Capitolo 82 - Pandemia

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Fine marzo 2020

Non so se fosse il caso, vista la situazione, ma andai da lei con una bottiglia di buon vino e una vaschetta di struffoli. Non c'era nulla da festeggiare, ma avevo voglia di bere con lei.

Un'ora dopo sgranocchiammo stuzzichini salati bevendo calici di rosso. Ridevamo, ma non come al solito.

Pochi sorsi mi ricordarono quanto Marika non reggesse l'alcol, evitai allora di rabboccarle il bicchiere.

"Devo andare."

"Di già?"

La guardai cercando un motivo valido per non farlo. Ma fu lei a riprendere la parola.

"Perché non ti fermi da me?"

"Perché non vieni tu da me?"

-

In auto, mentre stavamo tornando, per un po' non parlammo. Il classico silenzio assordante, tanto per usare un ossimoro abusato. Probabilmente ciascuno di noi voleva dire qualcosa, ma non voleva essere il primo.

"Non ho ancora capito perché stiamo andando da te."

"Sono più tranquillo se stai da me."

"Già, il nuovo virus."

"Lo dice la TV, quindi deve essere qualcosa di grave."

"Sarcasmo a parte, quanto è grave?" Il suo sguardo cercava cose che non potevo darle.

"Non lo so, ma per qualche ora... ignoriamolo."

-

Marika abitava a Tuscania io a Tarquinia, entrambe le città non erano molto distanti.

"Sicuro?"

"Sicuro", La mia voce sembrò rimbombare nell'abitacolo.

"Intendevo, sicuro che non ci siano altri motivi per portarmi da te?"

Non risposi.

A Tarquinia costeggiammo le imponenti mura della città che guardavano il mare, per poi entrare dalla Barriera San Giusto, l'antica porta della Valle. Ci mettemmo poco a incrociare Via dell'Archetto.

Eravamo arrivati, azionai l'apertura elettronica del box.

Lasciata l'auto nella rimessa, uscimmo passando da un porticino interno. Mentre le tenevo la mano, salimmo lungo una piccola rampa di scale.

"Mi piacciono le tue mani", mi disse.

"Ringraziale, se non ti tenessero voleresti."

"Sto già volando" e cominciò a ondeggiare.

"Hei, piccola, cerca di calmarti", strinsi di più la presa.

"Sono calmissima, un po' ciocca, ma calmissima."

"Non reggi per niente l'alcool, eri già sbronza dopo mezzo bicchiere."

"Lo so", rideva come solo i brilli sanno fare.

"Un attimino e ci siamo, ok?"

"Okay", e rise di nuovo.

Ride sempre, anche quando è sbronza.

Aprii la porta del mio appartamento, entrai con lei semi abbracciata a me. La adagiai sul divano del salotto, il Luigi Filippo in noce di metà Ottocento.

Poi pensai che sarebbe stato saggio spostarla in un posto più adatto. La portai in bagno, dove cercò inutilmente di vomitare.

Più tardi era nel mio letto. La guardai, nuda con i capelli scompigliati, dormiva, innocente e indifesa.

L'OMBRA DEL PIPISTRELLODove le storie prendono vita. Scoprilo ora