34

5.6K 383 49
                                    

La mattina passa velocemente, per fortuna senza problemi e senza troppi bambini che danno fastidio. Io e Rose siamo rimaste quasi tutto il tempo a bordo piscina con gli occhi attenti a cosa combinavano i bambini in acqua, scambiandoci qualche parola ogni tanto. Dopo un po' ci ha anche raggiunto Thomas, raccontandoci qualche suo aneddoto simpatico, tanto da farmi sorridere, cosa che non avevo mai fatto per tutta la mattina.

«Penso che strozzerei questi bambini uno ad uno» dico di punto in bianco mentre agito i piedi nell'acqua.

Rose si gira di scatto verso di me con gli occhi sgranati. «Perché?»

«Per il semplice fatto che non li sopporto,» aggiungo alzando le spalle, lasciando scappare un sospiro. Osservo rapidamente i bambini che in questo momento stanno pranzando, scherzando e ridendo alle loro battute - probabilmente che solo loro capiscono.

«Potrei aiutarti» aggiunge Thomas al mio fianco. «Anche io non li sopporto.»

«Come fate a non sopportarli?» ridacchia Rose sistemandosi la coda.

«Fanno solo casino e non rispettano le regole che imponi» argomenta Thomas sporgendosi in avanti per vedere meglio Rose.

«Sono dei prefabbricati. Li hanno impostati per fare le stesse cose tutti i santi giorni. Questo non lo trovo assolutamente adorabile come dite» sospiro.

«Beh, non tutti sono adorabili, hai ragione. Ma sono adorabili comunque!»

«Rose, quello che hai detto non ha senso» ridacchio lanciandole un sorriso divertito.

«Sì, perché se ci pensi-»

«Lasciamo perdere, Rose. Non lo capirebbe nessuno» ride Thomas sistemandosi i capelli.

Rose sbuffa pesantemente, incurvando le spalle in segno di offesa, anche se un sorriso tradisce il suo tentativo di fingersi arrabbiata. Dopo il commento di Thomas, cala un silenzio imbarazzante. Appare vuoto e con il bisogno di essere riempito dalle nostre voci. Posso percepire lo sforzo di Rose e Thomas di trovare qualche argomento su cui parlare. Gli occhi che viaggiano ovunque o che rimangono fissi sull'acqua cristallina della piscina.

Un po' per fortuna e un po' per sfortuna, vedo Nash avvicinarsi a noi. Lo analizzo con lo sguardo, notando subito che il petto è scoperto, lasciando i suoi pettorali scolpiti che luccicano sotto i raggi del Sole per colpa delle goccioline di sudore. Non posso negare che è un bello spettacolo, quello di vedere Nash senza maglietta.

«Vedo che vi state divertendo» scherza sedendosi sul bordo della piscina opposto al nostro tenendo le gambe incrociate.

Né io, né Rose e Thomas lo degnamo di uno sguardo o della minima attenzione.

«Avete deciso di diventare muti o cos'altro?» ridacchia togliendosi le scarpe e immergendo come noi i piedi nell'acqua.

«Pensavamo di restare muti, ma con te è difficile non urlarti contro» dico con voce piatta, squadrando il volto dai tratti scolpiti di Nash.

Lui si lascia scappare una leggera risata. «Non ti è andata ancora giù questa storia, vero?»

Scrollo la testa.

Non mi è passata la storia dei centri estivi - e penso che non se ne andrà mai completamente questa mattina. Forse sto esagerando, ma mi ha dato veramente fastidio saperlo all'ultimo.
Almeno ho trovato Rose e Thomas, e fortunatamente Thomas la pensa quanto me riguardo i bambini.

Rimaniamo in silenzio per un altro po' di tempo, senza sapere precisamente quanto, lanciandoci sguardi seri e privi di qualsiasi emozione.

Mancano solo tre ore, penso. Spero volino velocemente come le precedenti. Sento che ogni muscolo del mio corpo ha bisogno di rilassarsi e non esiste rimedio migliore che sdraiarsi sul letto e lasciarsi abbandonare al dolce e quieto dormire.

***

«Ciao Rose, ciao Thomas» saluto con la mano i miei due nuovi compagni di sventure prima di allontanarmi verso casa con Nash.

«Beh, è andato bene come primo giorno» esclama sistemandosi le mani nelle tasche.

«Sì, dai» sospiro.

