Nei pressi di Gelendzhik
Mar NeroL'enorme palazzo al centro di un'area di quasi ottomila ettari, in parte a picco sul mare, era un misto tra una reggia e una fortezza. Un lungo viale di duecento metri, immerso nel verde di giardini esotici, collegava la dimora a una pista di atterraggio per elicotteri, sebbene sull'area fosse imposta una no-fly zone.
L'uomo uscì da uno dei tanti tunnel di collegamento tra il palazzo e il resto della struttura tra cui: una chiesa ortodossa – portata dalla Grecia a pezzi e poi riassemblata – un anfiteatro, un casinò e una pista di pattinaggio su ghiaccio.
Si tolse l'accappatoio e si buttò nella piscina al pianoterra. Nuotò per alcune vasche tra colonne di granito bianco in stile dorico.
Quando uscì dall'acqua, una delle tante persone al suo servizio lo aiutò a indossare un nuovo accappatoio in morbido cotone. Scomparso l'inserviente, dal nulla si materializzò un altro addetto. Pur senza indossare alcuna divisa, aveva le movenze di un militare. Bisbigliò qualcosa e se ne andò. L'uomo in accappatoio prese una vodka da un tavolino di cristallo. Era appena stata tolta da un frigo alla temperatura poco sopra lo zero. Ne versò due dita in un piccolo calice a pareti svasate. Svuotò il bicchiere con un sorso. Poi si incamminò portandosi in un'area benessere. Si fece una doccia e si rivestì con un abito elegante.
Due uomini non lo perdevano mai di vista.
L'uomo camminava con passo sicuro. Era alto un metro e settanta, capelli chiari e radi. Un lontano passato nel KGB gli dava le stesse movenze dei due che lo seguivano.
Entrò in una delle tante sale. Su una grande scrivania in legno massiccio un display di media grandezza era collegato a un computer, come lo schermo gigante posto su una parete.
Si accomodò sulla poltrona in pelle e attese, guardando con insistenza il suo Lange & Söhne che portava al polso destro, sebbene non fosse mancino.
Suonò il telefono fisso, appoggiato al legno secolare della scrivania.
"Buongiorno, Presidente... aspettavo la sua chiamata."
"Buongiorno anche a lei, Presidente."
"Direi di venire subito al dunque, ha fatto le sue valutazioni?"
"Le abbiamo fatte", l'uomo all'altro capo della linea scandì la forma plurale, come per sottolineare che parlava a nome di una nazione. Dialogava in russo, ma il suo accento tradiva la sua vera lingua madre: il mandarino. "I quantitativi di vaccino destinati a noi, al suo popolo e agli alleati, hanno raggiunto la produzione su larga scala che ci eravamo prefissati. Sta procedendo bene anche la produzione di armi."
"Molto bene."
"Tuttavia... su quanto succederà dopo, non possiamo confermarvi il nostro pieno appoggio, non ancora. Il Consiglio di Stato preferisce vedere gli sviluppi, prima di dare voto favorevole a un intervento militare."
L'uomo alla scrivania aveva immaginato questa presa di posizione, ma non riuscì a trattenere un gesto di disappunto. Ma sapeva che gli eventi sarebbero presto volti a suo favore.
"Posso capirlo. Mi auguro che presto il suo popolo possa unirsi al fianco del grande popolo russo."
"Siamo già al vostro fianco, Presidente e lo saremo anche dopo, ma per ora non potremo intervenire direttamente."
Quando la linea si chiuse, l'uomo rimase per un attimo assorto nei suoi pensieri, poi riprese la cornetta e compose un numero sul tastierino.
Non usava mai cellulari, non si fidava, gli sembrava fosse più facile manometterli rispetto a un telefono fisso.
Qualcuno rispose, lui disse solo poche parole: "Si dia inizio alla fase due", e chiuse la telefonata.
Guardò davanti a sé per un tempo interminabile, senza che vedesse nulla, se non le immagini che gli stavano dando i suoi pensieri. Chiamò un altro numero, "Portatemi la cartella rossa."
In meno di un minuto due uomini arrivarono e gli consegnarono una cartella rossa. Girarono sui tacchi e uscirono lasciandolo di nuovo solo.
L'involucro, appoggiato sulla scrivania, mostrava lo stemma dorato dell'aquila bicipite. L'uomo la osservò come se ne avesse timore, poi ne estrasse il contenuto.
Si trattava di un fascicolo che cominciò a sfogliare.
Conosceva ogni parola e ogni schema al suo interno; tutto, per lui, era perfettamente nitido.
Era così immerso nei suoi pensieri che non notò la presenza della donna che era sopraggiunta dietro di lui; capì che era lì solo quando la mano di lei si appoggiò sulla sua. La sentì fredda.
Alzò gli occhi su quella donna dai capelli color platino, portati all'indietro e coperti da un sottile velo di gel.
Lei ritrasse la mano e gli prese la cartella per sbirciare al suo interno. Il suo sguardo era compiaciuto, "Il primo dado è stato tratto. L'occidente sta combattendo un nemico subdolo e logorante che li sta indebolendo. Solo ora sono riusciti a sviluppare un vaccino, mentre noi lo stiamo usando da tempo. Abbiamo lasciato credere che tutto fosse stato fatto solo per la sordida cupidigia che brama ogni uomo, quella del denaro." Lei gli accarezzò il volto, "Ma noi bramiamo ben altro."
Lui la fissò, "È un peccato che anche gli occidentali abbiano sviluppato i vaccini in così poco tempo, ma tu hai fatto un ottimo lavoro."
"Ne dubitavi forse?"
"Mai. Ora inizia la fase più importante... ma c'è una cosa che devo chiederti."
Lei aspettò che lui riprendesse a parlare.
"Quell'uomo... potrà mai arrivate fino a te?"
La donna rimase inespressiva, quasi per mascherare meglio quanto stava per dire, "Forse intendevi dire fino a noi... Io so solo una cosa: Dylan Batchelor è capace di tutto. Nemmeno un sottomarino militare armato di missili è bastato per fermarlo."
L'uomo storse le labbra, "Allora dobbiamo trovarlo, prima che lui trovi noi."
"Non lo troveremo mai."
"E allora?"
"Ora conosce il mio nome, lasciamo che sia lui a trovare me", nello sguardo della donna brillò una luce sinistra.
Un ghigno si materializzò sul volto dell'uomo, si alzò dalla poltrona e uscì dalla sala, con la donna al suo fianco. Sulla scrivania rimase la cartella con il fascicolo aperto.
Appena se ne furono andati, uno dei due uomini che piantonavano l'ingresso entrò nell'ufficio e allungò una mano sul fascicolo per rimetterlo a posto. Prima di richiudere la cartella, intravide la cartina degli Stati Uniti d'America e quella dell'Europa. Entrambe riportavano diverse capitali cerchiate in rosso e con dei numeri. Nella pagina adiacente un altro schema lo fece indugiare. I numeri erano associati a delle sigle. Lui non poteva conoscere il significato di quelle sigle, non poteva immaginare che rappresentavano missili balistici intercontinentali con testate nucleari.
L'uomo ripose il fascicolo all'interno della cartella rossa e uscì dalla sala.
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L'OMBRA DEL PIPISTRELLO
PrzygodoweCiò che la natura non osa fare, sarà l'uomo a farlo. In una grotta sperduta un gruppo di ricercatori fa una scoperta inquietante. I fatti che seguiranno saranno solo l'inizio di qualcosa che nessuno avrebbe mai immaginato. Il carico misterioso trasp...