60°Capitolo-Parlare

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60°Capitolo

POV AIDAN

-Lasciami passare! –ringhiò la ragazza davanti a me, mentre cercava di scorgere in me qualche buco dove poter scagliare chissà quale strana magia che gli aveva insegnato Adam.
Mi guardava con uno sguardo tagliente, mi trapassava da parte a parte e voleva a tutti i costi che mi togliessi dalla sua strada. Purtroppo, avevo promesso che non sarebbe più entrata in quella stanza, non dopo quello che era successo l'ultima volta.
-Neanche tra un milione di anni. –dissi, guardandomi di sfuggita dietro le spalle. Avrei dovuto dire a Elise che dovevamo iniziare i lavori per blindare quella porta o la ragazza davanti a me l'avrebbe sfondata in pochi secondi.
Sentivo che era forte, molto forte, per quello avevo paura che riuscisse a raggiungere le segrete.
L'unico a poterla fermare ero solo io.
-Ti vuoi togliere? Stai rompendo le palle, Aidan. –cercò di smuovermi in tutti i modi, fallendo miseramente e finendo con i polsi attaccati al muro e la faccia spiattellata su di esso.
-E ora mi molli? -
-Vuoi una caffettino anche? -
Sapeva essere veramente irritante alcune volte. Mi guardava con due occhi pronti ad incenerirmi se solo avessero potuto e, con la sua forza, cercava di smuovermi almeno un po'.
La guardavo serio, irremovibile, non avrei accettato nessuna ribellione.
-Ho capito che mi ami, ma così non è esagerato? –disse, facendomi sobbalzare e allentare leggermente la presa su di lei mentre il mio viso prendeva un colore porpora. E quell'uscita? Da dove era arrivata?
Non appena sentì che allentai la presa, cercò di liberarsi ma, nonostante l'attimo di shock, fui più veloce di lei e la bloccai nuovamente al muro.
-Come mai questa voglia di andare all'inferno? –purtroppo quella frase non aveva doppi sensi o comunque un senso metaforico, lei voleva veramente andare all'inferno, in tutti i sensi. Sapevo che non era assolutamente normale il fatto che io avessi un portale che conduceva ad un altro mondo proprio sotto casa mia, ma era lì e di sicuro non potevo spostarlo.
Si fece improvvisamente silenziosa e guardò verso il muro per non incrociare il mio sguardo, puntato unicamente su di lei. I suoi occhi capii che erano cambiati. Non era più pieno di vivacità, era serio, con qualche nota di tristezza.
-Così. –fece le spallucce. –Non ho più niente da perdere. –
Il mio cuore si fermò per un momento nel sentire quelle parole e mollai la presa. Mi guardò per qualche secondo sorpresa, per poi portare una mano al polso dell'altra per massaggiarseli.
-Non è vero. –sospirai, dandole le spalle.
Si avvicinò di qualche passo, curiosa di quello che avevo appena detto.
-Come può non essere vero? Ho appena perso tutto. –disse, bloccandosi per qualche secondo titubante.
Sapevo quanto facesse male dirlo, ma bisognava essere realisti, non come me che per quasi un anno cercai di trovare qualsiasi scusa che non portasse alla morte della mia intera famiglia. Avevo dormito per mesi sul letto di mia madre e di mio padre, poi dopo quei mesi ero passato al letto di mia sorella e, infine, il mio.
Volevo semplicemente che tutto quello che era appena successo non fosse vero e che sarebbero entrati da quella porta, sorridenti come sempre.
Mi creavo queste immagini per non soffrire, ma col tempo capii che non sarebbero più ritornati e ci fu un periodo dove mi rinchiusi in camera per una settimana, evitando il più possibile il cibo. Bevevo solo ogni tanto da una bottiglietta d'acqua rimasta sul comodino ed Elise cercava in tutti i modi di farmi uscire con frasette ben uscite e dolci parole.
Nonostante in quella camera fossi da solo, fisicamente, sapevo che non lo ero psicologicamente. I miei genitori, mia sorella, erano rimasti con me e non ero solo in quel mondo, c'erano Elise, Leonard, Jack.
-E io chi sarei? –chiesi, girandomi leggermente per vedere la sua espressione.
Poi era arrivata lei.
Stette per aprire bocca ma la bloccai.
-Jenny chi sarebbe? -
Non disse nulla.
-Jack chi sarebbe? -
Abbassò lo sguardo verso il pavimento e cominciò a torturarsi le mani come faceva una ragazza colta sul fatto mentre faceva qualcosa di sbagliato e riceveva una sgridata dal padre.
-Adam chi sarebbe? -
Prese a torturarsi pure il labbro, lo mangiucchiò con i denti mentre io la osservavo.
-E, anche e mi duole dirlo, Light chi sarebbe? -
Sorrise e finalmente alzò lo sguardo verso di me. Era ritornato quello vivace di una bambina.
Era incredibile come lei riuscisse a cambiare emozioni in pochissimi secondi. Era lunatica da far paura, ma anche per quello mi piaceva.
-Non vedi? –dissi, aprendo le braccia, indicando di guardarsi attorno anche se, effettivamente, non c'era nessuno vicino a noi. –Tu sei circondata da persone fantastiche, almeno parlo per gli altri, che ti vogliono solo un gran bene, non ti farebbero mai del male e non vorrebbero che tu te ne facessi. -
Quelle parole fecero allargare il suo sorriso e mostrò i denti bianchi come i suoi capelli. In pochi passi mi raggiunse e mi saltò addosso, facendoci finire per terra.
Era una ragazza strana, non come le altre, sapeva essere una perfetta stronza, testarda e dura di comprendonio ma poi si rivelava essere la più dolce, fragile e vogliosa di coccole di tutte. Sapeva farti ridere con una sola frase, ma sapeva pure ucciderti con un solo sguardo. Sapeva leggerti nella mente, ma anche non capire niente di quello che stavi dicendo o passando.
Sospirai e le poggiai una mano sulla testa, accarezzandole i capelli lattei, ricevendo un'orribile imitazione di fusa di gatto e qualche verso compiaciuto.
Sapevo che adorava quando le si toccava i capelli, a contrario mio che quando me li toccavano diventava una tragedia.
Caso particolare Julie, che al suo tocco mi ero calmato e persino riuscito ad addormentare.
A detta sua, avevo dei capelli morbidissimi e folti.
Lei, purtroppo per me, adorava toccarli e ogni volta che me li sfiorava senza motivo, dovevo trattenermi per evitare di farle una sfuriata e deluderla.
-Grazie. –disse all'improvviso, sorprendendomi e costringendola a farsi guardare in volto.

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