Capitolo 47 - La ragazza del catamarano

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Prima si trovava su un catamarano, in quella che poteva essere una spensierata vacanza, ma ora la ragazza era su un super yacht con la chiara sensazione che la vacanza fosse svanita.

Un marcantonio dallo sguardo non molto socievole la stava squadrando. Più che la sua espressione era la croce tatuata sulla fronte a dargli un'aria inquietante.

"Sei tailandese?"

Lei fece un broncio e abbassò la testa.

"Non rispondi?" L'uomo le si avvicinò e l'afferrò per un polso, "Mi piacciono le gattine selvatiche", sibilò tirandola a sé con violenza.

Fissò la ragazza dritta negli occhi, e per un attimo ebbe l'impressione che lei non fosse proprio una gattina impaurita, anche se ne aveva la parvenza. D'istinto alleggerì la presa.

I due visi si scrutarono, poi lei aprì la bocca, "Sì... sono tailandese, ma conosco un po' il cinese..."

"Bene bene, la gattina miagola... ma non ha importanza, il tuo scarso cinese basterà. Non dovrai parlare molto" e si mise a ridere di gusto.

"Prima di portarti nella tua suite", pronunciò suite in modo teatrale, "dobbiamo fare un lavoretto, cammina... davanti a me."

La ragazza era ancora in bichini, non aveva certo freddo, ma gli sguardi degli uomini che incrociava non le piacevano.

Non era la sola donna sul panfilo e la presenza di ragazze, dall'aria disinibita e con poco addosso, pareva essere un fatto normale.

"Dove andiamo?"

"Zitta... cammina."

La ragazza, in imbarazzo, continuò a percorrere il ponte di coperta. L'uomo da dietro la seguiva cercando di reprimere certi impulsi provocati dai movimenti sinuosi di lei.

"Gira di là, per gli ascensori. Scendiamo al ponte garage."

Da quando si era concluso l'incontro tra lord Bat e Jack, lo yacht non aveva ancora ripreso la navigazione. Era immobile, se si escludeva un leggero rollio appena percepibile. Al di fuori della stagione monsonica l'Oceano Indiano era come un gigante sonnolento, pronto tuttavia a scatenare terribili tempeste.

Scesero fino al ponte più basso ed entrarono nel garage. Poco dopo l'uomo e la ragazza uscirono col tender, dirigendosi verso il catamarano. L'ancora galleggiante aveva evitato soltanto lo scarrocchio dell'imbarcazione, ma era chiaro che se non fosse stato agganciato allo yacht se ne sarebbe andato per la sua strada.

In poco tempo coprirono la distanza che li separava dal piccolo natante.
Prima di trasbordare sull'altra imbarcazione, l'uomo si mise a tracolla uno zainetto. Appena furono a bordo, lui, senza proferire parola, scese sottocoperta e cominciò a controllare con calma e metodo tutto quanto trovava. Lo faceva in modo maniacale, era chiaro che stava perquisendo l'imbarcazione.

La ragazza rimase sul ponte senza far nulla, il suo atteggiamento sembrava timido e spaurito. Era in piedi con le braccia incrociate sul petto, come avesse freddo.

L'uomo rovistò e ribaltò tutto per lunghi minuti, poi risalì e andò dalla ragazza.

Si mise di fronte a lei, "C'è qualcosa su questa tinozza che dovrei conoscere?"

Lei abbozzò un sorriso, "Sì... una cosa c'è." Gli mise le braccia dietro la nuca. Lui non sembrava convinto, ma la lasciò fare. Lei cominciò a leccargli il collo, poi lo guardò mostrandogli una lingua volgare che si muoveva lentamente. L'uomo cominciò a litigare con i suoi spasmi lussuriosi.

"Cosa sarebbe questa cosa?" chiese con voce roca.

"È nel sottocoperta, in cabina."

Gli occhi di lui mal celavano le sue voglie, ormai ribollenti.

L'OMBRA DEL PIPISTRELLODove le storie prendono vita. Scoprilo ora