Capitolo XLVIII

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Ore 17.00 – Carcere di Los Angeles, Sezione femminile

Tutto sommato, Irina non poteva dire di essersi trovata male, nel Carcere femminile di Los Angeles.

Aveva una cella singola con una finestra che dava sul cortile esterno, un letto non troppo comodo ma pulito, una scrivania e una televisione da quattordici pollici con tanti canali ma con un'audio un po' gracchiante. Le servivano tre pasti al giorno, che per lei continuavano ad essere troppi, e in un modo o nell'altro riusciva a ottenere qualche quotidiano. Un'agente le aveva allungato anche una rivista di auto, un paio di giorni prima.

Non era un posto di villeggiatura ne tantomeno l'hotel di Nene, ma poteva resistere, anche perché non era mai stata servita e riverita in quel modo, a casa.

<< Mi manca l'erba... >>.

Irina sorrise appena, sentendo la voce della sua dirimpettaia di cella; stava leggendo il giornale locale di Los Angeles, ma lo mise da parte e guardò oltre il corridoio. Tutto sommato, non poteva lamentarsi nemmeno delle sue vicine di "casa": per quanto strane, le avevano fatto compagnia, ed erano risultate anche simpatiche, qualche volta.

<< Scommetto che ti riferisci all'erba dei prati di campagna >> commentò Irina, avvicinandosi alla porta della cella.

<< No. E' quella che si fuma >> ribatté la ragazza, acidamente, << Cazzo, qui dentro mi annoio a morte. Almeno un po' di fumo, una sigaretta... >>.

Irina si affacciò, e incontrò lo sguardo scocciato di Biv, una ragazza di colore che doveva avere appena qualche anno meno di lei, appoggiata alle sbarre con aria annoiata, la tuta a righe che faceva un accostamento strano con la sua pelle scura.

<< Sono in astinenza da tre settimane >> continuò, << Tre settimane, capisci? L'umanità dovrebbe pagare per aver negato a una dolce fanciulla come me i suoi vizi... No, Rob? >>.

<< Ah ah, certo >> commentò la sua compagna di cella fingendo di ridere, nascosta dal muro, forse seduta su uno dei letti della cella, << La prossima volta allora vedi di non farti beccare in flagrante... >>.

<< Oh, stai zitta, che tu dovevi controllare lo sbirro, solo che era troppo figo e ti sei distratta! >> sbottò Biv, irritata.

Irina sorrise, vedendole battibeccare; lo facevano quasi tutto il giorno, quindi era perfettamente normale sentirsi scannarsi a parole. Non sapeva esattamente per cosa fossero state condannate, non aveva voluto chiederlo perché in fondo non erano affari suoi e perché non voleva rompere quel minuscolo idillio che era nato con quelle due strane ragazze. Sapeva solo che erano insieme quando erano state arrestate, e il giudice era stato così clemente da farle mettere nella stessa cella. Dicevano un sacco di parolacce e facevano casino, ma erano soggetti interessanti con cui chiaccherare, anche perché sembravano praticare quella che Irina definì come "religione dell'insulto libero". E sicuramente non dovevano aver combinato chissà cosa, perché dovevano solo scontare qualche mese, forse addirittura solo qualche settimana.

<< Quanto dovete stare ancora qui dentro? >> chiese a Biv, distraendola dalla rissa con Rob.

<< Boh, quattro settimane, forse cinque >> rispose la ragazza, << Dopo che fanno, ci mettono in riformatorio, Rob? >>.

<< A te sicuramente >> rispose l'altra.

Irina sorrise; erano solo due piantagrane, non una criminale come lei.

Scacco alla ReginaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora