Capitolo 38

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Hope

Vorrei che la realtà diventasse finzione e che la finzione diventasse realtà, questo pensavo mentre salutavo James e andavo verso il bar dove avrei dovuto incontrare mio padre.

Dopo che James aveva finito di fare la doccia si era offerto di accompagnarmi al punto d'incontro che avevamo stabilito qualche ora prima io e mio padre.

James non voleva che andassi da sola ma gli avevo spiegato che quel poco tempo che avevo a disposizione volevo passarla sola con lui, quindi si era parcheggiato poco più lontano dal bar, non si fidava di mio padre e sapeva che molto probabilmente dopo l'incontro sarei stata male, quindi ha annullato un uscita con Cole e vecchi amici per stare dietro a me, gli avevo detto di andare tranquillamente con loro e che io sarei rientrata con un uber, ma non ha voluto, ha detto che loro avrebbe aspettato la sera, se non il giorno successivo. Ero appena arrivata davanti alla porta del bar quando un dolore fortissimo mi strinse lo stomaco, molto probabilmente provocato dall'ansia che sta letteralmente dominando il mio corpo, la tentazione di tornare da James pregandolo di portarmi a casa era non alta, di più, ma feci un lungo respiro e aprii quella maledetta porta.

Una volta aperta davanti a me si presentò un bar molto accogliente era tutto sui toni del marrone, al bancone si presentavano degli sgabelli con il cuscinetto ricoperto di pelle rossa, mentre dei piccoli tavolini di color marrone chiaro che facevano contrasto con il pavimento occupavano il resto della stanza, mi guardai un intorno ma di mio padre non c'era traccia, così mi sedetti al primo tavolo libero e aspettai, presi il telefono e scrissi sul gruppo con Laila e Alex.

Io: sono arrivata, ma lui non c'è

Alex: stai tranquilla peste, arriverà e andrà bene.

Laila: Alex ha ragione tesoro, non ti preoccupare, andrà bene e per qualsiasi cosa li con te c'è James.

Alex:Già...James😒

Laila: smettila coglione

Alex: fatti i cazzi tuoi

Io: ragazzi, è qui.

Non gli diedi il tempo di rispondere che posai il telefono in borsa, vidi la porta del bar aprirsi, lo riconobbi dal profumo, è l'unica cosa che mi ricordo da quando se n'è andato, lo guardai avvicinarsi a me, aveva una camicia azzurra, dei jeans scuri e delle scarpe da ginnastica bianche, nel mentre che lo stavo osservando arrivò davanti a me e si sedette, "ciao amore mio, come ti sei fatta bella, come stai?", mi stava già facendo troppe domande e io...io non ero minimamente pronta, "ciao...papà, sto bene te?", lui mi sorrise e allungò la mano verso la mia, io la spostai e la misi sotto al tavolo, "oh, bene tesoro", "che ne dici ordiniamo qualcosa?", acconsentii con la testa e lui chiamò il cameriere, "per me un caffè macchiato e per mia figlia una bella coppietta con gelato alla fragola", io lo guardai e lo interruppi, "non mangio il gelato alla fragola da quanto te ne sei andato", feci un respiro e riportai l'attenzione sul cameriere, "per favore mi porti una coppa di gelato alla vaniglia e delle scaglie di cioccolato, grazie", il cameriere mi sorrise e se ne andò con il nostro ordine, " allora tesoro, cosa mi racconti è passato tanto tempo" 

l'ansia era ormai svanita e stava lasciando spazio solo alla rabbia, lo guardai attentamente, aveva un sorriso stampato in faccia come se si fosse dimenticato degli anni passati, " sicuramente non è colpa mia se è passato così tanto tempo", il suo sorriso scomparve in tempo zero, abbasso leggermente e poco dopo mi guardò negli occhi, "sai, Samanta ti vorrebbe conoscere, ha due figli meravigliosi", io feci una piccola risatina, "non sono interessata", lui sbuffò, "Hope.. io ci sto provando, io sto provando a recuperare un rapporto con te, ma tu, tu mi respingi", io feci una risata forse un pochino troppo rumorosa, lo guardai e gli puntai il dito contro, "tu non hai fatto proprio niente, io all'età di quattordicenni ti cercavo, io, non tu che ne hai cinquanta, ti rendi conto?", lui mi guardò sorpreso, "abbassa la voce, evitiamo di fare brutte figure", io restai scioccata, "perché te ne sei andato?", "io non me ne sono andato, è tua madre", io lo interruppi subito, "mia madre non c'entra un cazzo, sei stato tu che hai preferito un'altra famiglia, quindi assumiti le tue cazzo di responsabilità invece di gettare la colpa sugli altri", feci per alzarmi ma lui mi afferrò per la mano, "siediti, ora parliamo"

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