TRATTO DA: "Changes", capitolo 33, di Chloette_ [TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI A Chloette_]
Attraversai il lungo corridoio che mi avrebbe portata fino alla stanza di Luke, l'ambiente era completamente vuoto, tutti erano via, dalle loro famiglie e mi chiesi perché anche lui non fosse andato dalla sua. «Auguri» mi sorrise facendomi entrare e notai come fosse vestito in modo eccessivamente elegante, probabilmente non si era cambiato una volta tornato dal pranzo. «Auguri anche a te» ridacchiai appoggiando la borsa sulla sua scrivania, alle mie spalle sentii un fruscìo di carta e quando mi girai teneva in mano un pacchetto, lo guardai allibita, non credevo mi avrebbe fatto un regalo, io non gli avevo fatto nulla. «È per me?» chiesi indicandomi e ricevendo un cenno di assenso da parte sua, mi porse il pacchetto sorridendo, ma io scossi la testa. «No Luke, io non ti ho fatto nulla, non posso accettare» «Non voglio nulla, l'ho fatto perché mi andava, dai prendilo» il suo sorriso si allargò ancora di più mentre continuava a porgermi il pacchetto, mi sentii in colpa, non avevo neanche pensato di fargli un regalo, un pensierino, niente. «No, non posso» disolsi lo sguardo da lui con i sensi di colpa che crescevano a dismisura. «Amanda, davvero, non voglio assolutamente nulla, anzi, devo farmi perdonare» riportai lo sguardo su di lui e quelle parole mi fecero sorridere, presi il pacchetto e inziai a scartarlo, aprii la piccola scatolina e ci trovai una collana d'argento con una "A" come ciondolo. Rialzai lo sguardo su di lui sorridendo, era davvero bellissima. «Grazie Luke» gli andai vicino e lo abbracciai alzandomi in punta di piedi, in quanto ero molto più bassa rispetto a lui. «Te la metto?» chiese una volta sciolto l'abbraccio, annuii passandogli la collana, mi girai dandogli le spalle e lui mi scostò i capelli per poi farmi passare davanti il gioiello, adagiandolo al mio collo, lo chiuse e mi rigirai sistemandomi i capelli. «Grazie davvero, è bellissima» sorrisi ancora e lui si mordicchiò il labbro. «Sono contento che ti piaccia, voglio portarti in un posto» mi fece l'occhiolino per poi allonatanarsi, mi voltai seguendo i suoi movimenti con lo sguardo. «E dove?» prese la chitarra che era adagiata sul suo ripiano e se la mise a tracolla, prese un mazzo di chiavi avviandosi verso la porta, facendomi segno di seguirlo. «Vedrai» uscimmo dalla sua stanza, lo seguivo attraverso i corridoi, osservando i suoi movimenti, mentre ci dirigevamo chissà dove; si portò la chitarra sulla schiena, aumentando il passo. «Luke, mi spieghi?» chiesi alzando la voce cercando di stargli dietro, ma non mi prestò attenzione fermandosi di fronte all'enorme porta rossa che ci divideva dalla palestra. Entrammo e iniziai a guardarmi intorno, notando come tutto fosse addobbato per Natale, con un gigantesco pupazzo di babbo Natale in un angolo, varie ghirlande attaccate alle pareti e una slitta contenente un sacco da cui spuntavano dei pacchi. «Perché siamo qui?» camminai fino ad arrivargli accanto, improvvisamente delle luci ad intermittenza si misero a colorare l'ambiente e notai che lui era proprio vicino ad un interruttore. «Bello vero?» commentò vedendo la mia aria persa nel fissare qui giochi di colori. «Si, bello, ma mi spieghi cosa ci facciamo qui?» mi sentii afferrare la mano per poi essere trascinata accanto alla slitta, mi fece salire e sedermi. «Mi sembrava carino portarti qui» sorrise sedendosi accanto a me, appoggiandosi la chitarra sulle gambe «cosa ti suono?» girò il viso verso di me nel momento in cui una luce bianca gli illuminò le labbra. «Quello che vuoi» tenni lo sguardo su quel piercing, come abbagliata, finchè non lo vidi muoversi, segno che stava iniziando a cantare, tornai alla realtà ascoltando la sua voce che si diffondeva chiara e limpida nella palestra; chiusi gli occhi seguendo il ritmo e, riconoscendo la canzone, iniziai a cantare con lui, mi sembrava un'armonia talmente perfetta da sembrare surreale. «Hai una voce meravigliosa» disse interrompendo la melodia e facendomi aprire gli occhi, lo guardai mentre un bellissimo sorriso gli solcava le labbra.«Grazie» sorrisi e lui si tolse la chitarra dal corpo, appoggiandola ai suoi piedi, tornò a guardarmi e si passò una mano nei capelli, leggermente a disagio.«Cosa facciamo adesso?» chiesi dopo qualche secondo di silenzio, a quella domanda sembrò irrigidirsi e alzò lo sguardo su qualcosa sopra di noi, seguii la direzione del suo sguardo e lo vidi: il vischio.Ci guardammo nello stesso momento, sapevamo fin troppo bene cosa significasse quell'oggetto, ma non poteva volerlo fare davvero; e invece si avvicinò a me mentre io mi sentivo rigida e rimasi immobile. Potevo rifiutarmi, dirgli che non era giusto, che era meglio evitare, ma le parole non volevano uscire dalla mia bocca; nella mia mente gridavano di spostarmi, mi fermarlo, di dirgli qualcosa che lo facesse indietreggiare o bloccare e quando le sue labbra si depositarono sulle mie, riuscii solo a chiudere gli occhi.Era un bacio sotto il vischio, un semplice bacio dettato da una stupida tradizione.La sua mano finii sulla mia schiena e le sue labbra iniziarono a muoversi dolcemente, lo lasciai fare sentendo il suo sapore invadermi la bocca e il suo piercing sbattere contro la mia lingua; la stanza si riempì del rumore del nostro bacio che pian piano si faceva sempre più bisognoso di fisicità.Stava durando troppo per essere solo un bacio causato da una tradizione e, nonostante ogni fibra del mio corpo avrebbe voluto rimanere attaccata a lui, mi decisi a porre fine a tutto ciò.Un bacio sotto il vischio non doveva significare nulla, per quanto meraviglioso potesse essere stato.