Il treno rallentò, e il cuore mi batteva forte nel petto. Il paesaggio che si stendeva davanti a me, con il castello maestoso di Hogwarts che si ergeva in lontananza, sembrava irreale. Non riuscivo a credere che stavo per entrare in quel mondo. Quello che avevo visto nei libri, quello che avevo solo sentito raccontare, stava diventando realtà. Hogwarts. La scuola che avrebbe deciso chi ero, o almeno avrebbe provato a farlo. Ma come avrebbero potuto decidere? Chi ero davvero?
Neville sembrava lo stesso, nervoso ma anche incredibilmente entusiasta, come se il suo destino fosse legato a quel luogo in modo più tangibile. Io, invece, avevo un senso di disconnessione, un sentimento che si faceva largo in mezzo a tutta l'eccitazione, come una sorta di disagio che non riuscivo a scuotermi di dosso.
Il barcone che ci portava al castello era affollato di studenti, ma io e Neville eravamo seduti insieme, cercando di ignorare il freddo che veniva dall'acqua e l'eccitazione che cresceva. La luce fioca del tramonto illuminava il castello, che sembrava fluttuare sul lago, come una visione da un'altra dimensione.
Quando arrivammo, ci fu una lunga camminata sotto i portici del castello, i nostri passi che rimbombavano nel silenzio, fino a una grande sala. Le candele fluttuavano sopra di noi, e il tetto sembrava sparire nel cielo stellato. Era tutto così... magnifico.
Un uomo anziano, con un'espressione seria e severa, ci accolse e ci guidò verso il centro della sala. I suoi occhi erano penetranti, come se cercasse di leggere qualcosa di profondo dentro di noi. "Benvenuti a Hogwarts," disse con voce autoritaria, "siete qui per essere smistati nelle vostre case."
Guardai il palco di fronte, dove un antico cappello stava appoggiato su uno sgabello. Sembrava quasi... vivo. Inizialmente non ci pensai troppo su, ma più mi avvicinavo, più mi sentivo tesa. Mi chiesi quale casa avrebbero scelto per me. E se mi avessero scelto davvero, o se avrebbero visto qualcosa che non volevo che vedessero.
Il cappello si sollevò lentamente, e le voci silenziose sembravano crescere dentro di me, quasi come sussurri di vecchie ombre.
"Ah... una nuova arrivata," sussurrò il cappello, la voce che risuonava direttamente nella mia mente. "Interessante. C'è molta ambizione qui. E una spinta profonda, un potere antico che cerca di affiorare. Ma qualcosa di più... qualcosa che il mondo teme. La tua è una mente acuta, ma non è solo la tua intelligenza che risplende. Tu porti dentro di te una grande oscurità, ma anche una grande forza."
Non ero sicura se stesse parlando di me, ma mi sentivo come se il cappello fosse riuscito a vedere cose che non avrei mai voluto che qualcuno sapesse. Non potevo fare a meno di chiedermi: perché? Perché sembrava che il cappello conoscesse tutto di me?
"Non lo so... non posso essere certo, ma l'eredità di potere è evidente." il cappello continuò, "E c'è una parte di te che brama il controllo, brama il riconoscimento. Le tue origini... quella connessione... sono forti. Eppure... c'è anche qualcosa di più. Un desiderio di non essere definita da chi ti ha preceduto. Di scegliere un cammino tutto tuo."
Mi scossi, non riuscendo a trattenere un brivido. La mente del cappello sembrava frugare nei miei pensieri, come se mi leggesse dall'interno.
"Serpeverde," mormorò infine, e la sala sembrò trattenere il respiro per un momento.
Un'ondata di sussurri percorse la sala. Non avevo pensato che avrei finito in quella casa. Serpeverde. La casa di chi aspira a qualcosa di più, di chi non si accontenta mai. Ma perché? Perché proprio quella?
Alzai lo sguardo verso il tavolo dei Serpeverde, dove tutti gli occhi si erano fissati su di me, e c'era una mescolanza di espressioni: alcuni curiosi, altri indifferenti. Ma c'era uno sguardo che spiccava. Era quello di un ragazzo biondo, con un'espressione affilata, che sembrava osservare ogni mio movimento con un interesse che non riuscivo a definire.
"Benvenuta a Serpeverde," disse il professore, il suo sguardo più severo di prima.
