Capitolo XIX

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Ore 24.10 – Mosca, Casa di Dimitri

Le scale e il pianerottolo del palazzo Goryalef erano immersi nel buio e nel silenzio, mentre Dimitri sedeva immobile nell'appartamento di Vilena di fronte alla porta di ingresso chiusa. I soprammobili appoggiati alle credenze apparivano come strani spettri demoniaci, nell'oscurità del salotto, appena rischiarata dalla luce che proveniva da fuori.

Riusciva a sentire perfettamente il suono del suo cuore, mentre attendeva con il coltello in mano e la pistola nella tasca dei pantaloni, immobile come una statua.

A quell'incontro a Podol'ks non sarebbe andato nessun "Alfiere", e lui questo lo aveva intuito. Emilian gli aveva scritto, dicendogli che non aveva trovato nessuno nel capannone, esattamente come si era aspettato, ma doveva far credere di essere caduto nella trappola, e aveva mandato la sua famiglia al completo.

Volevano allontanarlo da Mosca, e se volevano farlo era perché l'unico scopo che c'era dietro doveva essere avvicinarsi ai bambini o a Vilena. Chi c'era dietro quella storia aveva ritenuto Podol'ks sufficientemente lontana da renderlo innoquo, ma non aveva tenuto conto della sua naturale diffidenza.

Attese in silenzio finchè non percepì dei passi leggeri per le scale, che salivano rapidamente. I piedi si fermarono proprio al suo pianerottolo, davanti alla porta dell'appartamento di Vilena. Con un ticchettio sinistro sentì la serratura scattare, e la porta venire aperta lentamente.

Milad Buinov non ebbe nemmeno il tempo di emettere un suono, quando Dimitri gli fu addosso tappandogli la bocca e spingendolo fuori dal salotto fin contro la porta lasciata socchiusa del suo appartamento. Si ritrovarono nel suo soggiorno, buio e silenzioso.

Con una freddezza degna del suo nome, Dimitri si ritrovò a stringere il collo del ragazzo con una mano, mentre con l'altra gli puntava il coltello dritto nello stomaco. Sentì la rabbia montargli addosso, ma non abbastanza da fargli perdere completamente la testa e lasciargli piantare il coltello nel ventre di Buinov.

<< Credevi bastasse una cazzo di cimice infilata nella mia macchina, per fregarmi? >> gli ringhiò in faccia, << O un appuntamento falso? >>.

Milad non riuscì a parlare, perché gli mancò il fiato. Dimitri strinse le dita sul suo collo, schiacciandolo contro la parete del soggiorno. Dire che era furioso era riduttivo; aveva i muscoli tesi e le vene del collo che gli scoppiavano.

<< Per chi lavori? >> gli domandò, << Per chi cazzo lavori? >>.

Improvvisamente, Dimitri si rese conto che la risposta non gli importava più di tanto. Era arrabbiato, perché Milad aveva messo gli occhi sui componenti più deboli della sua famiglia, sapendo di trovare una vendetta facile. Nonostante fosse stato avvertito di non infrangere quel tipo di regola, aveva escogitato tutto con l'unico obiettivo di tenerlo lontano da casa e approfittare della sua assenza per uccidere Yana e suo fratello, magari anche Vilena. Era esattamente come suo padre, senza nessuno scrupolo, e la storia si stava per ripetere.

Il solo pensiero lo mandava in bestia, soprattutto perché Milad non rispose alla sua domanda.

Il ragazzo annaspò in cerca d'aria, senza avere la forza di divincolarsi, perché Dimitri stringeva così forte da avergli già fatto consumare il poco ossigeno che aveva incamerato. Allentò leggermente la presa, per lasciargli la possibilità di dire qualcosa, anche se continuava a pensare che non gli importava davvero... Se Buinov aveva altri figli nascosti da qualche parte, o parenti ancora in vita, li avrebbe uccisi tutti.

Fissò gli occhi di Milad, uguali a quelli di suo padre, e nonostante la sua situazione li trovò pieni di derisione.

<< Non puoi uccidermi. Infrangerai anche tu una delle regole a cui tieni tanto >> biascicò.

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