Capitolo V

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Mosca – Ore 20.00

Il freddo dell'autunno di Mosca investì Dimitri in pieno, quando scese dall'Hummer nero con il quale Emilian lo era venuto a prendere. L'aria umida e frizzante gli pizzicò le narici, ma riuscì a svuotare la sua testa e a farlo sentire un po' più a suo agio. Stiracchiò il collo ancora indolenzito dal lungo viaggio in aereo e chiuse la portiera, alzando lo sguardo sulla alta palazzina che apparteneva alla sua famiglia.

Erano mesi che non tornava a Mosca, eppure non sapeva dire se ne aveva sentito la mancanza. Era la città in cui era cresciuto, ma anche quella che gli stava sempre più stretta, ultimamente. Sicuramente rimpiangeva il fatto che lì era conosciuto, e nessuno lo fissava più di tanto per la sua cicatrice sulla nuca.

<< Boris vuole parlarti >> disse Emilian.

In quell'ultimo anno, la faccia sfregiata e consumata dall'acido di suo cugino sembrava leggermente migliorata, e Dimitri se ne rese conto solo quando lo guardò sotto la luce chiara della tromba delle scale del palazzo. Quell'impercettibile cambiamento doveva essere dovuto alla moglie, una ragazza conosciuta solo un anno prima di nome Helena, non particolarmente carina, ma di sani principi. Dimitri l'aveva vista solo al matrimonio, e l'aveva trovata una tipa adatta a suo cugino.

<< Non ora >> rispose, infastidito, percorrendo il vialetto di cemento, << Domani avrò tempo da dedicargli... >>. Era nervoso perché viaggiare con l'aereo privato di suo zio Boris non gli piaceva, anche se rendeva tutto più veloce: nonostante fosse suo parente, non si fidava pienamente di lui.

<< I Romanesko hanno iniziato a dare nuovamente problemi >> aggiunse Emilian, mentre lo seguiva.

<< I Romanesko sono sempre un problema >> lo interruppe Dimitri, << Doveva occuparsene Boris >>.

<< Non vogliono trattare con lui >> spiegò Emilian, seccamente.

Dimitri fece una smorfia, mentre l'ascensore si apriva e loro entravano dentro, improvvisamente riscaldati dall'aria calda dell'edificio. I Romanesko avevano ucciso suo cugino Gavriil, e cercavano di ottenere tutto il controllo dei traffici di San Pietroburgo; non volevano trovare un accordo, volevano solo che la Lince lasciasse loro campo libero in città, cosa che lui non voleva fare.

<< Aspetteranno >> disse solo.

Emilian non ribatté, perché sapeva che non avrebbe cambiato idea. Non era tornato a Mosca solo per incontrare capi famiglia o discutere di affari. Era tornato anche per capire chi lo voleva ammazzare, soprattutto per prenderlo piantargli una pallottola in testa, se era necessario. Prima però voleva accertarsi che tutto il resto fosse in ordine come sempre.

Con un sibilo, le porte dell'ascensore si aprirono, e Dimitri uscì sul pianerottolo. La porta dell'appartamento di sua sorella era chiuso chiave dall'interno, e lui dovette bussare. Attese qualche secondo prima di sentire la serratura scattare con un rumore metallico.

Il viso arrotondato di Vilena, contornato dai capelli castano ramati che l'avevano sempre contraddistinta, fece capolino dalla porta, gli occhi cerchiati di scuro e l'espressione sorpresa.

<< Dimitri! >> gridò, gettandogli le braccia al collo, in un gesto che lo infastidì. Vilena era pur sempre sua sorella, ma ultimamente non tollerava il contatto fisico con nessuno.

<< Stai bene... >> mormorò la donna, lasciandolo andare, << Non ti sentiamo da settimane... >>.

<< Se mi fosse successo qualcosa, lo avreste saputo da Emilian >> rispose neutro, mentre la porta dell'appartamento veniva nuovamente chiusa a chiave alle loro spalle, il calore della casa e l'odore di biscotti che gli arrivò alle narici, ricordargli l'atmosfera familiare e tranquilla di qualche anno prima.

Scacco alla ReginaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora