Capitolo 15.

279 30 6
                                    

Nonna mi porreva domande su domande ma ci fu un istante in cui mi chiese -non ti manca Chris quando vedi Ross?-

La risposta era ovvia -Sì nonna, mi manca come l'aria nei polmoni, e vedere Ross è come ricevere dei 'vaffanculo' non detti da parte di Chris-

Sospirammo emtrambe finita la mia confessione.

Per il resto del tempo parlammo un po' del più e del meno, nulla che andasse a toccare né il ragazzo del mio passato che tormenta il mio presente, né il ragazzo del presente che mi porta al mio passato.

Non andammo a toccare neanche l'argomento 'serata da omicidio' se così vogliamo chiamare.

Non c'erano dubbi che mi contraddicevano. Nonna non sarebbe mai andata oltre al perché mi trovavo in questa situazione. Ma ella preferì stare lontano da quel campo ad ogni costo e io, la ringraziai mentalmente.

Un'infermiera ci informò che sarebbe passato il dottore fra una decina di minuti per visirarmi e che, comunque mi avrebbero tenuto sotto controllo per un paio di giorni.

Nessuno mi venne a chiedere la causa delle ferite, forse Ross ci aveva già pensato.

-papà passera stasera con Kevin e..- -ti prego dimmi che non viene anche Malina- la supplicai. Lei sospirò -penso che verrà a fare anche lei la sua scena- ammise.

Avrei avuto la famiglia in una lurida stanza. 'Famiglia'. Che poi famiglia non lo era. Non senza mia madre. Non senza lei. La mia non era altro che una villa dove vivevano due business che correvano di qua e là per affari.

Se solo ci fossi tu mamma, pensi che tutto questo casino sarebbe accaduto lo stesso?

Pensi che io sarei in questo posto oggi,se ci fossi anche tu accanto a me?

Pensi che io sia forte, come dice Kevin? Lo pensi mamma?

Io non lo penso. Mamma mand..

-Bethany- mi sento scrollare. -a che stavi pensando?- domanda la donna dagli occhi verdi - alla mamma-.

Non dice nulla e mi stringe in un delicato abbraccio per non provocarmi dolore in eccesso.

Un uomo dalla carnagione olivastra e gli occhi scuri fa capolinea nella stanza. Lo riconisco. È l'uomo del tetto!

-chi si rivede!- esclama entusiasto. Ma che cavolo succede?!

-fammi un po' vedere. .- dice aprendo la cartella clinica e sfogliando qualche foglio inutile. Sbuffo.

-che c'è, non ti piaccio?- domanda il cosiddetto dottor Hill, almeno così c'è scritto sul cartellino che porta appeso al giacchino bianco.

-infatti- dico solo -non devi essere brusca con le persone, rischi di perderle ragazzina- sputa acido lui -non ho nulla da perdere- ringhio infastidita.

-quindi è per questo che stavi per suicidarti sul tetto?- domanda con un ghigno vittorioso tenendo sempre la testa sulla cartella.

Nonna passa gli occhi dai miei a quelli dell'uomo robusto ripetendo il gesto non capendo più niente.

-non lo farei mai- confessai. Le due figure mi guardarono poi il dottore invitò mia nonna a uscire dalla stanza e così fece.

Il dottor Hill si avvicinò sedendosi su una sedia girevole al mio capezzale, si sistemò per bene e disse -faremo qualche esercizio ora-.

Vedendo la mia faccia contorta si spiegò meglio e io mi limitai ad annuire.

-Quindi sei la figlia di Hamilton- affermò dando inizio a un nuovo discorso -che ci facevi sul tetto?- domandai non cortesemente.

◀specchi rotti▶Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora