57.Sofia

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Tre settimane dopo.

Ero in piedi davanti allo specchio da ore, fissando il mio riflesso con aria critica. Quel costume di Halloween proprio non mi convinceva. La maglietta corta che lasciava scoperta una porzione del mio stomaco mi metteva a disagio, e non riuscivo a smettere di tirarla giù, cercando di coprirmi.
"Allora, come ti sta?" chiese Amanda, apparendo alle mie spalle e posando le mani sulle mie spalle.
"Non lo so, non mi sento a mio agio." risposi, continuando a sistemare nervosamente il tessuto.
"Ma dai! La dottoressa sexy fa impazzire tutti i ragazzi, dovresti saperlo." disse Amanda con un sorrisetto malizioso.
"Sì, ma... non so se voglio farli impazzire." borbottai, evitando il suo sguardo.
Amanda sospirò, incrociando le braccia. "Sofia, devi dimenticare Gabriel in fretta."
"Non so se ci riuscirò mai." ammisi a bassa voce, sentendo un peso schiacciarmi il petto al solo pronunciare il suo nome.
"Ci riuscirai." disse con sicurezza, come se ne fosse sicura.Poi prese una bottiglietta di sangue finto dalla scrivania. "Adesso vieni qui, aggiungo il tocco finale."
Mi girai verso di lei con riluttanza, e Amanda si mise al lavoro. Con movimenti precisi e rapidi, iniziò a sporcarmi di sangue finto proprio nei punti strategici del costume, come lungo le scuciture e sulle maniche.
"Un po' sul viso e sei pronta." aggiunse, appoggiandomi delicatamente un po' di sangue finto sulla fronte, come se avessi sbattuto la testa contro qualcosa.
"Non è troppo?" domandai, guardandomi di nuovo allo specchio e inclinando la testa per osservare il risultato finale.
"No, sei perfetta. Halloween = Sangue." dichiarò, con un sorriso soddisfatto.
Osservai il mio riflesso, cercando di convincermi che tutto questo fosse solo un gioco, una distrazione. Ma sotto quella maschera di sangue finto, sapevo che non potevo nascondere ciò che provavo davvero.
Mi sistemai i capelli e, insieme ad Amanda, scendemmo al piano di sotto. Appena entrati in cucina, un profumo dolce mi colpì piacevolmente. Marlene stava mescolando l'impasto con una grande cucchiaio di legno, concentrata.
"Cosa prepari di buono?" chiesi entrando, osservando la scena.
"Una torta di mele." rispose Marlene senza distogliere lo sguardo dalla ciotola. Poi mi guardò, notando il mio outfit. "Tu dove vai vestita così e piena di sangue?"
"Alla festa di Halloween." risposi con una smorfia, cercando di sembrare più disinvolta di quanto mi sentissi in realtà.
"Non stiamo esagerando un po'?" chiese, alzando un sopracciglio.
"Dillo alla signorina." risposi, indicando Amanda che entrava in cucina con un sorriso soddisfatto. "Non volevo vestirmi così."
"Io? Devi fare strage di cuori, devi attirare la loro attenzione." disse Amanda, alzando le spalle come se fosse la cosa più ovvia al mondo, mentre si sedeva sul bancone con un'aria complice.
"Stai zitta che ti conviene." risposi, ridendo nonostante fossi ancora un po' tesa per l'idea della serata che mi attendeva.
Marlene scosse la testa, sorridendo tra il divertito e il preoccupato.
"Tra pochi giorni ci sarà la laurea di Gabriel, ci verrai vero? Ha bisogno di noi." disse Marlene con un tono dolce, ma mi sentii stringere il cuore. Gabriel... Solo pensare a lui mi faceva venire il nodo in gola. Non riuscivo a immaginare di vederlo di nuovo, non senza che il dolore mi travolgesse come un'onda.
"Non so se riesco." risposi, le dita che si intrecciavano nervosamente, come se potessi distrarmi da tutto il caos che avevo dentro di me.
"Perché non fate pace?" insistette Marlene, con un'espressione che tradiva la sua sincera preoccupazione. "Lui ti ama davvero. So che ha sbagliato, ma tutti sbagliano, non credi?"
