63°Capitolo-Inferno

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63°Capitolo

POV JULIE

Sbuffai per l'ennesima volta da quando quei due demoni mi avevano condotto all'inferno e io avevo ripreso conoscenza.
Non sapevo se essere felice, avendo finalmente raggiunto la meta che tanto desideravo, oppure preoccupata per il fatto che mi avessero rapito i due gran duca.
Avevo capito che non avevano minimamente intenzione di farmi del male o uccidermi quando notai che, alle mie lamentele, non avevano avanzato alcun tipo di minaccia.
I due mi lanciarono un'occhiataccia e strinsero la presa sui miei polsi. Azazel mi teneva il destro e Astaroth il sinistro, sembravano aver paura che io da un momento all'altro potessi liberarmi e farli fuori, eppure avevano visto e provato sulla loro pelle che io ero praticamente nulla in confronto a loro.
C'era sicuramente qualcosa sotto.
In più, nel momento del passaggio all'interno del portale, avevo ripreso conoscenza appena in tempo per vedere brillare la collana che portavo al collo,  reagendo a quel mondo come se ci appartenesse. 
Stavamo camminando per un corridoio lungo e oscuro, illuminato solamente da fiaccole e dai buchi che facevano da finestra e che davano sulle colate di lava.
Mi rendevo conto che la temperatura era particolarmente alta, eppure non sentivo caldo. Quel posto era alquanto strano.
Appena arrivata, avevo sentito un'enorme presenza maligna, due per precisione, ma una si distingueva particolarmente dall'altra. Quasi la sovrastava.
-Strano che tu non dica niente. –commentò il demone alla mia sinistra, particolarmente sorpreso.
Lo guardai di sottecchi mentre l'altro si spostava leggermente per leggere l'espressione sul mio volto, ma non gli diedi molto peso visto che ricominciai a guardare in avanti.
Mi guardai attorno, incuriosita dal cambio d'ambiente. Dal corridoio, spuntammo in una grossa sala fatta con lo stesso materiale dei corridoi. In fondo, delle scale portavano ad un piccolo spiazzo con sopra due sedute enormi e, al loro fianco, altre due più piccole.
Erano troni.
-Sire. –disse improvvisamente Azazel, inginocchiandosi insieme ad Astaroth, finalmente lasciandomi quei polsi che erano diventati viola per la forza utilizzata. Me li massaggiai infastidita fino a quando non sentii ridere qualcuno davanti a me. Alzai la testa di scatto e incontrai gli occhi neri di un demone che avrei sicuramente preso per un umano se non fosse stato per due ali assomiglianti a quelle di una mosca e le unghie lunghe delle sue mani. 
Lo fissai intensamente negli occhi e, non appena si rivolse a me, si illuminarono di rosso. 
-Guarda un po' chi abbiamo qui. –commentò, avvicinandosi a me e prendendomi il viso. Mi trattavano come se fossi un animale da laboratorio da osservare molto attentamente.
Schiaffeggiai via la sua mano con forza tra gli sguardi preoccupati dei due duca dietro di me mentre, al mio fronte, Belzebù rideva compiaciuto.
-Hai fegato ragazzina. –commentò, in un ghigno sadico. –Mi piaci. –continuò.
Lo fulminai con lo sguardo, ma non fece altro che allargare quel suo ghigno odioso. Poteva essere anche uno dei due re dell'inferno ma per me era solo uno sbruffone.
-Mi scusi sire, ma-azzardò a dire Astaroth, venendo bloccato immediatamente dal demone.
-Giusto, non sei venuta qui per niente. –disse, fermandosi per qualche secondo ad osservarmi. –Lucifero è andato a discutere di un problema con Sheiva, dovrebbe tornare tra qualche minuto. Nel frattempo, vuoi sederti? –mi chiese, aprendo un braccio indicando i troni alle sue spalle.
Trattenni il respiro per qualche secondo. Sembrava divertito da ogni maledizione che io gli lanciavo, purtroppo che con quel suo completo da ragioniere in giacca e cravatta non lo faceva sembrare molto credibile come demone. Di sicuro mi sarei aspettata un tipo dall'aspetto di qualche strano animale o comunque non con un aspetto umano, invece mi si era presentato con uno smoking e due ali che gli uscivano dalla schiena.
-Cosa c'è? Ti hanno mangiato la lingua? –mi chiese.
Non lo guardai nemmeno, ma gli risposi.
-Non spreco fiato con piccoli demoni esaltati. –sputai.
Sul suo volto comparve uno sguardo di sfida e si avvicinò molto più di quanto lo era già e mi prese il polso, stringendolo forte. Mi faceva male, ma non lo diedi a vedere per non dargli la soddisfazione di vedermi soffrire.
Cominciò a stringere sempre di più fino a quando non sentii un rumore provenire dal mio polso.
-Non si trattano così gli ospiti. –rimbombò una voce dietro di me.
Spalancai gli occhi e mi girai di scatto, ignorando il mio polso oramai distrutto.

POV AIDAN

-Maledizione! –urlai, dando un calcio al tavolo. Lo ribaltai e gli spezzai persino una gamba.
-Calmati, Aidan. –mi rimproverò per la quarta volta Gale da quando ero ritornato alla centrale. Sbuffai e calcia il muro, facendo un buco. Stavo distruggendo tutto, ma quello che volevo distruggere realmente era solamente me stesso.
-Non risolvi niente così. –disse Adam, come se tutto quello fosse un semplicissimo gioco.
Magari lo fosse.
Tutti mi guardavano preoccupati, mentre Jennifer si tratteneva con tutte le sue forze dal piangere.
-Basta, io vado. –dissi avvicinandomi alla porta ma venendo fermato da Gale, che mi prese per un braccio e mi tirò verso di sé.
Era arrabbiato, lo sentivo perfettamente anche senza guardarlo in faccia.
-Non puoi fare così, Aidan. Dobbiamo pensare ad un piano, sicuramente non penso che tu possa entrare tranquillamente in quel dannato portale sotto casa tua senza nessuna specie di chiave. Sarebbe troppo rischioso per loro, non credi? -
Lo guardai stralunato per qualche secondo poi scossi la testa. L'ansia si era ormai impossessata di tutto il mio corpo.
Saperla chissà dove, insieme a quei due demoni mi preoccupava e non poco. Sapevo che era capace di cavarsela da sola, ma non sapevamo cosa fossero in grado di fare e al sol pensiero di vederla ferita o addirittura morta mi uccideva interiormente.
Facevo persino fatica a respirare, speravo solamente che non mi facessero aspettare il giorno successivo perché non avrei resistito una notte con quel peso sul cuore e sulla coscienza, perché sì, era colpa mia se si trovava all'inferno, era colpa mia se stava soffrendo ed era colpa mia se quei due demoni l'avevano presa e portata via da me.
-Stanotte penseremo a qualcosa, ora vai a casa a riposare che domani agiremo. -
E che diavolo.
Come facevo a chiudere occhio se lei nel frattempo stava combattendo tra vita e morte.
-Sei serio? –chiesi, liberandomi dalla sua presa ferrea.
Lui annuì e io rigirai gli occhi per poi aprire la porta con un calcio.
Se loro non volevano agire immediatamente, ci avrei pensato io.
Da solo.

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