Capitolo 29 - Marika

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Gennaio 2020
Centro informatico di Montaldo di Castro
Italia

Pensavo alle rivelazioni di Giuliano: per quanto ufficiose erano troppo inquietanti per essere vere. Indugiai sul suo numero. Lasciamo perdere, se avesse avuto novità mi avrebbe chiamato.

John Donn, invece, era colui che avrei dovuto mettere subito al corrente di questi fatti, ma si trovava all'estero e non ero certo di quanto fosse sicura la sua linea. Avrei aspettato, ormai mancavano pochi giorni al suo ritorno.
Si trattava della persona di cui mi fidavo di più, il collega che tutti avrebbero voluto, ma soprattutto era un grande amico e non poterlo aggiornare mi dava un discreto fastidio.

Al distributore di bevande del Centro il codice 22 è quello del caffè lungo. Indugio spesso davanti al tastierino dei numeri, in un futile tentativo inconscio di pensare alla scelta, ma prendo quasi sempre il 22.

Sono un abitudinario del medio periodo; faccio spesso cose ripetitive, mi rassicurano, creano la comfort zone nella quale mi rifugio, nel caos della quotidianità. Passato il medio periodo cambio routine e ne inizio una nuova.

Il piacere della consuetudine e il fascino dell'imprevisto, l'avevo sentito dire in un vecchio film, credo di Luis Buñuel.

"Quello al ginseng è ottimo", la voce dietro le mie spalle mi sorprese e constatai quanto la mia comfort zone fosse tarata su parametri troppo restrittivi: il ginseng ci sarebbe potuto stare benissimo.

Marika era una collega con la quale sentivo un certo feeling, ma niente di più. Ci si incrociava spesso e lei sorrideva... altrettanto spesso. Mi ero convinto che quei sorrisi fossero particolari, ma la mia razionalità mi dava altre indicazioni.

I capelli castano scuro a volte lanciavano dei riflessi ramati, a volte apparivano lisci, altre volte mossi, mi chiedevo quale fosse il loro stato naturale.

L'avevo notata da diverso tempo, da quando era stata trasferita in questa struttura, poco più di un anno prima. Trentun anni e un visino dall'aria innocente mi aiutarono a dar vita ad alcuni pensieri.

"Buongiorno, Marika."

"Il mio era solo un suggerimento, giuro che non ho messo cianuro nel caffè al ginseng", continuò sorridendo.

Il rischio di essere assassinato non mi destabilizzò più di tanto, "No... certo, non l'avrei mai pensato", risposi, "non è banale smontare queste trappole, identificare il contenitore del ginseng liofilizzato e inserire del veleno."

Lei si mise di nuovo a ridere e notai che i nostri sguardi si stavano incrociando pericolosamente.

"... senza parlare che faresti un massacro. Sai quanti sbevazzano ginseng? Io stesso, nella mia precedente comfort zone, ero un habitué del ginseng."

"Comfort zone?"

"Lascia perdere", sorrisi.

Lo scambio di battute servì a toglierci, a vicenda, gli sguardi di dosso.

Pigiai il 22.

"Quindi niente ginseng?" chiese lei.

"Niente ginseng, non mi fido abbastanza di te, ti conosco appena."

La sua risata le illuminò il volto. Mi colpiva come sorrideva in modo spontaneo, ma ancor più come rideva in modo spontaneo. L'intensità dei suoi occhi scuri era tale, che sembrava volessero entrare dentro di me, oltrepassando porte le cui chiavi non avevo mai dato a nessuno. Così almeno pensavo.

"In realtà il mio 22 fa schifo", dissi.

"E perché lo bevi?"

"Ho intenzione di passare a un'altra tipologia di routine, ma vorrei farlo nel medio periodo."

L'OMBRA DEL PIPISTRELLODove le storie prendono vita. Scoprilo ora