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"Vuoi che ti accompagno a casa?" Domanda il mio amico, preoccupato, facendomi subito annuire

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"Vuoi che ti accompagno a casa?" Domanda il mio amico, preoccupato, facendomi subito annuire. E non perché io ho il timore di Aaron, ma perché potrei non controllarmi in questo momento.

"Se è possibile vorrei riaccompagnarla a casa io". Mi blocco quando la presa di Aaron si rafforza sempre di più, appena dice quelle parole. Digrigno i denti non sopportando più lui e le sue provocazioni del cazzo, così tanto che gli tiro uno schiaffo in pieno viso.

"Pezzo di merda!" Urlo alzandomi dalla sedia, facendo sgranare gli occhi di Kevin, non aspettandosi questa uscita esasperata.

Ma non me ne frega nulla.
Non mi frega se sto facendo la parte della psicopatica.
E non importa se mi trovo in un bar.

Sto diventando pazza per colpa sua. Da quando è entrato nella mia fottuta vita, non passa un solo giorno, neanche un briciolo, né una goccia di pace dentro la mia testa.

"Come ti permetti di toccarmi eh? Credevi che me ne stavo ferma impalata?" Mi alzo all'istante, mentre lui rimane seduto mentre si tocca la guancia ferita.
"Vaffanculo Aaron! Non sono un tuo giocattolo". Termino prendendo il mio giubbotto insieme alla mia borsa, per poi andarmene via da li, lontano da lui.

Perché è questo quello che dobbiamo fare.
Stare lontani.

Cammino veloce appena incontro la pioggia fredda dell'inverno.

Sto impazzendo dio santo, non riesco a capirci più niente. Corro arrivando fino alla mia auto, prendendo subito dopo le chiavi, entrando poi dentro zuppa dalla testa ai piedi. Faccio un respiro pesante, mentre appoggio le mani sul volante, cominciando a piangere.

Chi cazzo me l'ha fatto fare? Perché mi doveva capitare tutta questa merda?

Questi sono i miei inutili pensieri, che non dovrei farmi a ventun anni della mia misera esistenza. Dovrei pensare ai miei progetti per il futuro, viaggiare, studiare per diventare qualcuno e fare il lavoro dei miei sogni, dovrei andarmi a divertire con i miei amici. Non starmene a casa, con un matrimonio combinato a mia insaputa, con un depravato, stronzo, arrogante, lunatico e insensibile.

E poi non dovrei neanche pensare a lui porca miseria. Non posso sposare una persona del genere. Non ho progettato questo. Non posso pensare che mio marito porti a casa tutte le donne che vuole e scoparsele ogni sera.

No.
Non posso permettere che una cosa del genere accada. E non mi interessa se mia madre rimarrà delusa da me, ma io voglio la mia felicità e la libertà di scegliere.

 E non mi interessa se mia madre rimarrà delusa da me, ma io voglio la mia felicità e la libertà di scegliere

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Dopo dieci minuti belli e buoni in un totale silenzio, finalmente arrivo a casa sana e salva. Tutto quello che voglio in questo istante è farmi una doccia calda e schiarirmi le idee e metabolizzare tutta questa merda.

Esco dalla macchina, fregandomene della pioggia che continua a calare dal cielo, insieme ai forti temporali, facendomi correre fino al cancello del palazzetto. Salgo le scale con uno sguardo perso e stanco, facendomi pensare di aver bisogno di un pigiama gigante e caldo. Quando arrivo, finalmente davanti alla porta di casa, abbasso lo sguardo, prendendo dalla borsa le chiavi, per poi aprire la porta, facendomi fare un grosso sospiro.

Sto per chiuderla e lasciare tutto quanto fuori da queste mura, ma qualcosa la blocca nel chiudersi. Aggrotto la fronte, voltandomi subito dopo.

E io in questo momento non dovevo farlo. In questo momento non riesco più a respirare, né tanto meno riesco a tranquillizzare il mio cuore che in questo momento, sta lottando contro ad una tempesta.

E' qui davanti a me, zuppo dalla testa ai piedi, che mi osserva con quei due occhi, intrisi di rabbia.

La sua maglietta nera a collo alto, è totalmente bagnata, facendo evidenziare i suoi addominali, mentre i suoi capelli dorati e mossi, sono anch'essi bagnati dalla fredda pioggia. Nel vederlo non riesco ad aprire bocca e di parlare o di cacciarlo via. "Ragazzina impertinente". La sua voce sembra più rauca del solito, facendomi rabbrividire. "Non hai capito con chi hai a che fare". Spinge leggermente la porta verso l'interno di casa mia, per entrare, per poi chiuderla, intrappolando. "Esci". Riesco a dire facendo un passo indietro.

Che cazzo di problemi ha? Ora viene qua per cosa? Per stuprarmi?

"Non ti è bastato lo schiaffo?" Lo provoco reggendomi sul tavolo del salone.

"Come hai osato darmi uno colpirmi eh?"

"E tu come hai osato toccarmi senza il mio permesso?" Lo rimbecco facendolo accigliare, diventando ancora più serioso, quando comincia ad avvicinarsi verso di me a passi lenti e spietati allo stesso momento.

Più indietreggio e più lui aumenta il passo. "Fermo, non ti avvicin-are". Provo ad essere il più lucida possibile e di reagire, ma tutto quello che esce fuori, è una voce incrinata. "Perché? Ora hai paura di me?" Domanda continuando. "Mai". Rispondo subito, ritrovandomi la finestra alle mie spalle. "Ti sei messa intrappola da sola". Le sue mani si appoggiano con una delicatezza inquietante, sul vetro rigato dalle lacrime della piaggia, ritrovandolo così a pochi centimetri.

Occhi.

Viso.

Corpo.

I pochi centimetri che cerco di non vedere, di fare quella che non gli tocca minimamente la sua a vicinanza, la sua presenza così troppo soffocante da farmi morire, e poi quel profumo così buono, che mi fa estasiare al solo odorarlo. E infine quei due occhi grandi e marroncini, che mi ricordano il piccolo Aaron, così sorridente e genuino che era impossibile non avvicinarsi e tendergli una mano. Ora però in questo istante, quei due occhi grandi non sono più colorati, come lo erano prima.

"Mi farai impazzire prima o poi cazzo se continui a guardarmi in quel modo". La sua voce è ringhiosa, facendomi distogliere lo sguardo da quello che credevo fosse possibile rincontrare. Con la coda dell'occhio noto che stringe il pugno, facendomi temere, di voler rompere il vetro. "Lasciami in pace". Rispondo con un pò più di coraggio, rialzando la testa per guardarlo dritta negli occhi.

Mi guarda con sguardo neutro, non facendomi capire cosa gli stia frullando a quella testa lunatica. "Non rispondermi in questo modo impertinente".

"E tu esci dalla mia vita".

"No". Aggrotto la fronte. "Se non lo vuoi fare tu, lo farò io legalmente". Rispondo ancora decisa e questa volta più sicura di me.

Si morde il labbro inferiore, come se stesse cercando di regolarsi e di non buttare giù casa mia. "Allora sono cazzi tuoi". Dopo avermi detto questo, mi prende per un fianco, avvicinandomi ancora di più, facendomi appoggiare completamente il mio seno con il suo petto.

Tutto quello che fa è prendermi per il mento, immobilizzarmi del tutto facendomi saltare un battito appena i suoi denti mordono il mio labbro inferiore, facendomi mancare un battito. Cerco di spingerlo e di allontanarlo da me e da qualunque cosa sta pensando quella malsana testa. Sto per tirargli uno schiaffo in pieno viso, ma lui questa volta non si lascia minimamente toccare, perché mi prende il polso e me lo blocca contro la finestra, per poi baciarmi...

"Questa sera non dormirai. Farò in modo che ricorderai questo giorno ragazzina. È una promessa".

Fino all'ultimo secondoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora