- Dimmi qualcosa di te - dico dopo un lungo periodo di silenzio, mentre ci dirigiamo verso l'edificio più grosso.
- Non so molto - ribatte freddo Newt.
- Beh, dimmi quel poco che sai - replico.
Lui sbuffa.
- Credo di avere 17 anni, quindi sono qui da quando ne avevo 15. Il mio compito qui è quello di tenere a bada tutti questi stronzi rimbecilliti, tenere sotto controllo questa situazione di sploff. Direi che è tutto quello che ho da dirti. - dice.
- Quanti anni pensi che possa avere io? - chiedo.
Era una domanda che mi ponevo già da molto.
Lui mi lancia una lunga occhiata, squadrandomi da testa a piedi.
Sento i suoi occhi percorrere il mio corpo, senza soffermarsi su qualche punto in particolare.
- 16, probabilmente. - risponde.
In effetti, non mi sento né più piccola né più grande.
Raggiungiamo l'edificio.
- Il Casolare - mi spiega Newt - È l'edificio principale della Radura. Ci sono delle stanze con alcuni letti, ma generalmente dormiamo tutti all'aperto. Questo posto puzza di sploff. - dice. - Però qui dentro c'è anche l'infermeria. -
Annuisco, in segno di aver capito.
- Bene. Direi che il fottuto tour è finito. - dice Newt, con tono sollevato. - Io devo tornare a lavorare, tu però... - inizia
Proprio in quel momento, scorgo un movimento in lontananza, con la coda dell'occhio.
Aguzzo la vista.
Newt si deve essere accorto della mia repentina perdita di attenzione, perciò si interrompe e guarda nella stessa direzione.
Un ragazzo è appena uscito da una delle fessure tra le mura, e sta correndo velocemente nella nostra direzione.
È alto, dai lineamenti asiatici.
Poco prima di oltrepassarci, si blocca di colpo.
Sgrana gli occhi, guardando dritto verso di me.
- Porco caspio, mi sono perso qualcosa? - chiede con voce affannata.
- Vai a mappare. Non stare a perder tempo. Ti raccontiamo dopo. - ribatte Newt.
L'altro annuisce, guardandomi in una sorta di trance.
Poi è come se si riscuotesse di colpo, e ricomincia a correre verso un punto imprecisato dietro di noi.
Lo seguo con lo sguardo, finché non lo vedo entrare in una piccola capanna di legno e sparirvi all'interno.
Mi volto di scatto verso il biondino.
- Non mi avevi detto che nessuno può oltrepassare le mura? - sbotto.
Lui sbuffa.
Borbotta qualcosa che potrebbe significare: "Perché a me?", poi mi guarda.
- Ormai non ha alcun caspio di senso nascondertelo. - mugugna - Sì, nessuno può entrare, tranne i Velocisti. I Velocisti sono dei pive che corrono nel Labirinto tutto il giorno, lo memorizzano, e poi entrano in quell'edificio laggiù, la Stanza delle Mappe, e lo mappano. Alla ricerca della via d'uscita. - spiega.
- Aspetta un secondo - dico sbalordita - Hai detto "Labirinto"?! -
- Sì, caspio, L-A-B-I-R-I-N-T-O - dice scocciato - Un fottuto labirinto. Ogni notte i percorsi cambiano, passaggi si aprono o chiudono. Un caspio di schifo. -
- E perché diavolo non me lo hai detto? - chiedo.
Lui non risponde, guarda altrove, probabilmente fingendo di non sentirmi.
- Voglio essere una Velocista. - dico convinta, incrociando le braccia al petto.
Lui emette una via di mezzo tra uno sbuffo e una risata.
- Ecco perché, caspio - ribatte - Non puoi "voler" essere una Velocista. Devi essere scelta. -
- Bene. E allora dimmi come si fa a essere scelti - replico cocciuta.
- Questo non sta a me dirtelo. È l'Intendente dei Velocisti a scegliere. - dice.
- Perfetto. Chi è l'Intendente? - chiedo allora.
Indica con un gesto del pollice dietro di sé.
- Quel pive. Minho. - risponde.
- Vado a parlargli. - dico allora, superando Newt, dirigendomi verso la Stanza delle Mappe.
Mail biondino mi afferra per un braccio, tirandomi indietro.
- Neanche per idea. Ora sta lavorando. E poi nessuno a parte i cacchio di Velocisti, io ed Alby può entrare nella Stanza delle Mappe. - dice.
Sento chiaramente che quel suo fantomatico limite di pazienza sta per essere oltrepassato.
- Ok - dico con tono falsamente rassegnato, guardando a terra.
Non ho intenzione di arrendermi così facilmente.
Newt stringe di più la presa sul mio braccio, facendomi istintivamente alzare lo sguardo verso di lui.
- Non gli andrai a parlare di questa storia. Né ora né mai. - dice con voce ferma, piegandosi per guardarmi dritto negli occhi. - Hai capito, Fagio? -
Cavolo, quegli occhi sono di un colore davvero intenso.
Sono marroni, ma non di un marrone anonimo.
Sono molto scuri verso il centro, con sfumature più chiare sul contorno.
- Ho capito. - dico con voce controllata.
- Bene così - ribatte, mantenendo gli occhi nei miei.
Poi mi lascia il braccio, raddrizzando la schiena.
- Come stavo dicendo, devo tornare anch'io a lavorare. Tu invece non hai un caspio da fare fino a cena. - dice con tono calmo, come se non fosse successo nulla.
Beh, in effetti, non che sia effettivamente successo qualcosa.
- George lavora alle Cucine, se ti interessa. - aggiunge.
Inizialmente lo guardo confusa da questa sua affermazione.
Aggrotto le sopracciglia.
- Nel caso volessi passare il tempo con "qualcuno di meno noioso ed irritabile". - dice facendomi il verso.
Storgo il naso.
- Sai, hai proprio ragione. Andrò alle Cucine. - dico con tono di sfida.
Poi mi volto, non senza scorgere una traccia di stupore sul viso del ragazzo.
Piccola vittoria per me.
E mi incammino verso le Cucine.
STAI LEGGENDO
L'Errore
FanfictionGiulia. Il suo nome, questo è tutto ciò che sa di sé, oltre al fatto di essere particolarmente testarda. Cosa succederà quando la prima ragazza arriverà alla Radura? Naturalmente, come se la situazione non fosse già abbastanza disastrosa, si introme...