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POV CHARLES

21 marzo 2022

Prendo una lunga boccata d'aria e stringo i capelli fra le mani. Oggi è una di quelle giornate in cui vorrei solo starmene chiuso in casa ad ascoltare canzoni deprimenti e magari anche schiarirmi le idee parlando con mio padre. In questa frase però ci sono così tante cose sbagliate, per prima cosa non posso proprio starmene chiuso in casa e per seconda, la più brutta, non posso parlare con mio padre perché non c'è più da quasi cinque anni. E giuro che ormai ho fatto pace con questa consapevolezza, ma a volte vorrei solo riavvolgere il nastro per fargli una sola domanda; Sto andando bene?

Cerco ogni giorno di essere l'uomo che lui ha creato; gentile, umile, rispettoso e fiero di quello che faccio, ma a volte è così difficile vivere nella realtà senza diventare il fantasma di me stesso e vivere solo per la mia professione. In realtà è da un po' di tempo -per così dire- che sta succedendo proprio questo. Da quando sono entrato in Ferrari il mio unico obbiettivo nella vita è diventato diventare campione del mondo con questa scuderia, tant'è che tutte le decisone prese fino ad adesso nella mia vita privata, in qualche modo, ruotavano sempre intorno ad essa.

In questo mese però, uno spiraglio di quella che io chiamo felicità aveva deciso di entrare. Una felicità diversa da quella che provavo quando vincevo una gara come ieri sera, non posso spiegarlo, è solo... diverso.

Avevo letto il bigliettino di Evelyn parecchio tempo fa e inizialmente mi aveva fatto sorridere davvero, ma dopo averlo riletto una seconda volta ed essermi reso conto che non l'avrei rivista per quasi venti giorni la mia giornata no è diventata ancora più no. So che essendo me stesso non è stato prudente legarsi a qualcuno così facilmente sapendo benissimo che potrebbe sparire da un momento all'altro, ma lo sanno tutti che i sentimenti non si possono solo spegnere. Sono rimasti soppressi così a lungo che adesso mi sembra di non potermi trattenere quando siamo insieme. In nessun modo sarei rimasto venti giorni senza di lei, c'è un motivo se la chiamo Mon Ange.

Dopo più di mezz'ora passata inutilmente fuori al balcone mi decido a vestirmi e scendere giù per il check out, dopo aver inviato qualche messaggio ad Evelyn. Non mi aspetto che mi risponda subito, ma mi aspetto che lo faccia.

Faccio tutto quello che devo fare prima di sedermi ad aspettare in una delle innumerevoli sale di questo albergo. Credo di essere stato uno dei primi a fare il check out del mio team, ma non potevo più rimanere chiuso in quella stanza con i miei pensieri. Prendo le cuffie dallo zaino e me le metto sulle orecchie, avviando una delle mie playlist deprimenti. C'è qualcosa nella canzoni tristi che mi fa sentire immensamente meglio. Strano, ma so di non essere l'unico.

Scorro sul telefono solo pochi minuti prima che foto mie e di Evelyn inizino ad apparirmi ovunque, così come gli articoli che sembrano venire fuori come funghi. So che questo mi farà sentire ancora peggio ma continuo a guardare quelle foto e quei video, diventando un involucro di malinconia, almeno fino a quando il telefono non mi viene tolto dalle mani.

Alzando la testa mi rendo conto si tratta di quell'imbecille del mio migliore amico, Pierre. Un ragazzo non può solo deprimersi in pace? La risposta è no, almeno non oggi.

Lui scuote la testa scorrendo per qualche secondo i post di instagram che fino a poco fa stavo guardano io. Sospira prima di dirmi: <<Non ti servirà a niente guardare le vostre foto, i vostri video o qualsiasi altra cosa che vi riguarda.>> poi mi si siede accanto <<Potrete fare delle videochiamata o qualcosa di simile in queste settimane, non c'è bisogno di deprimerti, infondo non ti ha mica detto che non ti vuole più vedere.>> l'utilizzo della mia lingua madre mi salva da un mal di testa.

Lo guardo con gli occhi socchiusi avendo qualche domanda nella mia testa <<Come fai a sapere queste cose tu se ci siamo appena visti da ieri sera?>>

𝙌𝙪𝙚𝙡 𝙛𝙞𝙡𝙤 𝙧𝙤𝙨𝙨𝙤 // Charles LeclercDove le storie prendono vita. Scoprilo ora