evitare tutti gli assalti come nel primo.

Ecco qualcosa che devo migliorare, pensò, la resistenza fisica e la resistenza alle botte dei difensori.

Fu così felice di aver qualcosa da migliorare e di sapere di poterla migliorare.

«Ok... io...» Simone tentennò. «Non so che dire... grazie?»

Edoardo si rabbuiò leggermente. «Sei serio? Mi stai ringraziando? Di cosa?»

«Di aver...»

«Guarda che l'ho fatto per me, prima che per te.» Abbassò gli occhi, amareggiato. «Non sono un buono, Simone. Il senso di colpa mi stava uccidendo, davvero. Sarei morto, se non l'avessi fatto.»

Simone strinse le labbra. Era talmente felice di aver ritrovato il talento, che non riusciva a evitare di provare un po' di gratitudine nei confronti della persona che glielo aveva restituito. Anche se era stata la stessa che glielo aveva rubato, due anni prima.

«E ti ho comunque portato via due anni. Quella è una cosa che non cambia. Avresti già potuto essere alla Roma, adesso. Magari avresti già esordito in serie A... E invece per colpa mia sei ancora qui. Non dirmi grazie. Per favore. Non dirmelo.»

Simone annuì. Ci fu qualche secondo di silenzio imbarazzato, prima che Simone parlasse di nuovo. «C'è una cosa che volevo chiederti. Che non capisco.»

L'ultimo desiderio - Manuel & SimoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora