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Aiutata da Shawn con il suo braccio intorno alle mie spalle, raggiungo casa di Lucy zoppicando e con la caviglia ancora gonfia e dolorante. Non è stato per niente facile camminare per tutto il tragitto in questo modo e per fortuna che Shawn mi ha aiutata, sennò non ce l'avrei mai fatta.

«Grazie mille ancora per tutto» lo ringrazio appena raggiungiamo la porta di casa.

«È stato un piacere» mi sorride. «Mi dispiace solo che quei due ragazzi del parco ti siano venuti addosso e ti abbiano fatto male.»

«Non ti preoccupare, spero solo passi velocemente.»

«Sì, lo spero anche io» mormora guardandomi fisso negli occhi. «Appena entri mettiti subito del ghiaccio e una pomata, mi raccomando.»

«Sì, va bene» dico ricambiando lo sguardo accompagnato da un piccolo sorriso. «Allora a domani.»

«Certo» esclama Shawn sorridendomi. Poi si avvicina al mio viso lasciandomi un delicato bacio sulla guancia, prima di salutarmi con la mano e allontanarsi verso casa sua. Dopo averlo salutato a mia volta, busso alla porta di casa aspettando dolorante Nash che mi apra. Sarà sicuramente ancora arrabbiato per la storia di prima e probabilmente non mi parlerà per tutta la serata.

La porta viene aperta bruscamente, interrompendo il mio flusso di pensieri, lasciando vedere un Nash arrabbiato e con l'espressione corrugata. Senza aprire bocca, si allontana verso il salotto lasciandomi sola sull'uscio.

«Ciao anche a te» borbotto cercando di entrare in casa senza sforzare troppo la caviglia. Pulsa e il dolore è lancinante. Ho cercato di essere il più carina possibile con quei ragazzini al parco, ma ripensandoci forse avrei dovuto tirargli addosso il mio tartufo al cioccolato e mandarli via. Mi avvicino lentamente e con molta calma alla rampa di scale, che da qui in basso mi sembra più ripida e lunga. Da sola non ce la posso fare a salirle e il punto è che mi scoccia chiedere a Nash un aiuto. Prendo il coraggio a due mani e dopo pochi istanti di esitazioni inizio a parlare.

«Nash» lo chiamo da dove sono, senza però ottenere nessuna risposta.

«Nash!» lo richiamo ancora una volta.

«Cosa?» domanda brusco dal soggiorno.

«Mi potresti aiutare a salire le scale, per favore?»

«Ce l'hai sempre fatta da sola, perché proprio oggi hai bisogno del badante?» sbotta.

«Perché ho male alla caviglia e non riesco a muoverla. Per favore, Nash. Io non ce la faccio da sola» lo supplico di venirmi ad aiutare, aspettando che arrivi.

«Arrivo» grugnisce sconfitto. Pochi istanti dopo, appare dal salotto e si avvicina a me fissando immediatamente lo sguardo sulla mia caviglia.

«Cosa ti sei fatta?» domanda indicandola.

«Mi è venuto addosso velocemente uno skateboard» gli spiego. Lui fa un cenno, poi afferra saldamente il mio polso e si porta il mio braccio intorno alle sue spalle, mentre l'altro suo braccio cinge saldamente la mia vita. Saliamo il primo gradino e solo al movimento di alzare il piede, il dolore alla caviglia si intensifica.

«Tutto okay?» mi domanda Nash vedendo la mia espressione.

«No» rispondo sincera. «Mi fa malissimo.»

Nash lancia uno sguardo sulle scale, poi uno velocemente a me e alla mia caviglia mal funzionante. Deciso, prende l'altro mio braccio e se lo porta al collo, poi si piega in avanti portando il suo braccio dietro alle mie ginocchia.

«Datti una piccola spinta» sussurra leggermente piegato.

Come posso, obbedisco alla richiesta di Nash, dandomi uno slancio con il piede buono. Lui mi prende saldamente, circondando la mia schiena con l'altro braccio. Infine, come una principessa mi porta fino in camera mia facendomi distendere sul letto delicatamente.

My hero wears  Vans || Nash GrierDove le storie prendono vita. Scoprilo ora