Capitolo 49

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LAUREN POV'S

4 GIORNI DOPO

Non nè posso più di stare dentro a questa stanza ed in questo ospedale. Le giornate erano tutte uguali, tutte monotone e tutte tristi allo stesso modo. Il punto era che non riuscivo ad alzarmi da questo maledetto letto, i dolori su tutto il corpo erano ancora molto forti, ma soprattutto alle gambe che riuscivo a muovere poco o quasi nulla. I medici dicevano che era una cosa normale visto l impatto che avevo avuto ma io stavo incominciando a preoccuparmi. Non riuscivo nemmeno a piegarle perchè le ginocchia mi davano dei dolori atroci. Tutti erano carini con me e mi davano tutto quello di cui avevo bisogno, soprattutto mio padre e Camila che era qui praticamente tutti i giorni. Da quando avevo riaperto gli occhi non avevamo mai affrontato il discorso su cui eravamo state interrotte, nessuna delle due aveva fino ad ora avuto la voglia o forse il coraggio di tirarlo fuori. Il punto è che non so precisamente che cosa fare, non so se ritornare con lei, non so se mandarla via e quindi andare avanti, ora come ora non so nulla, so solo che averla qui che si prende cura di me mi fa sentire a casa, è l'unica cosa di questo ospedale che mi piace. Mia sorella e Lucy la odiano, ogni volta che sono qui tutte insieme si può sentire la tensione che taglia l'aria. Oggi è il giorno della fisioterapia riabilitativa ma ancora non era venuto nessuno a prendermi. La facevo un giorno si e uno no per questi primi giorni. Così visto che per ora ero sola, accesi il televisore, l'unica cosa che poteva distrarmi un pò. Il primo canale che mi capitò sotto mano trasmetteva un telegiornale. Non mi piaceva molto guardarli perchè c'erano sempre notizie tristi e in quel momento avevo bisogno di gioia. Prima di cambiare però la mia attenzione fu attirata da una notizia che la presentatrice stava per dare.

"Arrestato il pirata della strada che aveva investito una giocatrice della Madison Basket di New York. Resterà in carcere fino alla data del processo. Nessuna cauzione possibile."

Queste le parole della cronista. La giocatrice della Madison basket ero io, ma allora perchè nessuno mi aveva detto nulla? Perchè non mi avevano avvertito che il bastardo che mi aveva investito marciva in prigione?

"ciao piccola..." - Camila  entrò con una barretta di cioccolato in mano. Ogni giorno me ne portava una di un gusto differente - "ciao..." - dissi molto stranita dopo quello che avevo sentito - "che c'è? ti senti male?" - chiese buttando il cappotto sulla sedia accanto al letto - "uhm non più del solito...." - risposi fredda - "e allora che hai?" - si sedette sul bordo del letto spostandomi i capelli da davanti gli occhi - " ho appena sentito una cosa alla tv..." - dapprima non ebbe reazione poi fece una faccia preoccupata quasi sconvolta - "che cosa hai sentito?" - cercò di mascherare quello che già i suoi lineamenti ma soprattutto occhi mi avevano detto - "non hai nulla da dirmi Camila?" - chiesi seria  - "n...no...cosa dovrei dirti?" - fece la finta tonta - "ma non so...tipo che il bastardo che mi ha ridotto così ora è in prigione? per esempio..." - alzai la voce - "cosa aspettavate a dirmelo? che fosse già fuori?" - dissi delusa - "senti Lauren..." - provò a parlare ma la bloccai, ero troppo furiosa - "senti un cazzo Camila...pensavate che non fosse una notizia importante?" "no è solo che...è colpa mia se gli altri non te l hanno detto......" - strabuzzai gli occhi a questa affermazione - "Laureeen eccomiiii....oh..Camila scusami non pensavo ci fossi anche tu..." - disse Trevor -

Trevor era il mio personal trainer personale. Era un ragazzo pieno di gioia e solarità. Era sempre di buon umore e nonostante io non avessi nulla per cui sorridere al momento, riusciva sempre a farmi sorridere in qualche modo. Era un tipo un pò stravagante, si vestiva quasi sempre di rosa, o meglio ogni giorno aveva un indumento diverso che ricordava una delle sfumature del rosa. Trevor era gay ed ad ogni seduta mi raccontava un pò dei suoi problemi o delle sue disavventure con il suo ragazzo. Parlare con lui mi distraeva dal dolore fisico e quindi la terapia era meno faticosa, forse lui questo lo sapeva e lo faceva apposta. Entrò in stanza proprio nel momento centrale della conversazione che fummo costrette a interrompere.

Forever YoursDove le storie prendono vita. Scoprilo ora