Capitolo 22 - Senza pietà

43 6 23
                                    

L'uomo accostò l'auto dopo pochi chilometri percorsi a caso. Respirava con affanno e non aveva idea di cosa fare.
Prese il cellulare. Con la mano tremante cercò il numero di Mathys Gauthier, capitano della DGSE, l'agenzia di spionaggio francese. Non sapeva ancora quanto si sarebbe potuto fidare di lui.

Il telefono diede un solo segnale, una voce allarmata gracchiò subito attraverso lo speaker audio, "Philippe, finalmente."

Lui non rispose.

"Philippe? Rispondi."

"Ci sono", sospirò.

"Per un attimo ho temuto che avessi avuto problemi."

"Li ho avuti, Mathys... e grossi."

"Cosa intendi? Non ti hanno prelevato quelli dell'AISE?"

"Sì, certo... ma ora sono morti."

"Cosa? Aspetta, aspetta... come morti?"

"Morti, uccisi."

"Cazzo, dove sei ora?"

Lo studioso non rispose.

"Di me ti devi fidare, dimmi almeno come è andata."

Philippe inspirò a fondo prima di parlare, "Ok, ok. Uno dei due ha cercato di uccidere l'altro, anzi ci è riuscito, ma l'altro prima di andarsene l'ha ripagato con la stessa moneta."

"Intendi dire che si sono uccisi a vicenda?"

"Esatto."

L'agente imprecò, sono riusciti a infiltrarsi. "Devi nasconderti e non parlare con nessuno, ora cosa mi puoi dire?"

Il vecchio virologo era titubante, ma l'agente sembrava davvero preoccuparsi per lui, decise di dargli delle informazioni, "Stavo lavorando a un progetto non credo molto lecito... ho con me dei dati... credo che scottino. Era tutto misterioso e segreto, ma la puzza era forte."

"Progetto che immagino riguardasse..."

"Lo sviluppo di un vaccino per un agente virale molto pericoloso."

"Come pensavo, altrimenti non mi avresti chiamato."

"Uno dei due agenti era una mela marcia, l'altro no, voglio fidarmi di te."

"Devi, fidarti di me."

"Okay", Philippe sospirò, "ti posso mandare del materiale."

"Va bene, usa questo: maga2388@hotmail.com, hai preso nota?"

"Non ce n'è bisogno, me lo ricordo, poi ti darò tutto il resto."

"Quando?"

"Quando potrò fidarmi", Philippe chiuse la chiamata.

"Merda", fu la sola parola pronunciata da Mathys.

Poco dopo il virologo si era liberato del cellulare.
Viaggiava da quasi un'ora e ormai era sera. Aveva deciso di entrare a Roma, lì avrebbe avuto più possibilità per nascondersi.

Vide un parcheggio libero e accostò. Abbandonò l'auto, si trovava nel quartiere Ostiense. Girovagò a piedi evitando la metropolitana, troppe telecamere, pensò.

In tasca teneva solo poche centinaia di euro e un passaporto falso, il suo era stato requisito dall'organizzazione per cui lavorava.

Si accomodò in un bar e lo colpì la scritta Wi-Fi free, con le indicazioni di come collegarsi. Sapeva che non viene quasi mai richiesto di registrarsi. Estrasse dal suo marsupio un iPad, una delle poche cose che si era portato con sé. Con quello si collegò alla rete.
Voleva dare un occhio ai suoi principali account di posta. In Cina non poteva e non doveva accedervi, aveva usato soltanto le credenziali fornite dal gruppo di lavoro a cui apparteneva, che non era nemmeno associato all'Istituto Pasteur di Shanghai.
I messaggi ricevuti erano innumerevoli, ma i filtri antispam avevano fatto un'ottima selezione; li guardò senza trovare nulla di interessante.

L'OMBRA DEL PIPISTRELLODove le storie prendono vita. Scoprilo ora