L'OMBRA DEL PIPISTRELLO

Capitolo 112 - Cool wind in my hair

28 maggio 2021
In un presidio ospedaliero
nelle Alpi Centrali italiane

Ricordo quando andai a Las Vegas per un seminario sul Network Circolare. Riguardava il trovare soluzioni attraverso un semplice concetto: organizzare l'incontro giusto, al momento giusto, con le persone giuste.

Non so se trovai gli incontri giusti, al momento giusto eccetera, eccetera... di certo non trovai il luogo giusto. Può essere che Montaldo di Castro non valesse Las Vegas, ma il problema è che, per me, nemmeno Las Vegas era valsa Las Vegas.

Quella città era un buco perso nel deserto, fatto da un'accozzaglia di pacchiane imitazioni architettoniche, disseminato di slot machine e invaso dai turisti, spesso alla ricerca delle avventure sessuali che quella sin city prometteva. Ho esagerato? Può darsi, in ogni caso ci sono altri modi per guardare Las Vegas e io la guardavo per ciò che aveva oltre.

E fu in questo oltre che immaginai me stesso: lungo la Route 93 che portava al Grand Canyon, su una Mustang cabrio e uno Stetson in testa per ripararmi dal sole, con Take Me Home, Country Roads in sottofondo.

Ma tante cose avevano ormai perso d'importanza, annichilite da quello che era successo e da quanto poteva ancora succedere. Il mondo era a un bivio. Terribili segnali facevano credere che il peggio doveva ancora arrivare e che la grande pandemia era stata solo la punta di un maledetto iceberg.

Le economie del mondo occidentale erano al collasso. La dipendenza energetica e anche tecnologica verso l'emisfero asiatico si erano palesate in tutta la loro ineluttabilità.

Fonti dei servizi segreti riferivano che paesi come Russia, Cina e Corea del Nord, mentre imperversava la pandemia, avevano aumentato la produzione di armi, soprattutto non convenzionali: bombe a grappolo e termobariche, testate nucleari con missili a lungo raggio e droni ad alta tecnologia. L'Occidente spendeva miliardi per rincorrere i vaccini, l'Oriente pareva averli sempre avuti. Il grande puzzle si stava completando e mostrava uno scenario inimmaginabile.

Un Presidente americano incapace aveva lasciato il posto a un altro che ancora non riuscivo a inquadrare. Fonti interne dell'intelligence europea riferivano che la nuova amministrazione americana aveva esercitato grosse pressioni sulle principali Big Tech. Era stato chiesto di censurare tutto quanto riguardava l'ipotesi di un virus costruito in laboratorio.

Perché nascondere queste informazioni? Semplice operazione per eliminare delle fake news o imponente tentativo di obnubilazione? E quale era il fine ultimo? Non creare allarmismo o nascondere la verità?

Dovevo togliermi dalla testa tutto questo e lasciar spazio ad altro.

Pensai al passato recente, alle persone che mi erano state vicine: Marika, Elisabetta, il mio gruppo di ragazzi e lei... che è sempre stata presente senza mai esserci.

Però John Denver era troppo da magone represso. Rimisi a posto la scena di prima e immaginai l'autoradio che suonava Hotel California degli Eagles.

Sì, così andava meglio, ora vedevo anche lei sul sedile al mio fianco e mi sorrideva. Lasciai che la Mustang corresse tranquilla lungo il Grand Canyon, solo i miei pensieri correvano più veloci...

On a dark desert highway, cool wind in my hair
Warm smell of colitas rising up through the air
Up ahead in the distance, I saw a shimmering light
My head grew heavy, and my sight grew dimmer
I had to stop for the night.

"Signore? Sta bene?"

Mi riscossi di colpo da quell'oblio in cui ero finito.

L'infermiera mi stava disinfettando la parte della spalla su cui avrebbe infilato l'ago.

Era molto giovane e da sotto la mascherina me la immaginavo carina e con quel sorriso – che intravedevo nei suoi occhi – di chi crede che il futuro non sia altro che il presente con un po' più di fantasia.

"Faccio in un istante, non farà male."

Infilò la siringa nel braccio e iniettò il liquido, "Per fortuna hanno prodotto presto un vaccino", disse.

Sorrisi, "Già... una vera fortuna."

FINE

(per ora)