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Esco esitante dalla casetta di legno. Posso già sentire le voci acute di quelle macchine mangia-piscia-dormi e già ho il mal di pancia. Faccio un veloce segno della croce prima raggiungere Lindsay e Nash - che guarda caso è appiccicato a lei. Subito mi sento schiacciata dallo sguardo di tutti i bambini appena arrivati. Li squadro velocemente per poi rivolgergli il sorriso più falso che mi sia mai riuscito.

«Ciao, ragazzi!» grida Lindsay con la sua vocina acuta. «Bentornati ai nostri centri estivi. Allora, come state?»

Un coro di "Bene!" si alza dal gruppo di bambini sorridenti e troppo felici solo per essere ad uno stupido campus. Non capiscono che i genitori li hanno abbandonati qui? Beh, lo capiranno.

«Cerca di sorridere e di non fare quella faccia da cadavere» mi riprende Nash avvicinandosi al mio orecchio, distraendomi a fissare i vari volti dei bambini. Non lo so perché io ce l'abbia così tanto con loro, ma mi fanno venire solo il nervoso appena aprono bocca, anche se si trattasse della creatura più dolce di questo pianeta.

Mentre Lindsay e altri ragazzi spiegano cosa si farà durante la giornata, mi isolo un altro istante, rimanendo con la mente vuota; proprio come un cadavere.

Solo quando Nash mi smuove la spalla per dirmi di seguirlo, interrompo quel l'attimo di isolamento.

«Hai ascoltato almeno una parola di quello che ha detto Lindsay?» domanda scocciato mentre camminiamo in mezzo agli alberi del parco.

«Non ascolto le oche parlare. Comunque ci aveva già spiegato cosa fare» ribatto.

«Ma perché oggi sei così nervosa? È ancora per la storia di questa mattina?»

Alzo le spalle. «Può darsi.»

«Cristo, Alex. Ti passerà mai?»

«Sì, no, forse.»

Nash sospira pesantemente prima di fermarsi in uno spiazzo verde. Sembrerebbe uno spazio di proprietà privata, dato che è circondato da una staccionata di legno - e anche dal cartello che conferma la proprietà privata. All'interno del confine di legno, ci sono vari scivoli e altalene, poi più distante c'è anche una piscina interrata, con tanto di scivolo e fucili spara acqua. Potrebbe anche scoppiare una guerra, se volessimo. Vicino alla piscina c'è un gazebo bianco. Sotto di esso ci sono due tavoli - anche loro bianchi - e varie contenitori di plastica colmi di fogli bianchi e pennarelli. Poi ci sono un campo di calcio e pallavolo in dimensioni più ridotte di quello che sono di solito.

«Bene. Allora, sediamoci qui» annuncia Lindsay prendendo posto accanto ad una ragazza che prima non avevo notato. I capelli scuri sono raccolti in una cotta fatta velocemente e gli occhi cristallini studiano con attenzione i visi dai lineamenti tondeggianti dei bambini. Da come rimane in silenzio vicino a Lindsay e da come le è seduta accanto, sembrerebbe spaventata da lei, come se per qualsiasi cosa facesse o dicesse, Lindsay le sparerebbe un colpo in testa. Io avevo detto che quella biondina era la classica cretina della città che si trova le sue "amiche del cuore" soltando allo scopo di schiavizzarle. La ragazza seduta accanto a lei ne era una certezza.

«Allora, per conoscerci meglio avevo in mente di fare un giochino» sorride l'oca. «Ci lanceremo questa palla,» dice sventolando in aria una pallina blu. «E chi la riceverà dovrà dire come si chiama, quanti anni ha e cosa gli piace fare.»

Tra i bambini si alza un lieve chiacchiericcio, prima che Lindsay lanci la sfera blu ad un ragazzo dall'altra parte del cerchio.

«Ciao. Mi chiamo Thomas, ho diciassette anni e mi piace nuotare» dice lui allegramente sistemandosi i capelli corti color Nutella. Thomas lancia la palla ad un altro ragazzo, biondo, non molto distante da lui.

My hero wears  Vans || Nash GrierDove le storie prendono vita. Scoprilo ora