9°Capitolo-Infermeria

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9°Capitolo

Rimase in silenzio senza darmi una risposta, rimase a fissare il vuoto, assorto nei suoi pensieri.
Guardai l'orologio con la coda dell'occhio, erano passate due ore dallo scontro e le lezioni erano finite lasciando girovagare per la scuola bidelli e infermiere.
Incominciai a guardarmi intorno, non avendo nulla da fare, e vidi dietro il mio letto un balconcino che si affacciava sul lago dietro la scuola. Avrei voluto tanto raggiungerlo, da quello che si poteva intravedere sembrava una vista mozzafiato.
Mi cercai di alzare, ma le ferite sulle gambe me lo impedirono. Il dolore si era moltiplicato rispetto a due ore prima. Rannicchiai le gambe al petto e incominciai a sfiorare leggermente le bende con una mano. Aidan mi guardò serio per poi tornare a guardare in un punto impreciso della stanza.
-A cosa pensi? –chiesi curiosa. Non era vitale per me saperlo, glielo avevo chiesto per spezzare il doloroso silenzio.
Scosse la testa e mi guardò.
-A niente –sospirò –Come vanno le ferite? –continuò.
Lo avevo smosso, era già qualcosa.
Lanciai un'occhiata alle mie gambe che avevo spostato. Stavano penzolando giù dal letto muovendosi ritmicamente. Facevano male, molto male.
-Bene, anche se quelle delle gambe mi impediscono di camminare. Le tue? -
-Bene –rispose semplicemente.
Mi prese ad analizzare con lo sguardo, soffermandosi sui capelli.
-I tuoi capelli sono proprio bianchi. Fanno luce –osservò.
Mi scappò una risata che cercai di soffocare immediatamente. Era da settimane che ci conoscevamo e lui li aveva notati bene solo in quel momento? –Certo, cosa pensavi? Sei daltonico? –chiesi scherzosamente.
-No, sapevo che fossero bianchi, non sono mica scemo, ma non li avevo mai visti al buio, potresti fare il faro -
Mi ravvivai il ciuffo per poi attorcigliare una ciocca attorno all'indice.
-Sono così da quando sono nata –dissi quasi in un sussurro. Era brutto ricordare la mia infanzia, però non potevo far finta di niente.
-Sei un ibrido? -
Alzai le spalle, non sapevo neanche io cosa fossi. Non sapevo perché avessi quella magia, non sapevo perché avessi i capelli e gli occhi di quel colore. Non sapevo praticamente niente di me.
-Così mi hanno definito, anche se non è proprio la parola giusta –non c'era una parola per descrivermi. Per nessuno ci sarà mai una parola per descriverlo alla perfezione. Noi siamo noi, solo questo.
-Se uno ti analizzasse in un primo momento, ti definirebbe un'albina –disse appoggiando le braccia sulle cosce. L'avevo già sentita quella frase, troppe volte.
-Sì, molti infatti mi hanno definita tale. Ma geneticamente non lo sono –incominciai a guardare in basso, verso il pavimento.
-Capelli bianchi, occhi azzurri. La pelle però è normale –disse guardandomi come se mi dovesse sezionare.
-Almeno quella –risposi ridacchiando. Ero anormale in tutto, almeno la pelle dovevo averla normale. L'unica cosa normale. Quelle parole rimbombavano nella mia testa in un loop continuo. Io di mio, non ero normale. Niente di me lo era.
-Nessuno ti prenderebbe per una maga del fuoco –disse Aidan.
-Sì, invece te hai delle caratteristiche distinte. Io adoro i tuoi occhi rossi! –dissi sporgendomi verso di lui ammirando quelle iridi rosse. Mi sarebbe piaciuto avere gli occhi di quel colore.
-Eh lo so, sono troppo belli –scherzò facendomi l'occhiolino assumendo una posa altezzosa.
-Modesto il ragazzo –commentai sorridendo a quella vista.
Gli scappò una risata.
-E gli occhi gialli no? –
-Non me li ricordo –mentii ciondolandomi all'indietro. Me li ricordavo benissimo, ma ogni volta vedere la sua magia era uno spettacolo. Era qualcosa di speciale, mi faceva sentire a casa.
Tese la mano destra verso di me e fece apparire una fiamma nera. I suoi occhi diventarono all'istante colore del topazio.
-Sì dai, sono accettabili –dissi.
Fece scomparire la fiamma, facendo tornare gli occhi rossi.
-E pensare che a me piacciono tanto, mi rendono più figo –ammiccò.
-E i miei come sono? –chiesi spalancandoli più che potevo.
-Carini –sminuì guardando da un'altra parte.
-Ehy! –dissi gonfiando le guance indispettita. A me piacevano tanto e lui diceva solamente che erano carini.
-Scherzo, sono bellissimi –disse con un tono mai sentito in bocca sua. Un sorriso nacque sulle mie labbra.
-Grazie –dissi imbarazzata.
Rimanemmo a parlare fino a quando non ci portarono la cena. Entrò una signora abbastanza anziana, con un sorriso stampato sul volto.
-Ecco a voi da mangiare –annunciò mentre attraversava la stanza con un carrellino. Mi ricordò Luna.
Prendemmo il vassoio e lo appoggiammo sul letto ringraziandola per la cortesia.
-Vedo che state parlando molto –commentò.
-Sì, finalmente si è deciso a parlare –dissi ridacchiando, rivolgendomi ad Aidan.
Lui mi guardò storto. Mi piaceva prenderlo in giro, era un gioco che non mi avrebbe mai stancato.
-Allora vi lascio soli, chiamatemi quando avete finito –disse per poi scomparire dietro la porta.
Appena la chiuse dietro di sé, incominciammo a mangiare talmente tanto velocemente che qualche pezzo mi rimase pure incastrato in gola.
-Finito! –disse Aidan reputandosi vincitore.
-Non vale! –dissi ancora con la bocca piena di verdure.
-Sembri un criceto – disse accennando un sorriso.
Ingoiai tutto di colpo.
-Ehy! Stanotte farai degli incubi se mangi di fretta -
Era una stupida diceria, non credevo a quelle cose. Non avevo mai mangiato in fretta, non ne avevo mai avuto motivo, quindi non avevo mai avuto problemi.
-Da che pulpito! –mi lamentai puntandogli un dito contro. Quello si era direttamente iniettato il cibo nelle vene con la flebo. Era un pozzo senza fondo.
-Dammi qua –disse scendendo dal letto, prendendo i vassoi e lasciarli fuori dalla stanza.
-Io sono stanca –dissi buttandomi all'indietro, atterrando con la testa sul cuscino. Era stata una giornata dura e mi trovavo in un letto di una infermeria, piena di bende e con un dolore atroce alle gambe.
-Anche io –disse Aidan facendo lo stesso.
-Allora buonanotte –dissi coprendomi con le coperte per poi girarmi verso di lui ad occhi chiusi. Non era affatto una buona idea dormire subito dopo mangiato, ma ero troppo sfinita e avevo un urgente bisogno di riposo.
-Notte –disse per poi spegnere la luce.

