Capitolo 47

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CAMILA POV'S

Ancora non sapevo nulla. 20 minuti a consumare le suole delle scarpe da quanto ero andata su e giù e ancora non era uscito nessuno da quella maledetta stanza. Provai anche ad origliare, attaccando un orecchio alla porta ma nulla. Sembrava che stessero bisbigliando. Le cose erano due : o la situazione era precipitata e non c'era più nulla da fare oppure tutto questo tempo è servito per salvarla. Più minuti passavano più mi abituavo al peggio. Mille pensieri negativi continuavano ad affollare la mia mente. E se fosse davvero morta? E se non l'avessi più rivista camminare, sorridere, arrabbiarsi? E se la mia ultima conversazione fosse stata quel maledetto litigio? Non ero pronta ad affrontare tutto ciò. Non ero pronta a lasciarla andare. Pronunciare solo la parola "morta" mi dava i brividi, coltelli che con le proprie lame mi infilzavano il cuore. Provai a sedermi per un istante accanto a Dinah in quel corridoio che sapeva di disinfettante e medicinali, quello era un reparto che metteva ancora più tristezza. In terapia intensiva di solito trasferivano i malati più gravi, quelli che o dovevano rimettersi da un grave incidente o quelli che erano lì fondamentalmente per fare i loro ultimi respiri. All'improvviso sentii il click della maniglia della porta e di scatto mi alzai subito in piedi. La dottoressa, con l'espressione sempre impassibile qualsiasi cosa succedesse, uscì dalla camera.

"allora?" - chiesi di getto stringendo la mano a Dinah - "è stabile..." - tirai un sospiro di sollievo - "però..." - ecco lo sapevo che qualcosa non andava - " domani dovremo operarla al cervello...l'ematoma subdurale si è espanso...pensavamo di poterlo controllare ma non è così..." "ma quindi potete curarla?" - chiesi confusa - " la sua fidanzata è molto debole...e un'intervento potrebbe esserle fatale....ma è necessario farlo e non possiamo aspettare che il cuore recuperi le forze...." - il braccio di Dinah era diventato il mio punginball - "ma quella cosa al cervello le provocherà danni?" - domandai preoccupata - "potrebbe...ora come ora non posso dire nulla....l'abbiamo messa in coma farmacologico cosicchè non sentisse dolore...domani l'intervento sarà decisivo..." - le suonò il cercapersone attaccato al camice - "ora devo andare....appena arriverà anche la famiglia vi farò sapere tutto meglio..." - se ne andò da un altro paziente -

Ormai si era fatta sera, fuori il sole era tramontato e le luci di New York avevano preso il sopravvento. La stanza di Lauren era affacciata proprio verso alcuni grattacieli, per questo la luce al suo interno era un pò più viva. Ero seduta su questa sedia accanto a lei ormai da quasi 3 ore, nulla era cambiato e Lauren si sembrava essere stabilizzata, almeno per quanto riguardava il cuore. Le infermiere passavano ogni ora per controllarle la flebo e darle dei medicinali. Era inerme sul quel letto, non si muoveva, gli occhi chiusi e il viso pallido, stanco da tutto quello che stava affrontando. Notai che aveva le le labbra secche, così le passai un cubetto di ghiaccio sopra, per bagnarle un pò. Avevo mandato Dinah in hotel, non aveva senso lei rimanesse qui, bastavo io, anche perchè domani sarebbe dovuta ritornare a Los Angeles.

"Camila..." - il padre di Lauren era appena arrivato con Taylor e Chris - " signor Jauregui..." - buttò uno sguardo sul letto e rimase sconvolto - "come sta?" "ora le chiamo la dottoressa e le faccio dire tutto..." - feci per alzarmi - "no tranquilla....hai già fatto abbastanza...vado a cercarla io..." - esitò un attimo e poi mi lasciò un abbraccio di conforto per entrambi  - "eccomi...scusate...che cos..." - Lucy entrò nella stanza come una furia - "Lucy..." - esclamai sorpresa - "Lauren....piccola.." - si avvicinò a lei accarezzandola - "che è successo?" - chiese Taylor in tono abbastanza freddo - " ha avuto un incidente...una macchina l'ha presa in pieno..." - spiegai - "e tu? tu dov'eri?" - continuò con un tono imperturbabile - "vicino a lei...ma non ho fatto in tempo a slvarla..." - dissi rammaricata - " quindi eri con lei?" - intervenne Lucy ed io annuii - "e perchè? Lauren doveva essere a Los Angeles a quest'ora..." - specificò - "ero andata per fermarla..." - Lucy e Taylor sbuffarono con un ghigno - " non ti è bastato tutto quello che le hai fatto passare...ora anche questo?" - esclamò Taylor - "non è stata colpa mia..." "e certo quando mai è colpa tua Camila...quando ti prenderai la responsabilità per ciò che fai?" - buttò fuori con grande rabbia Lucy - " stavamo solo parlando...lei non ha visto la macchina..." - cercai di spiegare anche se in quella stanza tutti mi fulminvano con lo sguardo - "se tu non fossi andata...se tu ancora una volta non avessi fatto i tuoi porci comodi..." - Taylor si avvicnò lentamente a me, arrivandomi a pochi centimetri dal viso - "ora lei non sarebbe qui....non lotterebbe per la vita....tu sei il male Camila...." - le lacrime stavano per scendere, sentire quelle parole, soprattutto dalla sorella, facevano male - "io la amo..." - scoppiarono a ridere - " se tu l'amassi l'avresti già lasciata andare molto tempo fa....avresti lasciato che si vivesse la sua vita tranquillamente lontano da te....ed invece sei egoista...come pochi.." - Lucy rincarava la dose - "ragazze smettela..." - si intromise Chris che fino ad allora era rimasto in silenzio - "pensate che faccia bene a lei tutto questo? tutto questo odio?" - alzò il tono di voce avvicinandosi a Lauren - "io so come ci si sente ad essere in coma....si percepisce tutto del mondo esterno....e lei ora ha bisogno di amore...di affetto....di persone che la amano e le stanno vicino....e se non siete capaci di darle questo...andatevene...ora..."

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