Mi incamminai lentamente verso il tavolo, sentendo gli occhi di tutti addosso. Le voci della sala sembravano aumentare, ma io mi sentivo come se fossi in una bolla, distaccata dal resto. Perché proprio Serpeverde? Cosa significava tutto questo? Ma mentre mi sedevo, la sensazione di essere davvero diversa da tutti gli altri si fece sempre più forte.
Non avevo ancora capito del tutto che cosa stava accadendo, ma una parte di me, quella più profonda e più oscura, cominciava a capire. Serpeverde non era solo una casa. Era il mio destino. E forse, dopotutto, non potevo cambiarlo. Non potevo sfuggire al sangue che scorreva nelle mie vene. Non potevo sfuggire alla mia eredità.
Mentre mi sedevo al tavolo dei Serpeverde, il mio sguardo si incrociò con quello di Draco Malfoy, che stava seduto un po' più lontano, ma comunque abbastanza vicino da farsi notare. Mi riconobbe subito, e un'ombra di curiosità si dipinse sul suo volto. Non era il tipo che guardava chiunque con interesse, ma in quel momento sembrava diverso. Quasi... divertito.
Il nostro incontro al negozio di vestiti sembrava un'eternità fa, eppure non riuscivo a togliermi dalla testa la sua espressione di disprezzo e quel suo sguardo così gelido. Non avevo dimenticato i suoi occhi freddi e pieni di un giudizio che non avevo mai avuto modo di comprendere.
Mi chiese se mi sarei fermata a guardare il suo stesso tavolo, ma non lo feci. Fissai il mio piatto, cercando di ignorare il fatto che tutti sembravano aspettarsi qualcosa da me. Non mi interessava il suo giudizio, non mi importava cosa pensava lui o chiunque altro. Ma sapevo che un conflitto era inevitabile. La sua famiglia aveva una lunga storia con la mia. Non avevo bisogno di dirlo ad alta voce per saperlo. Non potevo semplicemente ignorarlo.
"Allora, nuova arrivata in Serpeverde?" disse una voce dietro di me. Era Draco, che aveva deciso di avvicinarsi.
Mi voltai lentamente. Il suo sorriso era più che sardonico, come se avesse appena trovato la preda giusta. "Sai," continuò, "avrei scommesso su una casa diversa per te. Non ti vedo proprio come una tipica Serpeverde."
Feci un sorriso appena accennato. "E invece, sembra che tu ti sbagli."
"Magari," rispose lui, ma c'era qualcosa nel suo tono che tradiva un leggero disappunto, come se fosse stato sorpreso dalla mia risposta.
"Come mai ci sei così tanto interessato?" chiesi con sarcasmo, senza guardarlo completamente. Non avevo intenzione di cadere nel suo gioco, ma non avevo neppure voglia di farmi mettere sotto.
Draco rise, ma non in modo genuino. Piuttosto come se stesse cercando di mantenere un certo controllo della situazione. "Non fraintendermi, non mi interessa davvero. Ma è raro vedere qualcuno come te finire in questa casa. Non è proprio il posto per le... riserve, se capisci cosa intendo."
Mi alzai leggermente lo sguardo, il cuore che batteva forte. "Io non sono una riserva, Malfoy. E non sono nemmeno una predestinata. Sono qui perché ci sono arrivata. E tu," aggiunsi con uno sbuffo, "sarebbe meglio se iniziassi a pensare meno ai tuoi pregiudizi e più a come sembri un ragazzino viziato."
Le parole uscirono più acide di quanto avessi previsto, e il suo sorriso scomparve per un istante. Non ero sicura di cosa avessi detto di preciso, ma sapevo che, per qualche motivo, avevo toccato un tasto dolente.
Un silenzio tra noi, che durò un attimo, poi Draco si alzò con un gesto fluido. "Non è che mi interessi più di tanto," disse, la voce ora più fredda che mai. "Ma vediamo quanto a lungo riuscirai a mantenere questa faccia da brava ragazza."
"Lo scopriremo," risposi con un sorriso. Non ero sicura di volerlo fare, ma non avevo paura. Non più. E se Draco Malfoy voleva giocare, beh, allora era il momento di iniziare a giocare anche io.
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L'erede di Merlino
Fiksi PenggemarAudrey Wilson è la nipote del grande mago Merlino. Cadrà nella trappola di Tom Riddle. La sua impulsivtà la metterà nei guai e il giovane Riddle ne approfitterà. Tuttavia Audrey lascerà un'eredità più grande e pericolosa di quanto lei o Lord Voldemo...