Non voglio iniziare una conversazione con lui. L'unica cosa che voglio veramente è sdraiarmi sul mio letto e dormire. Infatti, il resto del ritorno a casa è accompagnato da un silenzio tombale, che nessuno dei due si scomoda a rompere. Se qualcuno passasse per strada e ci vedesse, penserebbe che non ci conosciamo neanche.

Arriviamo a casa senza aver mai parlato e Nash tira fuori le chiavi dalle tasche per infilarle nella toppa della porta.

«Vado a farmi una doccia» esclamo entrando in casa e fiondandomi in camera per prendere il materiale necessario. Lancio sulla coperta blu io mio zainetto e subito dopo afferro asciugamano, intimo e qualcosa da mettere dopo la doccia. Mentre prendo le ultime cose, sento bussare alla porta.

«Alex?»

La voce profonda di Nash mi fa sobbalzare, ma allo stesso tempo mi fa venire le farfalle allo stomaco.

«Dimmi.»

«Va bene la pizza per cena?»

«Nash, sono le quattro del pomeriggio.»

«Era per chiedere» si difende entrando nella stanza e sedendosi sul bordo del letto. Comincia ad osservarmi con occhi penetranti, come se volessero guardarmi dentro. Il mio stomaco si contorce sotto quegli occhi profondi, tanto da farmi andare a fuoco come un fiammifero appena acceso.

«Cosa c'è?» dico con un fil di voce.

«Niente. Ti sto solo guardando.»

«Appunto.»

«Non vedo il problema.»

«Mi metti a disagio.»

Mi fissa profondamente ancora per qualche secondo prima di alzarsi e avvicinarsi. Automaticamente muovo qualche passo indietro finendo con le spalle contro l'armadio, bloccata tra quest'ultimo e Nash.
Il mio petto si alza e abbassa in modo spaventoso e il cuore minaccia si uscirmi dalla gabbia toracica mentre il suo viso si avvicina lentamente al mio.

«Scusa» mormora sulle mie labbra prima di lasciarmi un bacio delicato sulla guancia. I miei palmi sudati sono incollate alle ante dell'armadio mentre osservo Nash allontanarsi ed uscire dalla stanza. Ancora ansimante, cerco di riprendermi dal momentaneo stato di trance che mi è venuto. La mia mente è abitata da un milione di punti interrogativi, adesso. Nash non lo capisco, non lo riesco a capire. Ultimamente è diventato sempre più imprevedibile e non posso aspettarmi niente da lui. Cambia carattere ogni due per uno, diventando da nervoso e frustrato a simpatico e dolce in pochi istanti. Cosa posso prevedere da una persona del genere? Sarebbe capace di urlarmi contro e subito dopo baciarmi senza nessun problema, come se fosse normale.

Con le gambe improvvisamente molli, cammino verso il bagno. Appena ci entro, chiudo la porta alle mie spalle e comincio a spogliarmi. Accendo l'acqua della doccia e metto una mano sotto il getto per sentirne la temperatura. Subito una scia di brividi si fa spazio sul mio braccio, facendomi venire la pelle d'oca. Quando l'acqua raggiunge la temperatura giusta, mi infilo nella doccia, lasciandomi accarezzare dal delicato flusso dell'acqua. Lascio che i pensieri e la tensione vengano trascinati via da esso e che il peso di tutta la giornata si tolga dalle mie spalle in modo da potermi rilassare completamente. Rimango immobile sotto il getto bollente per non so quanto tempo, cercando di stendere tutti i nervi. Cerco di trovare una risposta a tutti gli interrogativi che frullano nella mia mente, sempre che una risposta ci sia veramente.


Ragazze!
Dio, scusate tantissimo per il ritardo! Mi dispiace un sacco, ma questa settimana ho avuto parecchio da studiare, ma ho cercato comunque di andare avanti con il capitolo - che fra l'altro scriverlo è stato come partorire perché non avevo nessuna idea. Comunque eccolo qui. Perdonatemi ancora se ci metto così tanto!
Vi chiedo sempre gentilmente di votare, commentare e spargere la voce!
Se volete essere aggiornate sulla storia, vi avviso che c'è la pagina Instagram @myherowearsvansff e che ho anche creato un gruppo WhatsApp. Se volete farne parte basta solamente che mi inviate il vostro numero di telefono in un messaggio privato e poi vi aggiungo.
Scusatemi e grazie mille ancora per seguire la storia!
Un bacione,
Bea

Ps: Se avete Twitter, correte a twittare l'hashtag - o come caspita si scrive - #ItalyNeedsNash.
We want Nash in Italy!

My hero wears  Vans || Nash GrierDove le storie prendono vita. Scoprilo ora