Capitolo XXII

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  I was born in a thunderstorm

I grew up overnightI played aloneI'm playing on my ownI survivedHeyI wanted everything I never hadLike the love that comes with lifeI wore Ambien and I hated itBut I survived... 


[ Sia - Alive] 





Ore 22.00 – Mosca, Bunker

Dimitri osservava la faccia squadrata di Konstantin Woboroba, e l'unica cosa che avrebbe desiderato in quel momento era trovarselo davanti sul ring del Black Diamond per spezzargli un paio di ossa e togliergli quell'espressione strafottente sul viso, un po' come aveva fatto con Ioann Woboroba. Da quando suo padre era morto e gli aveva lasciato lo scettro di Referente, che Dimitri non aveva mai contestato per questioni di mantenimento dell'ordine, l'ego già troppo smisurato di Konstantin non aveva fatto altro che crescere. E adesso si era arrogato il diritto di poter rappresentare tutti i russi di Mosca di fronte e lui.

Dimitri era teso, perché si era sforzato di raggiungere il Bunker, un locale malfamato della periferia est di Mosca; Yosif, suo cugino maggiore, gli aveva consigliato di andarci per parlare a quattrocchi con Woboroba e sistemare la situazione più in fretta e senza spargimenti di troppo sangue. Non amava essere convocato e non amava in generale i Woboroba, e aveva accettato il suggerimento solo per dimostrare di voler davvero sistemare le cose.

Era solo, a parte Radim che lo aspettava fuori dentro il Pathfinder, in un vicolo non troppo lontano, e aveva lasciato tutti a casa a presidiare l'appartamento di Vilena; nonostante tutto non poteva negare di voler essere da un'altra parte in quel momento. Aveva la sensazione di non avere tutto sotto controllo, e questo lo indisponeva all'inverosimile.

Continuò a fissare la faccia di Konstantin, resa quasi arancione per via delle luci del locale, intorno a loro solo pochissime persone, per lo più intente a farsi i fatti propri. I minuscoli tavolini di metallo grigio erano quasi tutti vuoti, e dietro il bancone un unico barista, la barba nera e lunga e l'espressione arcigna.

<< I Matveev sono infuriati, Goryalef >> disse Konstantin, la catena d'oro che brillava sotto la luce fioca del locale, con il tono di chi racconta qualcosa di poco interessante, << Hai ucciso il loro capo a sangue freddo, per sospetti che non puoi confermare... Sai meglio di me che non avevi alcun diritto di farlo >>.

Dimitri mostrò i denti in un ghigno, rivolgendogli un'occhiata carica di divertimento e di minaccia.

<< Non avevo il diritto di farlo? >> disse, << Sono la Lince, ho il diritto di fare quello che mi pare, compreso uccidere un traditore come lui. Non ti devo giustificazioni, questo ti sia chiaro >>.

Konstantin mosse con aria pigra il bicchiere del cocktail che stava bevendo, e Dimitri vide sul dorso della sua mano la cicatrice bianca che il suo coltello gli aveva procurato, quando due anni prima quella stessa mano si era posata addosso a Fenice. In effetti, le dita si muovevano a scatti e con una certa difficoltà, segno che aveva preso bene la mira- Gli provocò un moto di soddisfazione il ricordo del rumore dei tendini lacerati di Konstantin e del suo grido di dolore.

Scacco alla ReginaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora