Capitolo 27 - Colloqui di assunzione

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Tamburellavo con le dita sulla scrivania.

Mi incuriosivano gli incontri con potenziali neoassunti, ma non era quello il giorno.

Anna Grimaldi, la mia assistente, bussò alla porta del mio ufficio e senza attendere risposta entrò.

In modo molto affabile, al limite del teatrale, presentò la prima persona che avrebbe sostenuto un colloquio da me: "Dottor Manfredi...", fece una piccola pausa, "può entrare, il dottor Rey sarà lieto di riceverla."

Mi trattenni dall'alzare gli occhi al cielo.

Il ragazzo di fronte a me, con passo svelto, senza chiedere nulla si accomodò su una delle sedie di fronte alla mia scrivania.

Fu lui il primo a parlare.

"Sono lieto di poterla conoscere e immagino che lei conosca me."

"In base a quale impulso, avrebbe questa immaginazione?"

"Prego?" Sembrava più infastidito che incuriosito dalla domanda.

"Non ho idea di chi lei sia e amo giudicare le persone senza preconcetti."

Un sorriso falso illuminò il volto dell'uomo, nel suo completo firmato in monocromo blu, con pochette in bella evidenza. "È un vero peccato che non lo sappia, ma lo saprà presto", il labbro superiore gli si mosse quanto bastava per manifestare un certo disappunto. Si distese all'indietro, come per far capire che era a suo agio.
"Ammiro quello che fate qua e come lo fate, ma è chiaro che qualche ritocchino sarà d'obbligo. Da quello che ho visto si dovrà lavorare molto sui rapporti interpersonali."

Poco più che trentenne e con una leggera erre moscia, forse più costruita che naturale, continuò. "Banalizzerei se dicessi che dovremmo arrivare a fare sistema, ma mi concentrerei piuttosto su quella che è la vera domanda: ma che cosa sistemizza?"

Mi guardò come se si aspettasse una risposta.

"Anna."

La donna entrò come non si fosse mai mossa da dietro la porta.

"Ringrazia il signor Manfredi per essere venuto da noi e riaccompagnalo all'uscita, per favore."

Quello strabuzzò gli occhi, per poi alzarsi con estrema lentezza, al solo scopo di dare un certo peso al suo gesto, "Credo che ci rivedremo, molto presto."

Non credo proprio.

Quando fu alla porta, in procinto di uscire, sempre seduto sulla mia poltrona buttai lì, "Ha forse letto Il mio sistema?"

"Claudio Vettor?"

"No, Aaron Nimzowitsch."

"Mai sentito. Si occupa di teorie organizzative aziendali?"

"No, è morto più di ottant'anni fa e si occupava di scacchi."

Prima che il tipo se ne andasse, mi impressi la sua faccia, era al limite del disgusto.

Il colloquio era durato all'incirca novanta secondi. Guardai Anna, "All'HR servono più logiche scacchistiche che doti organizzative, e comunque era un coglione. Fai entrare il prossimo."

***

Polo con colletto stropicciato, bermuda e scarponcini, anche questo poco più che trentenne.

"Salve", il ragazzo aveva un sorriso spontaneo, mentre rimaneva di fronte alla mia scrivania.

"Prego, si sieda. La mia collaboratrice non ci ha presentati e con buona probabilità si starà ancora chiedendo se fosse stato il caso di farla entrare. Si veste sempre così?"

L'OMBRA DEL PIPISTRELLODove le storie prendono vita. Scoprilo ora