Speciale Estate: parte 4

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85. Special 4

La mia mano scorreva lentamente sui miei capelli albini mentre il mio sguardo era puntato verso l'orizzonte tracciato dal mare, in quel momento colorato di un rosa acceso.
Cosa era stato?
Non lo potevo sapere.
Forse la voce della mia coscienza fattasi concreta, forse semplicemente un'allucinazione, eppure non riuscivo a smettere di ripetermi le sue parole in testa.
Sembravano così sincere e pure, potevo quasi crederci veramente.
La mia attenzione si spostò sul cameriere quando portò i piatti richiesti precedentemente da noi a tavola. Accennai un sorriso delicato e lo ringraziai quando poggiò la cottura di pesce davanti a me.
Giocherellai con la forchetta per un po' prima di decidermi effettivamente a portare il boccone alla mia bocca.
Mentre mangiavo in silenzio, gli altri chiacchieravano tranquillamente tra loro, parlando del più e del meno.
Sentivo però lo sguardo di Aidan addosso, sapevo che tutto quel mio silenzio lo faceva preoccupare, ma in quel momento di parlare non avevo proprio voglia.
Era già tanto che non fossi tornata all'albergo.
Lo so, era una vacanza con i miei amici, dovevo stare con loro e divertirmi prima di tornare a casa e riprendere i soliti problemi scolastici, ma erano successe troppe cose assieme e l'apparizione di questo bambino non aveva aiutato per niente.
Sento una mano posarsi sulla mia coscia e mi giro di scatto, sentendo come una scarica elettrica partire da esattamente quel punto e propagarsi ovunque nel mio corpo.
-Ehi, sei agitata. –sussurrò Aidan, in modo che gli altri non potessero sentire.
Solo in quel momento mi resi conto del mio piede che sbatteva velocemente e ritmicamente sul pavimento e l'unghia ticchettare sulla tavola, nervosamente.
-Ne vuoi parlare? –chiese, guardandomi dritto negli occhi.
Non riuscii a reggere il suo sguardo e dovetti abbassarlo.
-Più tardi. –risposi con un fil di voce.
Lui annuì semplicemente e fece per togliere la mano. Lo bloccai quando sentii staccarsi anche l'ultimo pezzo di pelle.
Si girò nuovamente e, quando vide il mio sguardo, sorrise leggermente e riappoggiò la mano sulla mia gamba.
Non lo so, mi dava un senso di tranquillità.
-Julie, stai male? –chiese Jennifer, notando la mia quiete silenziosità.
La guardai a lungo, indecisa se mentire o meno. –Non mi sento molto bene. –sorrisi nervosamente, notai che il mio piede riprese a battere a terra.
-Vuoi tornare in camera? –chiese Jack, guardandomi preoccupato dalla parte opposta del tavolo.
-Non voglio rovinare anche stasera... -dissi, sincera.
-Julie, abbiamo anche domani, non preoccuparti. –disse il mago del ghiaccio. –Se stai male vai pure a riposarti, è stata una giornata particolare. –il suo sorriso mi sembrò riscaldare il cuore e mi sentì improvvisamente rassicurata.
-Scusate. –mi alzai, sotto lo sguardo attento di Aidan.
-Ti accompagno io se vuoi. –Light si alzò a sua volta e vidi lo sguardo del corvino farsi più cupo e profondo.
-Sì, grazie Light. –sorrisi forzatamente, giusto per essere gentile, e m'incamminai, con lui al mio fianco.
Per fortuna l'hotel non era particolarmente lontano, lo si poteva vedere direttamente dal ristorante, quindi non ci mettemmo molto.
Salimmo le scale velocemente, fino al nostro piano, e quando arrivammo davanti alla mia stanza, mi girai verso di lui.
-Grazie per avermi accompagnato. –dissi, guardandolo negli occhi.
Lui si grattò il coppino, imbarazzato dal mio sguardo così serio e diretto. –Figurati, l'ho fatto volentieri. – ci fu un momento di silenzio, nel quale io lo guardai attentamente cercare di formulare una frase nella sua mente. –Posso farti una domanda? –chiese infine.
-Certo. -
-Sicura che tu non ti senta male per quello successo stamattina? -
Mi venne quasi da sorridere da come me lo chiese.
Era talmente preoccupato e nervoso che mi fece tenerezza.
-Light, stamattina è stato uno stupido incidente, tu non ne sapevi niente e non è colpa tua. Ora sto bene, Jenny mi ha controllato più volte e non c'è più bisogno di preoccuparsi. -
-Ma Aidan-
-Aidan è un coglione. È talmente tanto protettivo nei miei confronti che appena succede il minimo incidente, esce pazzo. È fatto così, avrebbe fatto così con chiunque, non solo con te. Per lui l'importante è che io stia bene e ora lo sono, non torturarti. -
Aprii la porta della camera e ne oltrepassai l'uscio.
-Mi fiderò di te. -
Sorrisi. –Bene, ora vai, non voglio rovinarti la serata con gli altri. -
-Lo sai che tu non mi rovineresti mai niente, principessa. -
-Vai. –dissi.
Fece un leggero inchino e si congedò.
Chiusi la porta non appena scomparve dalla mia vista.
Mi guardai bene attorno, accesi la luce più piccola della stanza, quella a fianco al mio comodino, e cominciai a svestirmi.
Feci scivolare delicatamente il mio vestito da sera lungo i miei fianchi fino ad arrivare alle caviglie, mi liberai della biancheria ingombrante e mi misi dei pantaloncini e una canottiera.
Guardai la porta finestra che conduceva al balcone e pensai che non era poi così tanto male quell'arietta delicata che tirava quella sera.
Mi appoggiai al muretto e guardai il paesaggio che si stava facendo sempre più scuro.
Senza accorgermene, portai una mano al mio viso e mi toccai le labbra.
Che stupida che ero stata. Rifiutare in quel modo così meschino e maleducato Aidan, come se non volessi realmente baciarlo.
Se fossi potuta tornare indietro, non mi sarei mossa di un millimetro, lo avrei lasciato fare.
Perché devo sempre rovinare tutto?
-Ti vedo troppo assorta ultimamente, c'è qualche problema? -
Trasalii quando sentii una voce dietro di me senza alcun preavviso. Mi girai di scatto e incontrai gli occhi rossi di Aidan guardarmi con una certa apprensione.
-Che paura! Ma ti sembra, comparire così? –lo ammonii, toccandomi il petto come per controllare il battito del mio cuore che in quel momento era schizzato alle stelle.
Inclinò la testa da un lato e si avvicinò a me lentamente, non curante delle mie parole.
-Come sei entrato? –chiesi. Eravamo troppo in alto per essere salito dal balcone.
-Come al solito non è tua abitudine chiudere le porte. –lo disse quasi in modo seccato. –Lo sai che potrebbe entrare chiunque e farti del male, vero? –voleva farmi la ramanzina, ma lo bloccai sul nascere.
-Capito. –dissi semplicemente, tornando a guardare il mare.
Sentii una sua mano posarsi sui miei capelli, cominciando a pettinarli delicatamente. –Non mi dirai che cosa ti fa stare male, vero? –chiese.
Mi staccai dal muretto e rientrai in camera. Quella fu la mia risposta.
Mi infilai sotto le lenzuola del letto e spensi l'unica luce artificiale che illuminava ancora la stanza, lasciando che la luce dei lampioni e della luna facessero il loro lavoro.
Non persi di vista però il ragazzo che si sdraiò accanto a me senza un momento di esitazione.
Si girò su un fianco e mi guardò per un po', cercando di capire cosa non andasse esattamente in me.
Mi scostò dolcemente una ciocca di capelli dal viso e la incastrò dietro l'orecchio. Con il pollice mi accarezzò la guancia e io chiusi gli occhi, beandomi del suo tocco così piacevole e delicato.
-Mi dispiace... -sussurrai tutto d'un tratto, sentendo le guance cominciare a bruciare e le lacrime premere per uscire. –Mi dispiace, non ne faccio una giusta. –la mia voce si spezzò giusto alla fine.
-Cosa non avresti fatto di giusto? –chiese, con una voce calma e rassicurante, continuando ad accarezzarmi le gote.
Scossi la testa, incapace di rispondere, sprofondai il viso sul suo petto.
Le sue braccia mi strinsero a sé e, prima di lasciare un bacio sulla mia fronte, mi disse:
-Sei bella perché non sei giusta. Io ti vorrò sempre, anche quando ti sembrerà di essere la persona più sbagliata di questo mondo. -

The end

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