Capitolo 22. Un'insolita amicizia

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L'amore è un'amicizia impazzita.

Seneca

JACK

"Porti gli occhiali?"

"Buon pomeriggio anche a te".

Scontrosa, audace, testarda. Ormai è diventata musica per le mie orecchie, perché adoro quando il gioco si fa interessante. Solo se resta nei limiti del sopportabile, ovviamente.

"Sei coraggiosa". Le dico.

"Perché?"

"Mi hai aperto la porta, eppure sappiamo entrambi cosa hai visto".

Un lieve pallore le avvolge il viso e questo la fa diventare ancora più candida di quanto non sia già.

"Pensavo che avresti sfondato la porta, sappi che ci sono le telecamere".

"Oh, lo so benissimo" alzo l'angolo della bocca. "E se prima di entrare le avessi disattivate cosa ti succederebbe adesso?"

Ingoia un groppo di saliva. "Ti direi che i miei amici mi vendicherebbero".

"E i tuoi amici sarebbero anche i miei amici?"

Sta per chiudere la porta cacciandomi fuori ma con una mano la blocco e anzi, entro chiudendola a chiave.

"Ops" sventolo le chiavi di casa davanti a lei. "Ne ho una copia se vuoi saperlo, non si sa mai".

Indietreggia, squadrandomi dalla testa ai piedi. Chissà cosa sta cercando.

"E allora perché hai bussato?"

"Volevo vedere se saresti stata abbastanza coraggiosa o stolta da aprirmi la porta nonostante quello che è successo. Ho confermato le mie ipotesi".

"Io voglio sapere perché non mi hai ucciso quando potevi farlo, o chi sei e che cosa nascondi". Continua a camminare all'indietro.

"Non ti ho ucciso perché hai fatto ciò che ti ho chiesto, non hai detto nulla agli altri. Ma se dovessi farlo, ti lascerei il beneficio del dubbio su quello che ti succederebbe. E poi..." noto che non indossa il reggiseno. "Non voglio ucciderti perché farei un torto a me stesso".

Nota che il mio sguardo è puntato sul suo petto. Io la seguo mentre lenti passi uno dopo l'altro si susseguono. "Ti ho puntato un fucile. Non ho problemi a tentare di farti fuori ancora". Dice mentre guarda verso la cucina, più precisamente i coltelli.

"Voglio vederti riprovare allora. Però questa volta non piangere, sii più tenace mentre mi punti un'arma contro".

Corre improvvisamente attorno al mobile della cucina e sfila un coltello, puntandolo verso il mio viso. "Non sfidarmi".

Inizio a ridere. "Ma io adoro farlo, quando mi capiterà ancora una situazione in cui una persona è abbastanza sciocca da provare ad uccidermi? Ce ne sono state di persone, ma loro conoscevano la mia identità. Vuoi sapere che fine hanno fatto?" Senza timore, la affronto posizionandomi davanti a lei. "Li ho massacrati".

La sua mano trema leggermente, ma il suo orgoglio non vuole farglielo ammettere e cerca di nasconderlo. "Che cosa vuoi da me?"

"Sapevo che Stella non fosse a casa, quindi perché non approfittarne? Sono qui per consigliarti calorosamente di andartene". La incalzo.

Sbatte le palpebre, il coltello sfiora il mio petto. "Hai paura che dica ciò che ho visto ai tuoi amici, vero? O alla polizia. In ogni caso non ho detto niente, quindi perché continui ad importunarmi?"

Sorrido. "Credi che la polizia non mi conosca? In ogni caso, che tu lo dica ai miei amici o meno non fa la differenza. Ma la tua presenza invece la fa eccome" mi lecco il labbro inferiore. "Sei una distrazione, un peso per noi e non c'è posto qui per te. È pericoloso, hai avuto un leggero assaggio del perché e non riusciresti a sopravvivere".

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