Capitolo 41.

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Dire che era riuscita a chiudere occhio anche solo per un'ora durante la notte, sarebbe come recitare una blasfemia su di un palcoscenico, oppure come bestemmiare in una chiesa e come prendersela vanamente contro di Dio per aver tirato male la linea dell'eye-liner, perché se a stento Giorgia era riuscita a riposare giusto per mezz'ora era già da considerare tanto.

Non aveva avuto pace per tutta la santa nottata, si era girata e rigirata su quello stramaledetto divano innumerevoli volte in cerca di una pozione che le risultasse comoda e che non le facesse dolere il piede, ma non era riuscita ad ottenere neanche il minimo della tregua desiderata per nemmeno una frazione di secondo. Il fastidio che provava alle dita del piede destro era mostruoso e si era anche tramutato in atroce dolore nel giro di pochissimo tempo a partire dal momento in cui la ragazza con i capelli neri si era andata a coricare convinta che distendendosi esso se ne sarebbe del tutto andato.

Seppur ci avesse provato e sperato, Giorgia non era riuscita a controllarlo ed a placarlo in alcuna maniera, nonostante anche il fatto che una volta tornata a casa, Lauren le aveva fatto mettere sopra del ghiaccio. Il suo piede destro oltre ad essersi colorato di uno strano e brutto viola, tipico dei lividi e delle contusioni, si era anche gonfiato talmente tanto che al mattino successivo la Carrington non si era neanche potuta infilare le scarpe per camminare e guidare, rimanendo costretta a tornare al campus zoppicando, con un solo calzino e lasciando il posto al lato del guidatore a Dinah.

Ariana l'aveva pregata di farsi portare da lei al pronto soccorso prima di tornare al campus così da fare dei raggi, avere una chiara diagnosi ed una efficiente cura medica che potesse farle passare il dolore, ma la più piccola non l'aveva voluta ascoltare ed in ospedale non ci era voluta andare neanche sotto costrizione.
Giorgia non aveva dato retta a nessuna delle sue amiche, ciascuna delle quali aveva provato, a proprio modo, a convincerla nel farsi dare una guardata da un ortopedico; si era impuntata ed imbronciata talmente tanto che Normani, ad una certa, l'aveva mandata a quel paese arrendendosi definitivamente e smettendo di provare a convincerla.

La più piccola era tornata in camera sua per lavarsi e darsi una sistemata prima di recarsi in classe, credendo e sostenendo del suo dolore che esso non fosse così esagerato da farla assentare dalle lezioni per andare in ospedale ma che potesse venir baypassato e trascurato tranquillamente. Secondo la ragazza non valeva la pena mancare alle lezioni di anatomia e di storia dell'arte per una sciocchezza simile, a suo dire si trattava di un dolore normale e consueto a ciò che le era capitato, dovuto solo ed esclusivamente al forte impatto che il suo piede aveva avuto con il cemento dell'aiuola la sera prima e non riteneva necessario farsi visitare da nessuno poiché, molto probabilmente, sempre secondo il suo punto di vista, nel giro di pochi giorni il piede non le avrebbe fatto più male ed il dolore si sarebbe del tutto estinto, lasciando in lei solo il ricordo di una brutta notte passata insonne.

Sebbene ciò, a suo malgrado, i giorni continuavano a trascorrere ma il dolore non accennava né ad andarsene né a diminuire e così come lui non se ne andava neanche il fastidio che le impediva di camminare come una persona normale.
Le sue dita rimanevano gonfie e scure da più di quattro giorni e non ci provavano nemmeno a riprendersi ed tornare come erano prima, anzi, peggioravano di giorno in giorno, chiunque a lei vicino poteva notarlo.

Le facevano un male atroce ed oltre ad impedirle di appoggiare per bene il piede a terra, le impedivano anche di muoversi in modo corretto ed in modo normale, tutto ciò poiché il fastidio oltre ad aver preso possesso delle sue dita, si andava a riflettere anche sul ginocchio il quale, giustamente, accusava l'appoggio irregolare dell'arca plantare.

Durante le sue molteplici camminate giornaliere, che nonostante tutto lei non aveva messo in pausa, a causa del forte dolore la ragazza spesso si ritrovava ad imprecare ed a piangere; non riusciva a muoversi così come le sarebbe piaciuto poter fare, così come il suo cervello malato le imponeva di fare e ciò la esasperava.
Si sentiva un teletubis quando camminava ed oltre al fastidio fisico, dentro di sé avvertiva anche della frustrazione che con il passare dei giorni andava rendendola sempre più nervosa e sempre più insopportabile. Molto più di quanto lo era già per natura.
Si era tramutata in una rompi balle cronica, svilente come un picchio che ti batte sul vetro della finestra dalla mattina alla sera senza tregua.

𝐀𝐦𝐨𝐫 𝐃𝐞 𝐄𝐧𝐠𝐚𝐧̃𝐨Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora