Ore 18.00 – I-10 E Messico
L'asfalto scorreva scuro sotto le ruote della F12, mentre Irina teneva il volante con una mano e il braccio appoggiato al finestrino chiuso della Ferrari. Alla sua destra il sole stava tramontando, e lei guidava ininterrottamente da cinque ore lungo la superstrada che tagliava in due il Messico e che nel giro di qualche ora ancora l'avrebbe condotta a Città del Messico.
Aveva percorso circa duemila chilometri, ma si era fermata a dormire verso le sei del mattino, quando le palpebre le erano diventate incredibilmente pesanti e aveva preferito non rischiare il colpo di sonno. Era una buona media, ma sapeva che prima o poi avrebbe iniziato a sentire la stanchezza. La sentiva già ora.
Inserì l'indicatore di direzione e si mise a destra, decisa a entrare nella prossima stazione di servizio per comprare qualcosa da mangiare e bere un caffè caldo.
C'era poca gente in giro, quando Irina si fermò. La maggior parte erano camionisti e qualche uomo d'affare. Parcheggiò la Ferrari nella zona più tranquilla, in modo che non fosse troppo in vista, e scese.
Fino a quel momento, il viaggio era andato abbastanza bene. Appena uscita da Los Angeles era sicura di essere stata seguita da un elicottero, ma non era certa che fosse della polizia; la livrea le era sembrata diversa. In ogni caso, non l'aveva infastidita. Dopo una decina di chilometri l'elicottero aveva virato ed era tornato verso Los Angeles. Da allora aveva viaggiato tranquilla, soprattutto di notte, dove la strada sgombra le aveva permesso di premere a fondo l'acceleratore della Ferrari e di correre un po'.
Si sedette a un tavolino, gli occhi sulla strada e sul primo tramonto che vedeva lontano da Los Angeles da un bel po' di tempo. Iniziò a mangiare il suo panino, mentre un vecchio televisore appeso alla parete trasmetteva un notiziario, tra i tintinnii delle tazzine di caffè lavate e il profumo dei toast appena sfornati; non venne mai menzionata, il che era un bene. Era ancora troppo presto perché la polizia di Los Angeles si accorgesse che Fenice non era solo sparita dalla circolazione, ma aveva proprio lasciato Los Angeles.
Le sembrò strano trovarsi a migliaia di chilometri da casa, con una Ferrari e senza Xander, diretta in un posto che non conosceva. Era quasi surreale, e lo era per tanti motivi.
Era sola, prima di tutto. Sola nel vero senso della parola, sola senza alcun aiuto su cui contare al di fuori di se stessa.
E possedeva una Ferrari. La sua auto l'aveva abbandonata e lei l'aveva rimpiazzata con una F12 gialla con la Black List tatuata sul cofano.
E per finire, bè, Xander era morto e lei andava a vendicarlo.
Nel mezzo di tutto quel casino, un solo piano: raggiungere Caracas e cercare Diego Forterra.
Una volta trovato, gli avrebbe posto una semplice domanda: perché tutto quello?
A quel punto, non sapeva cosa avrebbe fatto; in fondo, quante possibilità aveva di tornare indietro viva? Conosceva Caracas come la città più pericolosa del mondo, e si sarebbe andata sicuramente a infilare in qualcosa di molto più grosso e forte di lei. Non poteva più contare nemmeno sulla polizia, visto che lei per prima era una ricercata.
In fondo, era una missione suicida e lei lo sapeva.
In quell'istante, per la prima volta, Irina si domandò cosa sarebbe accaduto se quel giorno in cui aveva scoperto che Xander era dell'F.B.I. avesse usato tutte le sue forze per farlo andare via. Se lo avesse spinto, con le buone o con le cattive, a lasciar perdere il suo compito a Los Angeles e mettere quanta più strada possibile tra lui e lo Scorpione.
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Scacco alla Regina
AzioneSeguito di "Russian Roulette". Los Angeles. Nella città dello Scorpione, tutti i piloti clandestini ricordano William Challagher, e ricordano Fenice. Tutti sanno che le strade non possono più essere la loro pista, da quando Irina Dwight è diventata...