Capitolo XXVI

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Ore 19.30 – Hotel Hermana

Irina sedeva davanti a un piatto colmo di una strana zuppa bollente, la testa bassa e lo stomaco chiuso. Aveva girato per Caracas quasi tutto il giorno, passando tra le vie più povere e quelle più ricche della città, e pensava di essere riuscita nell'intento di farsi vedere a sufficienza. Nessuno si era avvicinato, nessuno le aveva rivolto la parola, ma questo non significava che non fosse stata notata.

In quel momento, però, avrebbe voluto telefonare a casa e sapere come stava Tommy, come stava suo padre, Max, Jenny e tutti gli altri. Aveva voglia di sentire una voce amica che non parlasse spagnolo e le chiedesse come stava, ma non poteva per via di possibili intercettazioni telefoniche. Non poteva nemmeno chiamare Brendan Hall o Spark, e sperava solo che non si fossero cacciati nei guai con Velasquez.

Per distrarsi dal pensiero, alzò lo sguardo sulla saletta mensa, relativamente piena. C'erano gli stessi due strani individui che aveva incontrato quella mattina, un tizio di colore con una maglietta a quadretti gialla e una catena d'oro al collo, due cinesi gemelli e per finire un ragazzino con un cappellino in testa che non dimostrava di avere più di sedici anni.

Tutto sommato, Nene faceva affari, perché l'albergo, per quanto singolare fosse la sua clientela, sembrava lavorare.

Mangiò in silenzio, notando che gli occhi venivano spesso rivolti su di lei, forse perché sembrava molto più fuori posto di tutti loro. Ad un certo punto sentì l'ometto basso, quello con gli occhiali spessi, chiedere qualcosa ad alta voce, lo sguardo rivolto su di lei. Irina avrebbe volentieri risposto, se avesse capito cosa diceva.

Un secondo dopo Nene sbucò dalla cucina con il suo solito mestolo di legno in mano, e lo sventolò a un centimetro dal naso dell'ometto. Gli gridò qualcosa in faccia e quello si ritirò su se stesso, sotto lo sguardo di fuoco della vecchia e quello perplesso di Irina. Nene le rivolse un sorriso, prima di tornare in cucina.

Il ragazzino con il cappellino da baseball la guardò per un'istante, poi disse: << Chiede quanto prendi per una notte >>.

Irina non seppe se essere offesa per la domanda o sorpresa dal fatto che anche il ragazzino parlava inglese. Decise di lasciar perdere entrambe le cose e accettare le cose come stavano, senza farsi troppe domande.

<< Anche io lo voglio sapere, però >> aggiunse il ragazzino, frugandosi nelle tasche.

A quel punto, Irina iniziò a irritarsi.

<< Non sono una puttana >> ringhiò a denti stretti, << E tu hai l'aria di essere minorenne >>.

Il ragazzino si strinse nelle spalle.

<< Peccato >> disse, << Comunque ho diciassette anni >>.

<< Benjamin, non importunare la signorina e continua a mangiare >> lo sgrido Nene, assomigliando tanto a una improbabile nonna.

Improvvisamente, a Irina venne in mente un'idea. Forse quel ragazzino importuno poteva esserle d'aiuto.

<< Senti un po', visto che sai parlare lo spagnolo, chiedi se qui c'è qualcuno che conoscere un certo Diego Forterra >>.

<< Ok >>.

Il ragazzino tradusse la domanda, ma nessuno rispose. Il tizio di colore smise per un secondo di mangiare, per poi riprendere con maggiore foga.

<< Forterra è un cognome molto comune da queste parti >> disse Benjamin, con una scrollata di spalle, << Ma qualcuno che si chiama Diego... No, proprio no >>.

Scacco alla ReginaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora