Capitolo 92 - La ragazza in kimono

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Non potevo togliermi dalla testa Santovito. L'idea che venisse arrestato da un momento all'altro, non avrebbe cambiato nulla nel mio rapporto con lui, ma al Centro ci sarebbe stato un bel terremoto. Imboccai l'Aurelia, quando quei pensieri si fecero ormai fugaci, lasciando il posto a quelli su Marika.

Per mesi abbiamo giocato, poi, senza una spiegazione logica, ecco il primo passo avanti, niente di eccessivo, un banale tentativo di creare qualcosa con un invito a cena. E ora mi stavo chiedendo fin dove potevo arrivare. Cosa volevo da lei? Sesso? Un'evasione? Ma evasione da cosa? La mia vita era già un'evasione. Forse volevo trovare un punto d'arrivo e, perché no,  trascorrere un po' di anni con una donna molto più giovane di me.
Non mi convinceva nessuna delle ipotesi. Non la pensavo come il professor Bellavista, quel vecchio saggio ed eclettico napoletano che diceva Il nostro guaio non è l'essere vecchi, quanto il volersi sentire giovani.

Certo, lei indossava alla perfezione le vesti di Lolita, con la giusta dose di malizia e innocenza. E io? Mi riconoscevo forse in Humbert? Può darsi, l'aria da burbero e solitario intellettuale ci accomunava.

In realtà, pensando a quanto stava succedendo intorno a noi, mi si affacciarono alla mente lontani ricordi, sbiaditi déjà-vu, sensazioni che pian piano si cristallizzarono.

Quanto stavo vivendo mi ricordò un vecchio film:

Il 1999 fu l'anno in cui il satellite nucleare indiano impazzì, nessuno sapeva dove sarebbe potuto cadere. Si librava, appena al di sopra dello strato dell'ozono, come un micidiale uccello rapace. Il mondo intero era in allarme, ma Claire, in quel periodo, viveva un suo incubo privato. Sognava tutte le notti un volo silenzioso, su una terra sconosciuta.

È l'inizio del film Fino alla fine del mondo di Wim Wenders, in un'ambientazione di vent'anni fa, quando l'umanità cercava di sfuggire a una catastrofe scappando dalle città e intasando le strade. E ora l'umanità dovrà sfuggire a una catastrofe chiudendosi in casa.

A breve ci saranno milioni di persone relegate in una sorta di quarantena. Le strade saranno deserte, le città desolate.

Era il 1992 quando vidi quel film. Mi piacque il soggetto, la forte connotazione informatica pervadeva tutto, dal navigatore satellitare (sconosciuto nella realtà di allora) al precursore dell'odierna Alexa. Era l'atmosfera onirica a incuriosirmi ma, soprattutto, fu Claire ad affascinarmi.

A tanti anni di distanza mi trovo in una realtà che sembra aver subito una trasformazione suriettiva da quello spazio-tempo a quello attuale. Succede quando qualche cosa di qua ha almeno un'antimmagine di là, sono quasi sicuro che il concetto sia chiaro: di là il satellite impazzito, di qua il virus; di là un film, qua una realtà che sembra tratta da un film; di là Claire e di qua... Marika.

La strada era deserta, solo alcune pattuglie delle forze dell'ordine mi confermavano che non ero solo. In lontananza si sentiva il suono di una sirena.

Nessun mi fermò, ma un tesserino appoggiato sopra il cruscotto avrebbe evitato fastidi inutili.

Stavo giungendo in prossimità delle mura di Tarquinia, chiedendomi cosa stesse facendo lei nel mio appartamento.

***

La mano della ragazza accarezzava la regina nera. Il pezzo troneggiava al centro di una scacchiera in legno e alabastro e sembrava avere il dominio di tutto: i pochi pezzi avversari erano ai suoi piedi. Il suo Re era in disparte, come non contasse nulla, quello avversario giaceva a terra.

"Vorrei essere come te", disse quasi sussurrando. L'indice seguiva il profilo del pezzo, lo smalto carminio sulle unghie sembrava rappresentare quel sangue versato sul campo di battaglia che non si vedeva.

L'OMBRA DEL PIPISTRELLODove le storie prendono vita. Scoprilo ora