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«Dove sei stata, Alessia?»

Il tono provocatorio di mia mamma mi paralizza mentre sto salendo le scale in silenzio. Mi prendo il labbro fra i denti e serro gli occhi.

«Alessia?» mi richiama mia mamma.

«Eccomi.» Scendo le scale il più lentamente possibile e mentalmente prego che in cucina ci sia solo mia mamma. Tiro un lungo sospiro di sollievo quando i miei occhi incontrano solo i suoi dubbiosi e non anche quelli di mio papà, probabilmente già chiusi e addormentati.

«Allora? Dove sei stata?» insiste. I miei occhi cadono sulle mie scarpe, mentre quelli della donna davanti a me bruciano sulla mia pelle. Una mano è appoggiata sul suo fianco, mentre l'altra la sorregge sul piano cottura.

«Sono uscita» generalizzo.

«Questo l'ho notato. Dove?»

Alzo lo sguardo, titubante, forse troppo. «Qua in quartiere.»

«Con chi?»

Deglutisco. Ora cosa le dico? Dell'appuntamento non voglio che sappia niente, ma Nash prima mi aveva detto che mi avrebbe aiutata solo con la felpa. Per il resto dovevo arrangiarmi.

«Con i ragazzi. Con Shawn, Hayes, Nash... Quelli lì.»

Da quando dovrei dare ascolto a Nash? Chi se ne frega se non vuole aiutarmi, adesso è costretto - anzi, lo costringerò io. Quello che mi dice Nash non deve importarmi, quindi perché non avrei dovuto dire che eravamo usciti insieme a tutti i ragazzi?

«Ah, okay.» Mi guarda ancora non convinta, ma spero non mi chieda altro. «Va bene. Vai a letto» ordina. Un sorriso e un sospiro di sollievo lasciano le mie labbra, e il groppo che avevo in gola si scioglie, facendo sembrare tutto più leggero.

Obbedisco a mia madre e come un razzo corro in camera. Mi spoglio velocemente e mi metto il pigiama, poi vado in bagno. Mi sciacquo il viso solo con l'acqua, dato che per lo struccante dovrei fare più procedimenti, e adesso sono veramente stanca. Dopodiché, lasciando scorrere un attimo l'acqua, prendo lo spazzolino, ci metto sopra il dentifricio e lo passo sotto il getto dell'acqua. Quando il pungente sapore della menta si fa spazio nella mia bocca, una sensazione di freschezza invade i miei sensi. Quando mi risciacquo, il mio respiro è più fresco e profumato. Ritorno in camera mia, ancora con la coda che ho portato per tutta la sera, tanto che molti ciuffi ribelli non riescono a stare dentro l'elastico. Prima di sdraiarmi a letto, controllo il telefono.

Superato livello terzo grado?
Shawn x

Le mie labbra si increspano in un sorriso a trenta due denti e il mio battito cardiaco diventa sempre più veloce.

Superato, per fortuna;)

Sono contento per te;) Allora ti auguro la buonanotte xx

Buonanotte x

Quando mi butto a letto e mi addormento, sogno il prossimo appuntamento con Shawn.

***

«Potresti aiutarmi.»

«Sono le otto e mezza anche per me, Checca.»

Sono infastidita, molto. I nostri genitori ci hanno volute svegliare per dirci che sarebbero stati via tutta la giornata per un qualcosa di lavoro. Il senso di farlo non lo capisco. Avrebbero potuto lasciare un post-it o mandarci un messaggio. Invece no, ci dovevano svegliare e renderci così nervose. Odioso.

«Sai che sono un'imbranata con la caffettiera» si lamenta mia sorella, con la luna più storta della mia.

«Non sono affari miei, allora.» Mi rimprovero per la mia acidità, ma la mattina presto sono sempre così, soprattutto se nessuno mi avvisa che ci svegliamo prima del solito.

«Vaffanculo.» Faccio spallucce e continuo ad inzuppare nel latte il mio biscotto.

«Aaaaah!» strilla Checca esasperata. Sento un forte tonfo e sobbalzo. «Mi arrendo!»

«Cos'hai?» sbotto.

«La caffettiera, il caffé, l'acqua, tutto! Io torno a letto.» Dopo essersi passata una mano sul viso, prende ed esce dalla stanza, tutta arrabbiata e con il fumo che le esce dalle orecchie. Un sorrisetto s'impadronisce delle mie labbra alla reazione di mia sorella e poi vengono bagnate dal latte fresco, prima di berne un sorso. Finisco di mettere la tazza nel lavandino insieme alla caffettiera mezza rotta di prima, e poi torno a letto anche io. Chissà cosa sta facendo Nash. Starà dormendo, come minimo. Ma perché mi sto chiedendo che cosa stia facendo lui? Cosa mi interessa? Niente.

La voglia di vederlo mi pugnala alle spalle. Vorrei prendermi a schiaffi per questa strana situazione, vorrei capire che cosa mi stia succedendo. Non è possibile che allo stesso tempo voglio vedere Shawn e Nash. Sono sicura che Nash non voglia vedermi. E se non fosse così? Se anche lui volesse vedermi? Ma a che scopo? Litigheremmo o ci insulteremmo a vicenda, quindi che senso avrebbe? Resto un bel po' di tempo a pensarci su, prima di riaddormentarmi.

Quando mi risveglio, la vibrazione del mio telefono si espande per tutta la stanza.

Tutto bene?
Baci, Mamma x

Le rispondo subito per non metterla in pensiero.

Tutto bene.

Mi raccomando, state attente. Se hai fame chiedi a Checca o semmai preparati una pasta.

Okay, le rispondo alla fine, senza ricevere altri messaggi. Da come dice il mio telefono, sono le undici. Vorrei tanto rimanere a letto, ma la mia forza di volontà prevale sulla pigrizia, facendomi alzare. Mi vesto comoda: un paio di shorts di tuta grigi e una maglietta nera. Poi calzini, Vans e vado giù in salotto. Checca è impegnata a parlare al telefono, quindi ne approfitto per uscire un attimo, dato che devo parlare a Nash della scusa che avevo utilizzato con i miei genitori. Chissà se mi avrebbe ascoltata o mi avrebbe mandato a quel paese. Dico a mia sorella che esco per un paio di minuti e poi mi dirigo verso casa di Nash. Prima però gli mando un messaggio.

Vienimi ad aprire. Ti devo parlare

Non mi aspetto una risposta, quindi vado diretta verso la porta dei miei vicini. Ho lo stomaco leggermente sottosopra e la bocca secca. Spero mi apra Nash e non qualcun altro. Busso tre volte. Aspetto un minuto prima di sentire lo scatto della porta aprirsi.

«Cosa vuoi?» Gli occhi socchiusi per la luce troppo forte e la voce roca per colpa della mattina rendono Nash particolarmente attraente.

Alessia, che dici? Smettila.

La smetto, sì, meglio.

«Ti devo parlare.»

«Lo avevi scritto anche nel messaggio, quindi parla» ribatte secco.

Alzo gli occhi al cielo, sospirando. «Ho detto ai miei genitori che sono uscita insieme ai ragazzi», sussurro guardando per terra. Immagino come saranno gli occhi di Nash se solo mi fermassi a guardarli. Mi fulminerebbero.

«E ho fatto anche il tuo nome.»

Alzo finalmente gli occhi verso di lui. Si pizzica il ponte del naso in una smorfia che non riesco a decifrare.

«Ti avevo detto di arrangiarti» ringhia incontrando finalmente i miei occhi, appoggiandosi allo stipite della porta.

«Secondo te io ti avrei ascoltato? Comunque adesso ti prego di reggere il gioco.»

«Assolutamente no» tuona e poi entra di nuovo dentro casa, ma blocco la porta con il piede, facendomi male.

«Per favore, Nash» lo supplico. Io che supplico Nash. Non pensavo sarebbe mai potuto succedere. Si gira riluttante verso di me e mi lancia un'occhiata piena di disprezzo. Potrei percepirlo.

«Okay, va bene» dice alzando le mani in aria. «Ma allora tu dovrai ricambiare il favore.»

Oddio, chissà cosa dovrò fare per lui adesso. Era meglio se mi inventavo qualche altra scusa.

Accetto riluttante.

«Cosa dovrei fare, quindi?»

Il suo sorriso che la sa lunga e la sua espressione mi fanno pentire di avere accettato.

My hero wears  Vans || Nash GrierDove le storie prendono vita. Scoprilo ora