"Marlene, io non ho più fiducia in lui. Credi che io non voglia chiarire tutto? Mi manca come l'aria, ma non posso dimenticare tutto così,come se nulla fosse." dissi, cercando di trattenere le lacrime. La mia voce tremava, e quel groppo alla gola mi impediva di respirare come se dovessi trattenere tutta la tristezza e il rancore che avevo accumulato.
Lei non rispose subito, ma il suo sguardo si fece più morbido, come se capisse esattamente il tormento che stavo vivendo. Dopo un attimo di silenzio, Amanda, sempre pronta a darmi una spinta quando più ne avevo bisogno, cambiò argomento.
"Dai, Sofy, meglio se andiamo o facciamo tardi," disse, interrompendo il silenzio pesante che si era creato. Era il suo modo di tirarmi fuori da quel vortice emotivo, e io le ero grata per riuscire a capire quando stavo per crollare. Amanda sapeva sempre come farmi sentire che non ero sola.
Mi asciugai rapidamente le lacrime, sentendo il peso delle sue parole che mi rimbombavano nella testa. Gabriel mi amava davvero? Forse. Ma forse non bastava.
Appena mettemmo piede fuori casa Amanda non smise di guardarmi.
"Hey, andrà tutto bene, mi hai capito?" Disse, mentre con un gesto delicato asciugava le lacrime che avevo cercato di nascondere.
Annuii, ma il mio cuore sembrava pesante, come se ogni battito fosse una spinta contro il mio petto. Feci un respiro profondo, cercando di scacciare i pensieri che mi assillavano.
Salimmo in auto, e mentre mi allacciavo la cintura di sicurezza, non riuscivo a pensare ad altro che a quella sensazione di vuoto che mi accompagnava da giorni. Amanda guidava con calma, ma io ero persa nei miei pensieri. L'unica cosa che desideravo in quel momento era distrarmi. Bere. Non pensare. Essere lontana da tutto questo, anche solo per un po'.
"Sei sicura di voler andare a questa festa?" chiese Amanda, cercando di leggere il mio volto.
Non risposi subito. "Non lo so..." mormorai, la voce un po' più roca. "Ma forse bere mi farà sentire meglio... non voglio essere lucida per un bel po'." La verità era che non volevo pensare a Gabriel, non volevo pensare a nulla. Volevo solo sentirmi lontana dal dolore.

Quando arrivammo alla festa, parcheggiammo l'auto e ci recammo verso la porta d'ingresso e bussammo.
Theo ci venne ad aprire. Lo guardai attentamente , era vestito da zombie,
"Ecco le mie ragazze." Disse abbracciandoci e facendoci entrare.
"Saresti uno zombie gay?" disse Amanda, vedendo come era vestito e il trucco in viso.
"E tu da puttana?" rispose lui con un sorriso malizioso, mentre i loro occhi si incrociavano in una battuta che solo loro due riuscivano a capire.
"Si, la tua." Rispose Amanda, premendogli il viso con un bacio a stampo. Theo si staccò inorridito.
"Eww, che schifo, stai lontano da me." Risi guardando quella scena. Erano due cretini, ma erano i miei amici.
Il mio sorriso si spense quando lo vidi lì in lontananza. Mi paralizzai nel vederlo: Gabriel, vestito da carcerato. La sua tuta a strisce bianche e nere lo rendeva dannatamente sexy, e il trucco che aveva applicato sul viso era perfetto. Appena mi vide, mi scrutò dalla testa ai piedi, leccandosi le labbra. Il mio viso andò a fuoco. Perché continuava a fare questo effetto su di me?
"Non è possibile..." sussurrai tra me e me, mentre cercavo di ignorarlo.
"Vado a bere qualcosa." Dissi, cercando di allontanarmi dalla sua presenza che continuava a farmi provare emozioni contrastanti. Mi avvicinai al bancone e cominciai a bere velocemente, scolando almeno cinque bicchierini. L'alcol bruciava la mia gola, ma non mi importava. Dovevo farcela, dovevo spegnere la mente.
