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«Tutto bene?» domanda avvicinandosi.

«Sì, quasi» mugolo con gli occhi sulla maglia ormai tutta rossa. «Mi è caduta la pizza addosso.»

«Vuoi che chieda a Cameron se ti può prestare una maglietta?»

Lo guardo negli occhi come se stessi guardando il Messia, il mio salvatore.

«Sì, te ne sarei grata» dico, mentre il sangue affluisce rapidamente alle mie guance.

«Torno subito» sorride prima di uscire dalla stanza. Pochi minuti dopo, ritorna da me seguita da Cameron.

«Sai vero che la pizza si mangia con la bocca e non con la maglietta?» fa prendendomi in giro.

Gli lancio uno sguardo inceneritore, prima di vederlo salire su per le scale ridendo, perdendolo completamente di vista.

***

La serata prosegue tranquillamente, senza per fortuna nessun impiccio: Nash si è comportato come se io e Shawn non esistessimo, quindi niente battute cattive, niente sarcasmo o cose tutte tipiche del caratteraccio di Nash. Non abbiamo giocato ad Obbligo o Verità, evitando così qualche scomodo inconveniente. Posso dire con soddisfazione che è stata una serata – finalmente – normale e tranquilla, la classica e semplice sera tra amici.

«Grazie mille ragazzi per essere venuti» ci saluta radioso Cameron sulla porta di casa.

«Grazie a te, amico» esclama Carter avvicinandosi a lui e battendogli la mano e facendo scontrare le loro spalle.

«La prossima volta devi darci dimostrazione delle tue abili doti da cameriere» lo deride Shawn vicino a me.

«Il mio talento deve rimanere segreto. Non lo condivido mica con tutti.»

Shawn si lascia scappare una risata, prima di salutare Cam.

«Vuoi che ti accompagni a casa?» domanda poi rivolgendosi a me.

«L'accompagno io» ringhia Nash alle mie spalle, spostandosi accanto a me e quasi sfiorandomi la spalla, cercando di mantenere un tono il più gentile possibile.

«Se non ti dispiace, ovviamente» aggiunge più sarcastico.

Shawn lo guarda un po' spaesato, ma nascondendo il suo sconcerto dietro un sorriso timido.

«Ehm, va bene. Non ci sono problemi» mormora.

«Ci sentiamo più tardi» gli dico in tono rassicurante, cercando di cancellare il tono rude che ha usato nei suoi confronti Nash. «Ti scrivo io» aggiungo.

Immediatamente, le labbra di Shawn si piegano in un sorriso dolce, prima di sussurrare un: «Va bene.»

Ricambio il sorriso, e poi mi metto a rincorrere Nash che già si era incamminato a passo spedito verso casa.

«Mi devi spiegare cosa ti prende, Nash» ringhio raggiungendolo, anche se ancora mi dà le spalle.

«Non mi prende niente» tuona continuando a camminare.

«Infatti è da tutta la sera che sei serio e che ignori Shawn e me» rispondo a tono.

«Cos'è? Adesso vuoi che ti presti attenzioni?» sbraita scattando verso di me e bloccandosi in mezzo al marciapiede.

«Mi sembrava di averti dato abbastanza attenzioni mentre eravamo in cucina da Cameron, non trovi?»

Cerco di formulare qualcosa di sensato da dire, qualcosa che lo possa mettere a tacere, ma non posso ignorare la pugnalata nel petto che le sue parole mi hanno provocato, e tutto il dolore a seguire. Mi hanno sempre detto che la verità, quando si viene a sapere o finalmente si ammette a se stessi, faccia male, sbattuta poi in questo modo in faccia, forse ancora di più.

My hero wears  Vans || Nash GrierDove le storie prendono vita. Scoprilo ora