Capitolo 26. Non puoi raccontare di me

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Scese, evitando di guardarla a lungo,  come si fa con il sole; 

ma vedeva lei, come si vede il sole, anche senza guardare.

Lev Tolstoj

MADISON

Amore.

Spero vivamente di aver sentito male, devo aver sentito male.

Cammino dietro di lui a testa bassa con le mani nella giacca e mi sento a disagio, lui cammina a passo svelto e sembra testo. Capelli ribelli e scuri ondeggiano per il leggero vento che porta il suo profumo su di me. Arriviamo davanti all'aula di diritto, alcuni ragazzi sembrano intimiditi da lui -anzi, lo sono- e abbassano lo sguardo. Delle ragazze invece entrano con i libri in mano e come di consueto volgono lo sguardo verso Jacob, gli fanno l'occhiolino e si sistemano i capelli.

E se avesse già avuto a che fare con queste ragazze?

Improvvisamente mi sento in dovere di mettermi di fianco a lui, abbastanza vicino da far capire che stiamo entrando insieme e le ragazze mi squadrano dalla testa ai piedi, quasi sconcertate. Una più bionda dell'altra, con i loro profumi ultra-dolci che mi fanno arricciare il naso.

Jacob sembra ignorarle, non so se mi sta guardando e io non alzerò lo sguardo per controllare.

"Entriamo". È freddo e distaccato, non come prima che sembrava scherzare con me e dopo che mi portò in quel luogo magico, per nessuna apparente ragione. Ha cambiato improvvisamente umore dopo che mi chiamò in quel modo.

Entra in aula e non si preoccupa se lo seguo. Uno spazio a dir poco esaustivo, con un enorme schermo, sedie su giganteschi gradoni tanto grandi da ospitare minimo un centinaio di ragazzi. È pieno di banchi e computer.

Jacob si reca verso gli ultimi banchi più in alto, ma io vorrei andare avanti per seguire meglio.

"Possiamo metterci più vicini alla cattedra? In caso non capissi alcuni termini durante la lezione". Specifico.

"Non sei costretta a seguirmi, siediti dove ritieni giusto farlo". Procede e sento una lieve tristezza dopo l'affermazione diretta e insensibile che mi ha dato. Ma che gli prende?

Mi fermo, lui procede e stizzita dalla sua risposta vado indietro verso i gradoni più vicini al professore, un uomo sulla cinquantina con capelli grigi ed occhiali. Sorpasso qualche ragazzo che sta prendendo posto e il professore inizia ad accendere lo schermo gigante proiettando sulla parete delle slides.

Mi capita di avere vicino un ragazzo con i capelli scuri, qualche lentiggine e occhi neri, sembra poco più grande di me e dopo avermi guardata qualche secondo mi sorride. Ricambio e prendo il quaderno degli appunti.

"Chiedo scusa, sei nuova? Non credo di averti mai vista e in giro conosco praticamente tutti". Inizia a parlarmi e spero di capire tutto.

"Si, sono nuova. Starò qui in America un anno, sono italiana".

Rimane stupito dalla mia risposta tanto che sgrana gli occhi leggermente. "Ora capisco perché tu abbia questi occhioni e capelli così scuri. Mi chiamo Derek". Mi porge la mano e gliela stringo. Non credevo che avere queste qualità fisiche come i capelli e gli occhi scuri qui fosse così tanto un pregio. Anzi, a vedere tutte queste Barbie ci credo che sia oro per i suoi occhi.

"Madison". Ricambio il sorriso, ma continua a guardarmi e imbarazzata tolgo lo sguardo. Poi finalmente comincia la lezione.

"Benvenuti, studenti. Spero abbiate passato delle buone vacanze. Per chi non mi conoscesse sono il professor Gilbert e nelle mie lezioni approfondiremo tutto ciò che riguarda il Diritto e quanto questa materia possa essere pervasiva all'interno della quotidianità. Vi invito a prestare attenzione, tutto ciò che concerne nelle mie lezioni sarà oggetto d'esame e questa materia è una dei cardini del vostro percorso universitario, spero sappiate apprezzarne il valore. Detto ciò, iniziamo".

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