Capitolo XLII

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Ore 8.00 – Nurburgring, 3° giorno

Alzarsi dal letto non fu per niente facile, e Irina se ne rese conto quando si ritrovò a guardare il soffitto nella sua stanza all'Hotel Demeter, illuminato appena dalle lame di luce che provenivano dalla finestra. Forse era la tensione accumulata durante la gara, forse l'asfalto a tratti sconnesso del circuito, ma si sentiva... spaccata. Teoricamente le sue quattro settimane di riposo dovevano essere già state fruite per metà... Praticamente aveva riposato si è no dieci minuti.

E a sommarsi alla stanchezza fisica, c'era anche quella morale.

Sbuffò.

Era stufa di quegli alberghi extra lusso, di quelle lenzuola fin troppo pulite e quelle stanze asettiche. Era tutto anonimo, tutto privo di qualsiasi calore, tutto privo di memoria. Rivoleva casa sua, rivoleva la sua stanza, rivoleva la sensazione di essere a casa. Rivoleva la sveglia del mattino e il primo caffè bevuto sul divano; rivoleva il pranzo del sabato al ristorante dove lavorava suo padre; rivoleva anche le ore piccole fatte per i turni di notte alla polizia.

Chissà come stava Tommy... Chissà come stava Jenny e il piccolo Luke... Chissà suo padre, se era di nuovo affogato nell'alcool... Chissà Max quante auto aveva già modificato...

Voleva sentire la voce di ognuno di loro, voleva sentirli raccontare cosa avevano fatto tutto quel tempo, se erano felici. Non lo aveva mai chiesto, a nessuno di loro; era sempre stata troppo presa da se stessa, troppo impegnata a piangersi addosso, per preoccuparsi di loro.

Sospirò.

Adesso era troppo tardi per preoccuparsi di questo.

Si mise a sedere e tastò con la mano sul comodino; gli antidolorifici che gli avevano prescritto la aspettavano di fianco a una bottiglietta d'acqua, quasi rassicuranti. Li mandò tutti d'un fiato e sperando che facessero effetto in fretta come sempre.

La sala mensa dell'hotel era già affollata; il bianco delle tovaglie ai tavoli la abbagliò quasi, e il profumo di caffè caldo le svegliò i sensi.

Nina Krarakova spiccava bionda in tutto quel marasma scuro di gente che si muoveva con i vassoi e tra i tavoli, e Irina decise di girarle alla larga. Non aveva voglia di battibecchi già di prima mattina, e in quanto a cera non poteva competere con la russa, che anche vestita casual e con i capelli raccolti riscuoteva il suo solito successo. Stava chiaccherando allegramente con un meccanico della Novitec, che sembrava chiedersi come potesse essere così fortunato a parlare proprio con la russa. Irina distolse lo sguardo e afferrò una tazza vuota, mettendosi in fila per prendere un caffè.

<< Dalla tua faccia sembra che tu non abbia dormito molto... >>.

Irina sussultò, quando la voce rasposa di Emilian le arrivò alle spalle. Il russo aveva l'aria più stropicciata del solito, ma non poteva nemmeno dire di avergli mai visto una faccia più liscia...

<< No, ho passato una notte tranquilla >> rispose a voce bassa, avanzando di un passo lungo la fila, un uomo obeso davanti a lei che adocchiava famelico il vassoio delle brioches.

<< Davvero? >> ribatté il russo.

Irina si voltò di nuovo a guardarlo, perplessa. Perché la sua faccia sfregiata sembrava voler alludere a qualcosa che lo divertiva molto?

<< Ho dormito nel mio letto otto ore di fila... Da sola >> rispose lei seccamente.

Emilian la guardò come a dire che non metteva in dubbio la sua buona fede, e lei arrivò finalmente ad avere il suo agognato caffè. Si servì di un po' di pane e marmellata e si diresse a un tavolo, il più appartato che trovò. Il russo la seguì subito dopo, il vassoio pieno di bacon e uova.

Scacco alla ReginaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora