Gufetta25

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TRATTO DA: "It's you: all that I need!", capitolo 18 "Anime perdute", di Gufetta25 [TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI A Gufetta25]

Quando meno ce lo spettiamo, la vita ci pone davanti ad una sfida,per provare il nostro coraggio e la nostra volontà di cambiamento.In quel momento, non serve fingere che non stia accadendo nulla,o scusarci dicendo che non siamo ancora pronti.La sfida non attende. La vita non guarda indietro.Una settimana è un periodo più che sufficienteper decidere se vogliamo accettare il nostro destino.- Paulo Coelho


Giovedì 3 Aprile
"NO. AURORA!"
Apre gli occhi all'istante balzando a sedere sul letto in una pozza di sudore.
Quel sogno, quell'incubo ancora, anche questa notte a tormentarlo, e quell'urlo a rimbombare fra le quattro pareti della sua camera, in tutta la sua asprezza, durezza e solitudine.
Un semplice incubo, un semplice urlo. Ecco cosa gli resta di Aurora James e dei mesi insieme.
Sono passati cinque giorni da quella sera al luna park, quella in cui Daniel ha preso conoscenza dei profondi sentimenti che Aurora cova per lui, sentimenti non ricambiati, né ben accetti.
Sono trascorsi cinque giorni da quando questo sogno è iniziato: è per strada, non sa quale, qualsiasi dettaglio è troppo sbiadito per riconoscerla, e corre, corre a perdifiato, fino a non sentir più le gambe attaccate al corpo, corre per raggiungerla, per starle dietro e quando crede di averla raggiunta e la speranza invade il suo animo, eccola che scompare in un'enorme buco nero, dileguandosi dalla sua vista, dalle sue mani che vorrebbero attirarla per il polso, da lui che la desidera più di qualsiasi altra cosa al mondo...e alla fine resta lì da solo, in quella strada buia, deserta e umida a non far altro che invocare il suo nome, quel nome che come un eco gli si ripete in mente, in bocca, restando impicciato in gola, come un boccone troppo amaro da buttare giù.
Alza e abbassa il petto frenetico, guizzando lo sguardo sgranato, i bulbi dilatati sugli oggetti poco distinti della camera, incanalando quanta più aria possibile, riprendendosi dall'irruenza dell'incubo, dalla violenza con cui quel buco nero gli ha portato via la sua Aurora.
E gli sembra come se tutto si fosse sgretolato attorno a sé, come se la sua vita fosse un puzzle e ogni singolo pezzo venga staccato al quadro intero per essere chiuso sottovuoto in una busta trasparente. È esattamente come se questa vita non gli appartenesse più, improvvisamente sfuggitagli dalle mani nel preciso momento in cui quella promessa è venuta ad infrangersi.
Contava su quella, tutta la storia fra lui e Aurora era basata su una semplice e, alquanto stupida, promessa. Ma non per lui.
Per lui quella promessa rappresentava il tutto, il fulcro per non soffrire, per non farla soffrire.
Farle del male era la cosa che voleva di meno, saperla distrutta, persa e vuota lo annienta, lo rende irrequieto...eppure...
Non c'è più nulla che lui possa evitare, non sarà più capace di renderla felice, perché da infima causa delle sue gioie è passato ad essere la più intesa causa delle sue sofferenze.
Oh James perché ti sei innamorata di un mostro come me.
Socchiude le palpebre, premute verso il basso dal peso dei suoi tormenti, calmando il respiro diventato più o meno regolare, quasi nella norma, distinguendo nitidamente il vuoto, la morsa al centro del petto, alla bocca dello stomaco, che glielo stritola fino a frantumarlo.
James...
Deglutisce amaramente, sospirando sconfortato asciugando la fronte bagnata col dorso della mano, sgusciando fuori dal letto nel giro di pochi secondi.
Stare in quella stanza, in quella posizione a mugugnare e rimuginare non fa altro che aumentare la sua inquietudine. Ha bisogno d'aria, un'impellente bisogno d'aria.
Si libera degli indumenti ormai umidi e lascia all'acqua tiepida il difficile compito di far defluire dal suo corpo ogni afflizione, ogni residuo di quel sogno così simile alla realtà, così coinvolgente da spaventarlo.







Tracanna un nuovo sorso di birra, posando con un tonfo la seconda bottiglia sul bancone in legno del locale, pulendosi col braccio le labbra dal residuo di schiuma.
"Mi ha ingannato" un mezzo sorriso amaro gli colora il volto, "mi fatto una promessa e poi puff" batte le mani con foga, "l'ha infranta" allargando le braccia in aria, con ancora quel sorriso sarcastico sulle labbra, gli occhi arrossati dall'alcool, la voce strascicata.
"È una donna ragazzo, e le donne fanno sempre il contrario di quello che dicono" borbotta il barman 40enne strofinando il panno su uno dei boccali in vetro, asciugandolo.
"Me l'aveva promesso" butta giù un altro sorso, "come ha potuto innamorarsi di me, Clayton?" chiede mesto all'uomo dal capo lucente, completamente privo di capelli.
"Sei un bel giovine, ragazzo, e anche a modo. Come poteva non farlo?" domanda di rimando quest'ultimo.
"Io ho rovinato tutto, Clay" mormora in un sospiro, abbassando le spalle sfinito, poggiando la fronte sul braccio, sul bancone dall'inteso odore di vernice.
"Nulla è perduto" lo consola Clayton smuovendogli il polso con la mano, "se vuoi, sono sicuro che saprai farti perdonare".
"Lei non deve perdonarmi" sbotta alzando la testa all'istante, "lei deve dimenticarmi, andare avanti, trovare qualcuno in grado di ricambiare i suoi sentimenti, qualcuno che non sia io" insistendo con fermezza.
Beve l'ultimo sorso, intimando a Clayton un'ennesima bottiglia, la terza della serata, venendo accontentato all'istante.
"Lei è bella, Clay, e dolce..." i suoi verdi bulbi iniziano a scintillare mentre l'immagine di Aurora e ogni momento vissuto con lei si palesa nella sua mente, "intelligente, di una creatività unica...suo padre è un'artista sai, e penso proprio che lei ne abbia ereditato questo dono, d'altronde estroversa com'è non potrebbe essere altrimenti" ammette con un sorriso, uno di quelli sinceri, uno di quelli che non lo colpiva da parecchio, non da quando lei non è più nella sua vita.
"Una ragazza così bisogna tenersela stretta, ragazzo" commenta il suo amico-confessore Clayton.
"Io l'ho persa Clayton... l'ho persa per sempre" piagnucola mestamente, confabulando parole su parole, a volte giuste a volte fuori luogo, senza seguire più il filo logico del discorso ma solo parlando e confessando ogni verità, tracannando sorsate su sorsate, covando nell'alcool l'unica speranza di salvezza, l'unica preghiera che gli faccia cancellare dalla mente la sua ragazza, ex ragazza, tutti gli attimi vissuti con lei, tutte le emozioni provate al suo fianco, "Aurora Marie James non è più mia".







L'abitacolo buio della sua Mercedes nera s'impregna di sospiri, gemiti, respiri e ogni pensiero negativo defluisce dal suo corpo, lasciando solo spazio al piacere, alla cupidigia dell'attimo di passione che si sta consumando con smania fra questi corpi sudati, eccitati e scottanti, mentre la sua mente e i suoi occhi si riempiono di ricordi e immagini.
Ricordi del primo bacio con Aurora, dato solo ed esclusivamente per gioco, del loro secondo bacio, in camera sua quella sera durante la festa di Halloween, e di quel terzo scambiato sulla ruota panoramica, la loro giostra, ricordi a cui si aggiungono immagini definite e chiare, immagini che s'accavallando facendogli rivivere ogni istante, quel capodanno da urlo, la loro prima vera uscita alla pista di pattinaggio, l'ultima volta che hanno fatto sesso nella limousine durante il ballo scolastico...quella si che è stata una bella serata.
La sera in cui inconsapevolmente si sono detti addio, legando per l'ultima volta i loro corpi, le loro anime.
La sera in cui per l'ultima volta sono sprofondati l'uno negli occhi appagati e soddisfatti dell'altro, coi respiri ancora corti e il cuore galoppante.
"Non ti ricordavo...così" annaspa la ragazza sopra di lui, non appena Daniel, dopo aver soddisfatto quell'impellente bisogno sessuale, la scosta al suo fianco.
"È stato solo per questa sera Daisy...non farti illusioni. Non si ripeterà!" sentenzia lui sprezzante, con un implacabile odio nei confronti di quella bionda da strapazzo, nei confronti di Candice, di tutte le altre donne del mondo, di Aurora e della la sua promessa non mantenuta e soprattutto odio per se stesso, per lo stronzo senza cuore che è.
E il caso ha voluto che, dopo essersi sbronzato a più non posso, Daisy incrociasse il suo cammino, ritrovandosi esattamente nello stesso locale in cui era lui, flirtando con lui senza ritegno, approfittando del suo momento di poca lucidità dovuto alla sbronza e di poca sensibilità dovuta alla recente rottura con Aurora, cosa di cui lei è sicuramente informata, dato l'interesse che ha più volte dimostrato per la loro storia, infastidendo non poco l'innocua ragazza.
Credeva di essere cambiato, di poter stare con una donna senza sfruttarla per il suo corpo, le sue curve mozzafiato, o i suoi impulsi da uomo... o almeno con Aurora non era così, non era solo il suo corpo a volerla, ne la tentazione di portarsi a letto una ragazza bellissima come lei, né tanto meno un istinto primordiale...era lo stare con lei che lo rendevano sereno, allegro e in pace col mondo; con lei era quasi ritornato ad essere il Daniel di una volta, il Daniel prima e durante Candice, l'unico vero amore della sua vita, quel Daniel che a quanto pare non sarà mai più.
E credeva di essere cambiato ma in realtà il suo odio per la compagine femminile non ha fatto altro che aumentare a dismisura.
"Quella santarellina dagli occhioni da cerbiatto ti ha ridotto proprio male, eh" constata Daisy sbattendo le lunghe e folte ciglia con avvenenza, sfiorandogli il petto nudo e muscoloso con movimenti lenti e provocatori.
"Bada a come parli" sibila lui rivolgendole un'occhiataccia, allontanando dal suo corpo le dita incantatrici di lei, "Aurora lasciala fuori dai nostri discorsi. Lei non centra nulla con quello che è successo questa sera. Io avevo solo bisogno di divertirmi un po' e tu ti sei giocata bene la tua mercanzia" il suo tono autoritario e dispotico non lascia spazio a repliche, qualunque altra parola sarebbe inutile, Daisy è solo servita ad appagare un impulso, a cancellare l'essenza di Aurora James ancora attaccata al suo corpo.
Perché scacciarla, confutarla e rinnegarla è l'unica cosa che può aiutarlo ad andare avanti.
Dimenticare che fra loro ci sia stato qualcosa - sesso, affetto, passione - è la cosa più giusta da fare, l'obiettivo principale per far ritornare alla vita lei e nel baratro lui.



***

Sabato 5 AprileDriiinn...
Pigia il pugno sulla sveglia sul comodino accanto al letto, tentando di fermare quel suono continuo, quella musica acuta che non fa altro che accentuare il suo irruento mal di testa.
Dannazione, perché non ti spegni stupido affare?
Solleva appena la testa dal morbido cuscino ed individuando con un occhio appena aperto la sveglia la raccoglie tra la mano per catapultarla con un tonfo sordo contro il muro di fronte.
Ora si che starai buona.
Eppure... quel suono non ha proprio intenzione di cessare.
Corruga la fronte nervoso e imbronciato allo stesso tempo coprendosi le orecchie coi lati del cuscino, affondando la testa in esso, nell'attesa che la pace ritorni ad avvolgere la stanza, ma...
