Ero tornata da scuola un ora fa e adesso ero seduta sul divano ad aspettare che mio padre e mia madre si preparassero per uscire. Essendo il giorno in cui mio padre sarebbe rimasto a casa avevamo deciso di andare al Westfield per comprare il necessario per riempire la piscina che montavamo d'estate, e intanto guardavo la televisione. Non sentendoli scendere però deciso di chiamare mia madre, che però non mi risponde.
Decido di alzarmi per avvicinarmi al fondo delle scale, lisciandomi la gonna rosa che mia madre aveva scelto e questa volta chiamo mio padre. A rispondermi però è colei che avevo chiamato precedentemente <<Cosa vuoi?!>> grida <<Si può sapere perché non stai zitta?>> odio le sue urla, odio la sua voce.
<<La devi smettere.>> sento dire da mio padre e inizialmente penso che si riferisca a me, ma quando mia madre schernisce le sua parole capisco che non è così <<Devi finirla di urlare di continuo in questa casa, la mia pazienza ha un limite.>> la sua voce si alza.
<<Si, si>> sbruffa mia madre in risposta <<tu più continui a dire più lo faccio, tu e quella di sotto.>> odio la sua voce, odio la sua faccia.
<<Finiscila Loreis.>> l'avverte di nuovo mio padre.
<<Mh, togliti davanti.>> non so cosa sta succedendo là sopra e neanche mi interessa più di tanto, ma il tono sprezzante e superiore che usa mia madre è quello che più non sopporto e neanche mio padre.
Sento dei passi pesanti sul pavimento e poi: <<Spingimi di nuovo, prova a spingermi di nuovo Loreis.>> vedo scendere mia madre come se fosse la padrone del mondo, lasciandosi dietro parole poco carine dirette a mio padre. Mi sposto di lato guardandola disgustata. Odio il suo viso, odio avere il suo stesso colore di capelli.
Mio padre è quasi subito dietro di lei urlandole che non la sopporta più, che non deve più continuare ad urlargli insulti oppure non avrebbe agito delle sue azioni e puntuale mia madre fa l'esatto contrario, mettendo in mezzo anche me senza alcun motivo.
Io rimango bloccata alla fine delle scale guardandoli litigare in soggiorno e le prossime cose che capisco sono solo le urla di entrambi, la televisione che viene sbattuta più volte sul pavimento fino a rompersi e le mani di mio padre intorno al collo di mia madre. Rimango immobile con gli occhi spalancati, non piango, non emetto un suono, non mi muovo, faccio solo finta di non essere in questa casa. Mio padre la lascia quasi subito ma l'espressione che ha non l'ho mai vista prima e mi fa paura, così come mia madre. Quest'ultima mi chiama, ma io non riesco a fare niente, c'è una piccola parte di me che dice che se lo merita, mentre tutto il resto si sente in colpa. Odio sentirmi così... la odio.
***
Non ho mai fatto molti incubi durante la notte, quasi mai in realtà, ma dopo aver parlato con Charles mi sono tornati in mente alcuni ricordi. Eventi che in qualche modo il mio cervello cerca di dimenticare, ma che ogni tanto ritornano senza alcun motivo. Apro gli occhi sperando che il sonno ritorni, ma conosco il mio corpo troppo bene da sapere che non andrà come spero, in più il rumore dei tuoni fuori dalla finestra non aiutano, quindi dopo qualche minuto in cui trovo la voglia di uscire dal mio caldissimo piumone mi alzo. Cerco le mie pantofole a forma di coniglio rosa -molto carine devo dire- e accendendo la luce del corridoio vado verso il ripostiglio della casa, per cercare le mie fidate gocce.
Sin da adolescente ho sempre sofferto di insonnia e certe notti l'unico modo per dormire è bere con dell'acqua sei di queste gocce. Quindi è quello che faccio: vado in cucina, prendo un bicchiere, lo riempio con un po' d'acqua ed infine la bevo. Non hanno un effetto immediato, ma fra un oretta dovrei essere in grado di riprendere il mio sonno.
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𝙌𝙪𝙚𝙡 𝙛𝙞𝙡𝙤 𝙧𝙤𝙨𝙨𝙤 // Charles Leclerc
FanfictionLa leggenda del "filo rosso del destino" narra che ognuno di noi nasce con un invisibile filo rosso legato al mignolo della mano sinistra. Questo filo ci lega indissolubilmente alla persona cui siamo destinati: il grande amore, per noi occidentali l...