"Non stiamo esagerando?" Sentii la sua voce alle spalle, quella voce che conoscevo troppo bene.
"Mhh, non credo." Risposi, girandomi verso di lui. Non potevo evitare di guardarlo, anche se la sua presenza mi confondeva.
"Tu non lo reggi l'alcol, sei già ubriaca." Gabriel disse, ridendo in modo per niente simpatico.
"Non sono ubriaca, sono brilla. È diverso." Risposi con una leggera sfumatura di sfida, ma la verità era che lo stavo dicendo più per convincere me stessa che lui.
All'improvviso, sentii le sue mani afferrarmi dai fianchi e, in un attimo, mi ritrovai troppo vicino a lui. Il respiro mi si fermò per un attimo.
"Cosa stai facendo?" La mia voce tremò. Sentivo le sue mani muoversi sui miei fianchi, avvolgendomi. Era come se tutto ciò che avevo cercato di ignorare in questi giorni si stesse facendo strada con prepotenza.
"Con questo vestito, sei dannatamente sexy." Gabriel mormorò, mordendosi il labbro inferiore, e quella frase mi fece venire un nodo allo stomaco.
"Metti giù le mani." Non riuscivo a nascondere la rabbia nella mia voce, ma anche una parte di me desiderava fermarsi, cedere. Ma ero decisa a non farlo. "Non stiamo più insieme." Aggiunsi, cercando di respingerlo, ma la mia forza stava vacillando.
"Lo so, ma non posso resistere se ti vesti così." Gabriel sussurrò, mentre le sue mani si muovevano lentamente lungo la mia pelle. "Hai risvegliato qualcosa qui."
Sentii la sua mano afferrare il mio polso, portandolo sul cavallo dei suoi pantaloni. Il mio corpo si irrigidì, il respiro mi mancò. No, non potevo. Non volevo.
"Gabriel, smettila." Sussurrai, cercando di allontanarmi, ma la sua presa era troppo forte, e la mia mente era in preda al caos.
Senza nemmeno pensarci, lo spinsi via con forza. Il cuore batteva all'impazzata e la rabbia mi faceva tremare. "Non puoi continuare a comportarti così! Hai rovinato tutto e adesso ti diverti a farmi sentire come se non fosse successo nulla?"
Gabriel fece un passo indietro, quasi dispiaciuto dal mio rifiuto. "Non posso fare finta che non ci sia più niente tra noi. E tu, lo sai."
"Non c'è più nulla da un bel po'." La voce mi uscì più rotta di quanto volessi, ma era la verità. Sentivo il mio corpo che mi tradiva, il desiderio che mi consumava ogni volta che lo guardavo, ma ero troppo arrabbiata per permettergli di vincere di nuovo.
Lui mi fissò intensamente, gli occhi scuri come il cioccolato, pieni di una passione che non era mai sparita. "Pensi davvero che io possa dimenticarmi di te ? Di noi?non ci riesco Sofia perché io ti amo." Disse quasi esasperato.
" Smettila di dire quelle due parole. Non ti credo più, non riesco più a fidarmi di te perché la verità è che tu non mi hai mai amata come pensavo."
Lui sembrò colpito dalle mie parole, ma continuò a non allontanarsi. "Non posso fare finta di niente quando mi sei accanto. Non ci riesco a stare lontano da te." Ogni parola che usciva dalla sua bocca mi faceva venire voglia di urlare, ma mi trattenni. Non avrei più lasciato che i suoi sentimenti minassero la mia determinazione. Mi girai e cercai di allontanarmi, ma la sua mano mi afferrò delicatamente.
"Sofia ti prego...Non voglio perderti per sempre."
Mi bloccai per un attimo, il cuore in tumulto, ma poi con forza mi liberai dalla sua presa. "Mi hai persa nel momento in cui hai accettato quella scommessa di merda."
Mi voltai e uscii dalla stanza, la testa piena di pensieri confusi, ma decisa a non farmi più influenzare dalle sue parole. Non gli avrei più permesso di farmi del male.

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