Fiamme ovunque.
Intorno a me ogni cosa bruciava.
Sentivo le urla disperate, i pianti e gli ultimi spiri della gente.
I miei occhi erano inondati dalle lacrime, non vedevo più niente se non fiamme circondarmi piano piano per poi essere risucchiata dentro esse sussurrando un flebile "no"

-NO! –urlai scattando seduta per lo spavento, svegliando di soprassalto Aidan che cadde dal letto. Il cuore mi batteva all'impazzata, i polmoni lavoravano come matti per dare dell'aria al corpo e i miei occhi fissavano un punto della stanza mentre le immagini di quel sogno si susseguivano nella mia mente come un film.
-Che cosa è successo? –chiese spaventato rimettendosi in piedi. Lo avevo svegliato, per una sciocchezza.
Mi guardai attorno con gli occhi spalancati, mentre la luce della luna filtrava dalla finestra.
-Ohy, Julie –disse Aidan schioccando le dita davanti a me. Sussultai, come se fossi risvegliata da una specie di trans momentanea.
-Oh, Aidan –dissi guardandolo negli occhi.
-Che cosa è successo? –chiese preoccupato.
Un'immagine di un corpo carbonizzato davanti a me mi esplose nella testa e mi obbligai a cacciarla via.
-Un incubo –sussurrai. Le immagini non volevano fermarsi.
-Ecco, te lo avevo detto. Vuoi parlarne? –chiese.
Rimasi in silenzio, persa nei ricordi.
-Julie, ne vuoi parlare? -
Scossi la testa per poi sdraiarmi nuovamente, girandomi verso il balcone. Sapevo che voleva solo aiutarmi, però non riuscivo a controllarmi.
-Sicura? –mi chiese un'ultima volta.
-Lasciami in pace –dissi secca. Le parole erano uscite da sole.
Non disse niente e ritornò a letto sbuffando.
Sentii le molle cigolare e le lenzuola spostarsi poi...
Silenzio.

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