Si tira su, sbucando all'istante dalle lenzuola. Quella suoneria.
Non è la sveglia, cazzo!
Recupera il cellulare, buttato solo qualche ora prima alla rinfusa nel letto, portandolo un secondo dopo all'orecchio senza neanche guardare il mittente di quella telefonata delle 13:20 di mattina.
"Fratello, finalmente"
La voce eccessivamente esaltata di sua sorella lo colpisce in pieno, obbligandolo ad allontanare l'apparecchio dall'orecchio.
"Leah, cazzo vuoi?" sputa fuori a dir poco furioso. Voleva dormire, solo dormire fino a sera, fino a quando non si sarebbe fatta l'ora giusta per ritornare in quel locale, a spifferare i suoi più intimi tormenti a Clayton, ad affogare la depressione in infinite bottiglie di birra, fino a dimenticare se stesso e un certo angelo dagli occhi blu.
Lo stesso angelo che lo accompagna ogni notte, senza mai lasciarlo solo.
"Devi venirmi a prendere, Matt ha l'esame oggi" l'avvisa sua sorella, rammentandogli di dover chiamare Matt dopo per sapere com'è andata la prova, quella a cui lui non si è presentato, non avendo avuto più la testa per studiare.
"Non puoi tornartene a piedi?" commenta lui accompagnando le parole con uno sbadiglio.
"Se casa nostra non distasse così tanto lo farei pur di non vedere la tua faccia da stronzo" inveisce lei, ancora adirata con lui per il modo ignobile con cui si è comportato con la sua migliore amica e per l'indelicatezza che ha dimostrato quella sera al luna park, quando dopo aver urlato a cinque cm di distanza dal volto di Aurora e averle sillabato la fine della loro storia, l'ha piantata in asso lì, da sola.
"Ci vediamo alle 14:00 fuori scuola, rompicogliona" digrigna tra i denti per poi staccare il telefono senza neanche darle il tempo di ribattere, buttandosi di schiena sul materasso prendendo un respiro profondo.
Dopo sette giorni avrà di nuovo l'occasione di vedere il suo desiderio più latente, fra poco più di mezz'ora avverrà l'appuntamento più importante di tutta la sua vita, dopo quell'addio improvviso incontrerà di nuovo Aurora James.
Ed eccola lì, a distanza di una decina di metri da lui, che impaziente è poggiato alla sua macchina con le braccia incrociate al petto, fingendo di non guizzare la testa da una parte all'altra pur di vederla, di scorgerla tra la folla, mentre il cuore riprende a battergli impazzito nel petto, come non gli capitava più da ben una settimana. L'osserva camminare a testa bassa e a sguardo spento al fianco di sua sorella Leah, con l'esile corpo avvolto in una giacca di jeans e una borsa troppo pesante e colma di libri a penzolarle sulle spalle.
Ed anche col volto smorto, le occhiaie evidenti, i capelli legati in una coda sfatta è la cosa più bella che abbia mai visto.
Scatta all'in piedi non appena la distanza fra di loro diminuisce gradualmente, seguendo ogni suo gesto, ogni passo avanzato sul cemento scuro, lo sbattere inconscio delle sopraciglia, il modo irrequieto con cui gioca col labbro, stuzzicandolo fra i denti, e quegli oceani...quelli che in questo preciso istante sono posati in quelli di sua sorella e poi si spostano sulla figura di Daisy che le sia avvicina scaltra.
No, aspetta un attimo. Daisy?
Deglutisce mentre una fulminea goccia di sudore gli percorre la fronte.
Smuove qualche passo verso di loro, con l'intrepida voglia di allontanare immediatamente quella bionda squinternata dalla sua ex, consapevole di cosa lei potrà mai riferirle, del dolore che potrà ancora procurarle.
"James..."
Ed è come un fulmine accecante, un lampo assordante, ciò che lo colpisce in pieno non appena prende conoscenza delle sue iridi spente, totalmente vuote e prive di vita, di quell'intenso blu di cui ormai ne resta solo l'ombra, vedendole in poco più di qualche secondo riempirsi d'una patina lucida, di goccioloni grandi quanto una casa e lì pronti ad invaderle il volto, cascandole sulle guance piene fino a morirle sulle labbra carnose.
Daisy le ha spifferato tutto. Annientandola completamente. Martoriando Daniel in un istante.
"James...aspetta" e si ritrova a rincorrerla, a starle alle calcagna, come quella sera di una settimana fa, a dirle cosa poi non lo sa, ma sente che è la cosa giusta da fare, quello che l'istinto gli dice di fare, "ti prego Aurora, non credere a quello che ti ha detto Daisy".
Si ferma di scatto, mostrandogli le piccole spalle scosse dai singhiozzi, e gli si spezza qualcosa al suo interno a vederla soffrire in questi modi.
Un pezzo di cuore, forse?
"A COSA NON DOVREI CREDERE DANIEL? CHE SIETE STATI INSIEME?" gli urla contro, voltandosi repentina verso di lui, invadendolo col suo sguardo infuriato, le sue parole taglienti, "PERCHè NON DOVREI CREDERE A QUALCOSA CHE è COSI' TANTO DA TE?"
"Ero ubriaco...ubriaco perso, James...e volevo dimenticare. Dimenticarmi di te, di noi" giustifica lui, non riuscendo a non sentirsi un meschino bastardo.
"TU SEI UNO STRONZO DANIEL MYERS E IO NON MI SAREI MAI DOVUTA INNAMORARE DI UN ESSERE STUPIDO E INFANTILE COME TE" urla ancora lei, sfogando ogni frustrazione, lasciando defluire tutto quello che cova dentro da giorni interi, "perché io ti amo...si, ti amo e ho sempre immaginato l'amore in modo diverso, capace di donare felicità, gioia" la voce le si spezza alla fine impedendole di procedere fluidamente, obbligandola ad intervallare le parole ai singulti, alle lacrime, ai rimorsi, "ma non mi sarei mai aspettata questo... perché questo, Myers, fa male da morire...e mi strapperei il cuore dal petto pur di non sentire più questo torm-"
Le labbra piene di Daniel arrestano qualsiasi altra sua parola, raccogliendo le gocce salate che s'erano depositate sulle sue labbra rosee, respirando di nuovo la sua essenza, quella che gli è mancata più di ogni altra cosa al mondo.
La sua piccola ed esile mano gli si abbatte sulla guancia, centrandolo con un colpo sordo.
"Aur-"
"NON FARLO MAI Più!" sbraita ad un palmo dal suo naso, constatando l'alone di un rosso intenso iniziare a propagarsi nel punto esatto in cui la sua mano l'ha colpito.
Come gli è mai passato per la mente di baciarla? Ma il suo cervello ragiona mai quando ce n'è bisogno?
Quello schiaffo è il minimo che ha meritato.
Eppure la bacerebbe fino a consumare ogni grammo d'aria.
Se solo lei non lo amasse, tutto potrebbe ritornare come prima.
Loro due, soli, a vivere il mondo.
Invece...
Lei lo ama e lui...lui non potrà mai amarla.
C'è stato solo posto per un amore nella sua vita, dopo quella volta tutto al suo interno è venuto a perire. I sentimenti, l'amore, l'innamoramento non fanno per lui...almeno che non si tratti della donna della sua vita, l'unica in grado di riportarlo agli antichi albori.
"NON GIOCARE CON ME!"
"Tu hai giocato con me, James" sbotta lui, urlandole a sua volta contro, "tu hai infranto quella cazzo di promessa".
Aurora alza gli occhi al cielo, con le scatole piene di quel patto che non avrebbe mai dovuto stringere.
"Vuoi una promessa Myers? Vuoi una stramaledetta promessa? Bene. Eccola: io, Aurora Marie James ti prometto, qui seduta stante, che non soffrirò mai più per te" respira a pieni polmoni, cacciando dentro le lacrime, "non ne vali la pena, Daniel Myers. Non ne vali, assolutamente, la pena" piantandolo lei lì questa volta, come un ebete sul ciglio della strada.

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