E' vero, io sono una foresta e una notte di alberi scuri:
ma chi non ha paura delle mie tenebre, troverà
declivi di rose sotto ai miei cipressi.
Friedrich Nietzsche
JACK
Non era la mia stanza quella dove ha dormito, sono io l'unica persona che sia mai entrata nel mio covo. Eppure, è l'unico posto meno freddo che appartiene alle mura di questa casa.
È sicuramente più ricco di oggetti: i miei libri, alcune foto dipinte di me e i miei genitori, i miei abiti e un letto grande quanto il precedente. Con un'unica differenza; c'è il mio odore e lì ho dormito solo io.
Dunque, è qui che l'ho portata. Il motivo lo sto scovando disperatamente dentro di me. Eppure, non trovo una risposta plausibile a questa scelta.
"Ti senti più al sicuro qui?" Le chiedo.
Lei si guarda intorno. Soffermandosi su un dettaglio che rende la stanza decisamente più piacevole, ovvero le grandi finestre. Le vetrate tappezzano la stanza e mostrano la visuale di New York.
Le luci della notte sono l'unica fonte di illuminazione che accende la camera. Intravedo il suo profilo nella notte e siccome non può vedermi mi fermo a guardarla. Il nasino è leggermente all'insù, vedo qualche ciuffo della frangia mossa e le labbra leggermente socchiuse. Passiamo qualche secondo in questa posizione, mi accerto di vedere se le sue gambe tremano ancora ma si è calmata. E di conseguenza anche io.
"Come... fai a dormire con questo panorama? È impossibile. Io non riuscirei a chiudere occhio a forza di guardarlo".
Le sue parole sono dei sussurri. Un leggero sorriso mi dipinge il volto, i miei occhi non si sono staccati dalla sua figura. Non rispondo, quindi noto che si volta lentamente verso di me. Forse un leggero luccichio dei suoi occhi mi cattura, perché è l'unica cosa che riesco a vedere nel buio.
"Per me la notte non è fatta per dormire. In ogni caso, dormi qui se ti senti a tuo agio".
Sento il suo respiro, leggermente aumentato. Il suo battito è una melodia per le mie orecchie, eppure aumenta sempre di più. Ma io sono immobile davanti a lei.
"Quindi questa è la tua stanza". Afferma stupita quanto me.
Ringrazio che non possa vedermi bene il volto, perché non so nemmeno io quale espressione mi macchia il viso. Eppure, lei attende una risposta.
"È la mia stanza".
Esita un attimo, poi prende un bel respiro e lentamente comincia a camminare verso le vetrate. Le sue gambe sono longilinee, intravedo la curva dei fianchi. Il mio corpo ne è attratto perché si muove verso il suo, rimanendo a debita distanza dietro le sue spalle mentre cerca qualche risposta fra i grattacieli.
"Il tuo nome è Jacob, vero?"
Quella voce, che dice quelle lettere. Improvvisamente, ho necessità di vedere le sue labbra che si muovono mentre pronunciano il mio nome. In qualsiasi modo l'abbia scoperto ora per lei sono un libro aperto. Potrebbe fare ricerche e scoprire cose indicibili su di me, magari non ci sarà più una volta in cui la sua figura sarà così posta davanti a me o si fidi a dormire sotto al mio tetto.
Sento di dovermi godere questo momento, come se fosse l'ultima volta che potrò vederla a questa distanza perché dopo che scoprirà ogni cosa fuggirebbe. Eppure, è quello che volevo. Che andasse via.
Ne sono ancora convinto?
"Jacob William Torres è il mio nome". Confesso, ormai infranta ogni regola. Qualsiasi cosa mi sta accadendo è decisamente pericolosa.
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Sidereus
Action"Ti svelo un segreto, le coincidenze non sono mai tali". Madison, giovane ragazza ventenne, è pronta per partire per il suo anno all'estero a New York, ma potrebbe rivelarsi tutto tranne che una vacanza studio. Dopo aver fatto conoscenza con la coi...